lunedì 27 aprile 2020

CAPITOLO 33, CAPITOLO 34


33  GUAI A PARLARE MALE

Un giorno, mentre stavo uscendo dal lavoro per raggiungere Paola, mi squillò il telefono. Era lei che mi chiamava in lacrime, subito le chiesi cos’era successo ma lei non voleva dirmelo al telefono: mi disse solo di precipitarmi in oratorio che stava scoppiando il finimondo. Così corsi immediatamente  e quando entrai, vidi i maschi  della compagnia che inseguivano un altro mio amico, Fazio. Paola invece era con le ragazze che piangeva, subito chiesi a Lulù cosa era successo. Lei mi disse che Fazio parlando con altri ragazzi sempre dell’oratorio, aveva parlato male di Alessandro, dicendo che lui quella sera era morto perché aveva bevuto troppo e aveva fatto lo stupido in moto. Così ovviamente i ragazzi della compagnia, sentendo quello che aveva detto, si erano scatenati contro di lui e volevano picchiarlo. Lui però si era rifugiato in auletta, dove di solito si fanno le riunioni con il prete e dove ne  stavano appunto facendo una. I ragazzi della compagnia lo stavano aspettando giù, essendosi impossessati del suo motorino. Quando arrivai Guido, Alessio, Simone, Silvio, Cristian mi dissero di starne fuori perché, conoscendo molto bene Fazio pensavano che l’avrei difeso, io dissi loro di stare tranquilli di non alterarsi che ci avrei pensato io. Così salii in auletta mentre stavano facendo la riunione dei catechisti, tra l’altro erano miei amici (praticamente in oratorio ci conoscevamo tutti ed eravamo tutti grandi amici non c’era differenza d’età), entrai e Fazio era nascosto dietro un catechista. Io gli dissi di venire fuori a parlare, ma lui non voleva perché aveva paura, però io gli spiegai di non preoccuparsi perchè c’ero io, non gli sarebbe successo niente. Gli altri ragazzi, avendomi raggiunto, iniziarono a gridare: “Cosa non gli facciamo nulla, ti spacchiamo la faccia, ti ammazziamo”. Io ovviamente cercai di portare la calma finchè alla fine lo convinsi a uscire nell’atrio dove  c’è un piccolo balconcino, prima di scendere le scale. Lui si fidava molto di me perché ero l’unico che lo difendeva sempre. Ma purtroppo non stavolta! Una volta arrivati nell’atrio, mentre tutti spingevano e venivano addosso perché lo volevano pestare, io li tenevo lontani, arrivarono anche le ragazze con Paola e si misero sotto il balconcino ad assistere, per vedere se avrei difeso Fazio o l’avrei menato sapendo che Alessandro per me era come un fratello. I suoi occhi erano terrorizzati, sapeva che l’aveva fatta grossa. In tutti i modi cercava di chiedere scusa a tutti, diceva che avevano interpretato male il suo discorso, che lui non voleva dire quelle cose. Ad un certo punto però mi si chiuse la vena (per chi mi conosce, sa che quando mi si chiude la vena è la fine, non c’è nessuno che mi trattiene) e tirai una centra[1] a Fazio, lo presi e lo misi fuori dal balconcino. Lo volevo buttare di sotto, non capivo più nulla avevo una rabbia dentro devastante, ero viola in faccia con tutte le vene di fuori, tutti i ragazzi a quella visione cercarono di fermarmi ma nessuno riusciva a togliermelo dalle mani. Ad un certo punto arrivò Lella, una ragazza della compagnia con la quale avevo un rapporto speciale, lei riuscì a strapparmelo dalle mani e portarmi via e a tranquillizzarmi.
Fazio scappò di nuovo in casa dal prete, raccontò tutto a Don Nicola, aveva paura ad uscire visto che noi lo aspettavamo di sotto. Quando scese con lui c’era il Don che cercò di tranquillizzarci, noi gli spiegammo bene cos’era successo, perché Fazio gliel’aveva spiegato a suo modo. Il Don capì che sarebbe finita molto male, quindi andò di sopra a chiamare anche i catechisti per cercare di dargli una mano. Mentre Fazio e il Don  salivano, io tirai un calcio al suo motorino facendoglielo cadere per terra,  Carlo  prese una pala che si trovava lì in quel momento e gliela infilò nella fiancata,  praticamente gli distruggemmo tutto il motorino.
Arrivò il prete con i catechisti e con Fazio, i catechisti parlarono con noi; tra questi c’era Floriano che era il mio catechista  e un mio grande amico, cercò di tranquillizzarmi mentre il Don fece uscire Fazio e gli disse che dopo quello che aveva combinato, era meglio che non si facesse vedere per un po’ in oratorio. Poi il Don, dandoci ragione ma spiegandoci che la nostra reazione era esagerata, cercò di tranquillizzarci e disse avrebbe chiuso un occhio sull’accaduto.
La sera mi chiamò il papà di Fazio dicendomi che ci avrebbe denunciato se non fossimo stati lontani da suo figlio; io raccontai tutto ai ragazzi che volevano andare sotto casa a prenderlo ma poi Paola disse che non c’era bisogno di rovinarci per lui, quindi finì tutto.


34  FINALMENTE UN VOLTO

La storia con Paola procedeva a meraviglia, e il rapporto con Piera era sempre più intenso e bello tanto che iniziavo a  raccontargli del mio passato, della mia infanzia, della mia famiglia.
Lei mi disse che adesso capiva come mai ero sempre pronto ad aiutare gli altri e a pensare sempre a loro prima di pensare a me, mi disse che io e suo figlio eravamo uguali, identici avendo avuto praticamente la stessa infanzia, le stesse delusioni… sì perché io non avevo mai avuto una madre, invece lui non aveva mai avuto un padre. Piera prese a cuore la mia storia, voleva sdebitarsi per tutto quello che avevo fatto per lei e per Paola. Io le dicevo sempre che non ce n’era bisogno perché io ero così, preferivo la felicità degli altri alla mia.
Mi chiese se io avevo mai provato a fare domande su Jessica o avevo mai provato a cercarla, io le spiegai che avevo chiesto una mano anche al prete per trovarla ma lui quando ci incontrammo per parlare mi disse  che prima di incontrarla avrei dovuto fare un percorso con lui in modo che quando l’avrei vista per la prima volta non avrei reagito male o non l’avrei riempita di insulti. Le spiegai che in famiglia non volevo chiedere per non dare una sofferenza, così lei mi disse di non preoccuparmi che ci avrebbe pensato lei.
Io Jessica non l’avevo mai vista, non sapevo che volto avesse, come erano i suoi capelli, i suoi occhi, non sapevo che tipo era. Fino quel momento io sapevo solo che aveva fatto otto anni di galera, ma perché l’avevo scoperto da solo, non sapevo neanche il motivo. Pensate che non sapevo neanche il nome fino a quel giorno.

Intanto eravamo quasi giunti all’estate; un giorno mentre ero in oratorio come sempre a giocare a calcio, mi suonò il telefono e rispose Paola, mi disse che Piera aveva chiesto se potevamo andare con urgenza a casa, io le chiesi se era successo qualcosa, ma lei mi rispose che mi doveva dire una cosa importante. Così mi cambiai e andammo subito a casa, una volta arrivati andai in sala dove mi aspettava Piera e al suo fianco vi era una donna!
Rimasi paralizzato, senza parole, non sapevo più cosa dire, il gelo intorno a me, avevo capito dallo sguardo che quella donna era Jessica, la donna che mi aveva dato la luce.
Paola andò in cameretta, io mi misi sul divano con loro. Jessica mi abbracciò e strinse a lei… io non riuscii. Non riuscivo a dire nulla. Nella mia testa passavano mille pensieri, non sapevo se essere arrabbiato perché mi aveva abbandonato, perché era sparita senza dare traccia di lei, le telefonate che faceva a casa di papà quando ero piccolo, la galera, mille cose mi passavano per la testa, mille sentimenti, gioie, dolori, insulti, rabbia, odio.  Nello stesso tempo aver finalmente dato un volto alla persona che sempre avevo cercato e mai nessuno mi aveva voluto fare incontrare. Nessuno tranne Piera!
Quel pomeriggio io non parlai mai, non chiesi nulla,  aspettavo che fosse lei a darmi delle spiegazioni, volevo che si prendesse le sue responsabilità, io avevo solo diciassette anni. Lei parlava solo con Piera parlando di tutto, tranne che di cosa era accaduto in tutti quegli anni, l’unica cosa che mi disse ricordo che fu: “Ti ricordi come ti chiamavo da piccolo? Occhi di ghiaccio” perché avevo due occhi stupendi. Il pomeriggio giunse al termine, lei doveva  tornare a casa a Milano, mi chiese se ci saremmo rivisti ancora, io risposi  di sì, un abbraccio e di nuovo ognuno per la sua strada. Quando uscì, io ringraziai Piera di cuore abbracciandola, un abbraccio pieno d’amore, un abbraccio che non avevo dato a Jessica. Lei capì subito che io ero felice perché avevo dato un volto, un’identità  alla persona che mi aveva messo al mondo, ma nello stesso tempo ero deluso per il suo comportamento, perché non mi aveva detto nulla di ciò che volevo sentirmi dire, avrei voluto spiegazioni soprattutto riguardanti alla galera. Ricordo che Piera  disse: “Ho cercato di fartela conoscere solo perché me lo hai chiesto tu, e perché mi sembrava giusto che tu vedessi la persona che ti aveva messo al mondo! Tu per noi hai fatto tantissimo e mi sembrava il minino che potevo fare, ma se non te la senti di reincontrarla potrai non vederla più! Ora sta a te decidere se vuoi riallacciare un rapporto o chiudere col passato!” Io la ringraziai ancora, ma per il momento di Jessica non ne volli più sapere.

Si stava avvicinando l’estate, e con essa purtroppo un’altra delusione nella mia vita.
Un giorno Paola decise di lasciarmi, io ci rimasi molto male perché ci tenevo tantissimo a lei ma quel giorno capimmo, che tra noi era nato tutto per darci una mano ad uscire da un momento così brutto della nostra vita, ci eravamo ripresi e ora era il momento di guardare avanti e di prendere ognuno la propria  strada. Ci rimasi molto male di ciò, soffrii tanto ma quella che forse ci soffrì di più era Piera perché mi disse: “Ci speravo tanto nella vostra storia, eri il ragazzo giusto per Paola, mi piaci veramente ma purtroppo lei ha solo tredici anni e non sa ancora bene decidere, spero che un domani le vostre strade si riuniscano!” Io l’abbracciai e le dissi che io e Paola avevamo deciso di rimanere grandi amici, che tra me e loro non sarebbe cambiato nulla, ma era giusto così anche se nel cuore soffrivo tanto.
Tra me, Paola e Piera non cambiò nulla,  continuavamo a vederci, uscire insieme e continuavo ad andare a casa loro l’unica differenza  era che ero tornato a vederla come una sorellina da proteggere!



[1] come si usava dire a quei tempi centra = schiaffo

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