mercoledì 12 aprile 2023

 RIPARTO DA ME

di Redazione a Gianluca Pepe


-  Da cosa nasce questo esperimento sociale?

«Tutto nasce la settimana prima di Pasqua, come fioretto, quasi per gioco. Dopo essermi imbattuto per l’ennesima volta su video stupidi e osè su Tik-Tok di ragazzi che bullizzano i più deboli e di ragazze che fingono di vendere il loro corpo, cioè la loro dignità, per qualche like; ma quando ricevono commenti negativi, si offendono dicendo che in quei video recitano solo una parte...
ho pensato agli anni 90 quando non c’erano social e cellulari con connessione internet ma il telefono serviva solo per telefonare; non c’erano like o visualizzazioni. L’unico pensiero era scendere in cortile per tirare 4 calci al pallone, giocare a guardie e ladri, o passare ore e ore a parlare, ridere, scherzare.
Ho quindi pensato: “Basta! Io non ci sto più a tutta questa munnezza (come si direbbe al mio paese)”, così ho deciso di fare un esperimento sociale semplicemente staccando tutto e facendo un passo indietro, niente cellulare»

- I tuoi amici e la tua famiglia come hanno preso questa tua decisione?

«Mia moglie è abituata a questi miei colpi di testa, queste mie pazzie improvvise. Gli amici e i colleghi hanno pensato che ero un pazzo anzi, addirittura, alcuni hanno iniziato a scommettere su quanto fossi durato e si sono organizzati con chiamate a sorpresa con numeri diversi e a diversi orari per vedere se spegnevo veramente il telefono… dicevano che non sarei durato più di due ore».

- Questo ti ha infastidito?

«No assolutamente anzi, questo mi ha dato ancora più carica. Quello che forse mi ha infastidito di più, sono state le risate su questa mia decisione come se io stessi facendo una cazzata senza senso. Ma forse è stata la cosa più sensata e più bella che potevo fare negli ultimi 5 anni. Anche perchè io arrivo proprio da una generazione dove non c’era la tecnologia quindi sapevo già come si viveva prima e come si vive oggi».

- Meglio prima o oggi?

«100.000 volte meglio prima, baratterei 5 anni della mia vita per tornare negli anni ‘90».

- Perchè dici ciò?

«Perchè in questi giorni ho riscoperto cose perse, come: leggere la gazzetta o un giornale cartaceo (ora si fa tutto con il cellulare), passeggiare nella natura, ascoltare il fischiettio degli uccellini, dedicare più tempo alla mia famiglia e a mio figlio guardandoli negli occhi, senza l’ansia di dover guardare il cellulare per vedere se è arrivato un messaggio, un commento, un like o fare come la maggior parte della popolazione del mondo, che guarda le storie, i post per poi sparlare, o essere invidiosi. Ma poi invidiosi di cosa? Ognuno di noi ha una propria vita e sta a noi renderla belle e magica».

- E’ stato difficile?

«Se devo essere sincero le prime tre ore si, perchè sei abituato ad avere sempre il telefono in mano che diventa come per chi fuma togliergli una sigaretta. Se ci mettiamo anche che, io ho un programma radiofonico dove i social sono la base per aumentare ascolti, e facendo come secondo lavoro il venditore di prodotti 100% Naturali e 100% Biologici, dove la maggior parte di vendite la fai tramite le storie, i Reel e i messaggi su WhatsApp; non è stato facile».

- Per gli auguri di Pasqua come hai fatto?

«Mi ero organizzato prima nel senso che avevo messo sui miei stati questa mia decisione sapendo che l’avrebbero vista tutti, e alle persone importanti ho fatto gli auguri in anticipo».

- Quando hai riacceso il telefono cos’è successo?

«Quello che già sapevo centinaia di messaggi, commenti, email. Ma non ho letto nulla!»


- Come mai?

«Perchè il mio esperimento prevedeva proprio questo, vedere in 3 giorni quanto tempo avrei perso a dover leggere, scrivere, o dover commentare. Quanto tempo avrei dovuto passare al telefono togliendo tempo alla mia famiglia quindi ho cancellato tutto senza guardare nulla».

- Rimpianti o cosa ti senti di consigliare ai giovani d’oggi?

«Rimpianti nessuno, anzi questo mio esperimento mi ha convinto sempre di più a fare questa cosa una volta la mese come pulizia per poi arrivare se riesco a farlo tutti i weekend, spegnere il telefono il venerdì sera e riaccenderlo il lunedì mattina.

È veramente difficile in un mondo dove il cellulare te lo porti pure sulla tazza del gabinetto, l’unica osa che mi viene in mente è una frase di una bellissima canzone di Gabri Ponte che dice: “Ma che ne sanno i 2000"».

lunedì 3 aprile 2023

QUATTRO CHIACCHIERE CON… SUOR ORNELLA GARZETTI (Missionaria dell’Immacolata PIME) 

            -Intervista di Valentina Bottini-


1        Mi descriva in generale la situazione della Guinea Bissau.  

«La Guinea-Bissau è una ex-colonia portoghese, l’indipendenza fu proclamata unilateralmente dalla Guinea-Bissau il 24 settembre 1973 e riconosciuta ufficialmente dal Portogallo solo l'anno seguente. Fa parte dei paesi dell’Africa Occidentale e si affaccia sull’oceano Atlantico. È un Paese ricco di risorse naturali, umane e culturali, ma ancora alla ricerca di un cammino sicuro verso lo sviluppo economico, e la giustizia sociale. La sua popolazione vive di agricoltura, artigianato e commercio ma, come in molti altri paesi del Grande Continente Africano, mancano infrastrutture, industrie e una classe dirigente capace di cercare il vero bene comune attraverso la sanità, l’educazione, la sostenibilità.

La Chiesa locale è vivace e in continua crescita, molti giovani ogni anno chiedono di essere battezzati e di entrare a far parte della famiglia cattolica. Grazie all’impegno e al sacrificio di tanti missionari e missionarie venuti dal mondo intero, oggi la Chiesa Guineense conta con un buon numero di sacerdoti locali e di altrettante suore locali, impegnate nei vari ambiti della promozione umana integrale e nell’evangelizzazione sia nelle città, che nei villaggi più sperduti all’interno del Paese».

2        Perché andare in missione?

«Per noi partire per la missione è rispondere a una chiamata e accogliere un incarico che ci viene affidato, e lo accogliamo nell’obbedienza e nella fede, sicure che sia questa la forma migliore di vivere felici nel compiere la volontà i Dio. Da ragazza avevo frequentato il cammino di Giovani e Missione, ed ero partita per il Bangladesh, fu un’esperienza molto arricchente, mi piaceva tantissimo, mi attraeva la cultura asiatica, per questo, dopo essere entrata dalle Missionarie dell’Immacolata, sognavo di ritornarci».

3        Mi parli della sua missione


«Appartengo alla Congregazione delle Suore Missionarie dell’Immacolata-PIME dal 15 ottobre del 2000, e dopo la formazione iniziale sono stata inviata alla Chiesa della Guinea-Bissau. Oggi posso affermare che qui in Guinea-Bissau mi sento a casa, e certamente sono felice di vivere insieme alle mie consorelle le sfide e le allegrie di questa bella missione africana.

Per noi essere missionarie significa annunciare il Vangelo a tutti, specialmente a coloro che non conoscono o non hanno ancora incontrato il Signore Gesù Resuscitato nella propria vita, siamo inviare nei cinque continenti, specialmente là dove ancora la Chiesa locale necessita di supporto e aiuto».

4        Come è stata accolta quando è arrivata?

«Quando vi arrivai per la prima volta nel 2007 fui da subito colpita dalla vitalità e dal coraggio di questo popolo, che affronta quotidianamente parecchie sfide, nell’ambito dell’assistenza medica, dell’istruzione basica, nel garantire alla propria famiglia il sostentamento necessario per vivere in maniera dignitosa; senza contare le condizioni che da noi sono scontate e che qui sono difficili, come per esempio avere acqua potabile in casa, poter utilizzare elettrodomestici semplici, perché non esiste una rete elettrica, oppure viaggiare da una città all’altra. Eppure tutto ciò non può offuscare il desiderio di migliorare, di avanzare e ottenere migliori e più eque condizioni per tutti».

5        Quali ruoli svolge lì?

«Attualmente vivo nella comunità di Mansoa e mi occupo della formazione dei catechisti, sia della Parrocchia centrale sia delle comunità rurali dipendenti dalla Parrocchia di Sant'Anna.

Anche se l’obbiettivo della nostra presenza è l’evangelizzazione e l’accompagnamento delle comunità cristiane in collaborazione con il clero locale, non possiamo chiudere gli occhi davanti alle necessità della gente, e ci impegniamo per quanto ci è possibile nella promozione sociale, specialmente delle persone che vivono isolati nei villaggi sperduti nella foresta.

Una delle attività che da sempre ha occupato le Missionarie dell’Immacolata in Guinea-Bissau è stata la formazione e la promozione della donna. Il valore della donna nella cultura africana è grande: è la donna che detiene la responsabilità di sostentare e organizzare la famiglia, è la donna che si prende cura del marito che deve cercare mezzi per poter mandare i figli a scuola. Spesso le donne non hanno avuto le stesse opportunità degli uomini: non sempre hanno accesso alla scuola, oppure devono interrompere gli studi per accudire i figli arrivati da gravidanza precoce, o perché date in sposa ancora adolescenti».

6        Quali sono le difficoltà che incontra maggiormente lì?

«Una delle più grandi difficoltà che incontro in questa terra è il viaggiare su piste e strade praticamente impraticabili, la manutenzione delle via di comunicazione che legano le principali città del Paese è inesistente, le condizioni climatiche, specialmente durante il tempo delle piogge, crea grandi voragini, e rovina la strada, che di anno in anno va peggiorando, anche a causa di carichi pesanti provenienti dal Senegal, o dalla Guinea-Conacry, per il commercio. Per me è un vero supplizio, ma questo già è routine per tanti missionari e missionarie che vivono da anni in questa terra, senza parlare dei disagi per la popolazione, specialmente coloro che vivono nei villaggi dell’area rurale».

7        Mi racconti un episodio significativo del suo operato.

«Domenica pomeriggio come abitudine vado a visitare famiglie amiche, e un giovane padre di cinque figli mi raccontava con tanto fervore la fatica e lo spavento provato il giorno prima, quando si trovava nel suo villaggio d’origine. Una sua parente si trovava pronta a dare alla luce, suo marito non ha una macchina, nel villaggio che si trova a 30 km dal primo ospedale nessuno ha una macchina, quindi si è messo a telefonare all’ospedale di Bissorã, ma nessuna ambulanza era disponibile per venirla a prendere. Lui si trovava in motocicletta, e non era prudente portarla in quella forma, soprattutto per la strada dissestata, per questo ha chiamato il suo amico che fa il servizio come trasporto pubblico nei villaggi, ma si trovava fuori area, il suo telefono non era raggiungibile. Dentro tutto questo marasma di corri-corri, chiama e attendi, la donna ha dato alla luce in casa, assistita dalle donne del villaggio. Grazie a Dio il parto è andato bene, sia la madre che la bimba stanno bene.

Questo purtroppo non è un’eccezione, Francesco mi raccontava questo con un grande sorriso, perché la storia è a lieto fine, purtroppo per molte altre donne il momento del parto è traumatico, in Guinea-Bissau abbiamo un alto tasso di decesso di madri, e moltissimi orfani.

Certamente la mortalità materno infantile non è dovuta esclusivamente a causa della scarsità dei trasporti e per l’impraticabilità delle strade, ci sono molti altri fattori, tra i quali la povertà, la mancanza di assistenza medica qualificata per tutto il territorio nazionale, la mancanza di strutture ricettive atte a garantire un buon servizio di salute, ma anche cause culturali e tradizioni ancestrali».

8        Quali prospettive per il  futuro?


«Le Missionarie dell’Immacolata si sono dedicate all’assistenza e all’accompagnamento delle madri, assicurando inoltre un sostegno efficace per i bambini denutriti e malnutriti, gli orfani, gli epilettici fin dall’inizio della loro attività in Bissorã, nel 1983.

Oggi in Guinea-Bissau esistono anche “Case delle Madri”: un servizio sanitario e assistenziale prestato dalla Caritas diocesana, orientato e sostenuto dalla Chiesa Cattolica, nella lotta contro la mortalità materno infantile. Esistono attualmente cinque strutture di questo tipo nel Paese.

Molto si è fatto e molto è ancora da fare, soprattutto nell’area della prevenzione, oltre al vasto campo dell’educazione e della formazione della coscienza, del rispetto dei diritti umani fondamentali.»

9        Dall’Italia quale aiuto possiamo darvi?

«Chi volesse sostenere e aiutare dall’Italia dovrebbe passare attraverso le strutture dei missionari e delle missionarie, attraverso la Caritas diocesana di Bissau e Bafatà».

 ARIA DI PRIMAVERA di Valentina Bottini Una nuova forza vitale ritorna in me. Una frizzante arietta soffia tutt’intorno. Voglia di f...