lunedì 29 maggio 2023

 

QUATTRO CHIACCHIERE CON… UN’OPERATRICE SOCIO-SANITARIA 

 

Il 29 maggio è la Giornata Nazionale degli Operatori socio-sanitari, conosciuti con l’acronimo OSS. Spesso il loro lavoro è bistrattato e additato come “pulire le persone, tagliare le unghie, lavare la testa, vestire, fare la doccia, nutrire”; ma so, per le attenzioni in primis su me stessa, che il loro lavoro è molto di più. Essi si prendono cura in toto delle persone che assistono dando loro aiuto non solo concreto, in quelle azioni di cura personale che non riescono a fare da sole, ma anche psicologico, offrendo loro sempre una parola di conforto, ascoltandole e cercando di strappargli un sorriso.

Per celebrare questo giorno abbiamo intervistato un’operatrice sanitaria, orgogliosa del suo lavoro e determinata nel promuovere  la bellezza della sua professione.

  

-Intervista di Valentina Bottini-

 1.     Quali sono le qualità che la figura di OSS dovrebbe avere?

«Un operatore socio sanitario è una persona “speciale” perché, stando a contatto con persone bisognose, è in grado di trasmettere tranquillità e serenità. Egli sa ascoltare, sa comunicare e sa come portare allegria tra i pazienti»

2.     Da dove è nata la tua volontà di voler fare questo lavoro?

«Durante gli anni della scuola superiore ho fatto avuto l’occasione di fare un
primo tirocinio in una scuola materna e un secondo in una RSA. Durante questa mia seconda esperienza mi sono trovata molto bene e mi sono resa conto che stare a contatto con persone bisognose e poterle aiutare poteva essere la mia strada. Infatti dopo le  superiori ho  intrapreso il corso di operatrice socio sanitario e, al suo termine, sono stata assunta in un centro di riabilitazione
»

3.     Spesso il vostro lavoro è bistrattato e additato come “pulire le persone, tagliare le unghie, lavare la testa, vestire, fare la doccia, nutrire”; ma so, per esperienza personale, che il vostro lavoro è molto di più perché vi prendete cura in toto delle persone offrendo loro oltre ad un aiuto concreto anche parole di conforto e sorrisi. Cosa significa per te essere una OSS?

«Essere un’operatrice socio sanitaria mi regala un’infinità di soddisfazioni e mi arricchisce dentro ogni giorno di più. Certo bisogna lavorare con molta discrezione, un’estrema responsabilità e grande professionalità, ma ciò che mi aiuta quotidianamente nel mio lavoro è l’empatia che sviluppo con i
pazienti
»

4.     Quali sono le difficoltà maggiori nel relazionarti con i pazienti e viceversa?

«In alcuni casi si possono creare delle difficoltà quando il paziente è aggressivo e non collabora; quando succede ciò dobbiamo mantenere la calma, cercare di trasmettere tranquillità e capire qual è il problema»

5.     Cosa hai imparato dai pazienti di cui ti prendi cura?

«In questi anni di lavoro ho imparato ad essere sempre più paziente e ad avere molta empatia, ho imparato ad ascoltare e ad osservare, ho imparato a relazionarmi con le persone e con le loro fragilità»

6.     Secondo me voi OSS siete un grande esempio di umanità. Qual è il segreto per esser sempre sorridenti e gentili con i pazienti, anche i più difficili?

«Quello di operatore socio sanitario è un lavoro molto impegnativo ma che porta molte soddisfazioni: quando i pazienti dimostrano che hanno fiducia in noi ci rende davvero contenti, il loro apprezzamento ci ripaga di ogni fatica e ci spinge ogni giorno a dare il meglio di noi stessi. Questo tipo di lavoro ti fa capire quali sono le cose davvero importanti nella vita»

7.     Esiste l’amicizia tra OSS e pazienti?

«Nel nostro lavoro si ha a che fare con molte persone e spesso ad alcuni ci si affeziona, specialmente se ci sono ospiti che stanno in struttura parecchio tempo si instaura un buon rapporto che può continuare anche al di fuori della struttura»

8.     Raccontami un episodio simpatico/significativo del tuo lavoro di OSS.

«Ce ne sarebbero molte di cose da raccontare, sia vicende tristi sia fatti divertenti sia avvenimenti molto teneri. Ci sono anziani che passano tanto tempo nella struttura dove ci vedono quasi tutti i giorni e quindi è facile per loro darci del “tu” e considerarci di famiglia come figli o nipoti; una volte c’era un ospite che ogni giorno mi chiedeva a che ora finivo il turno di lavoro così qualche volta mi avrebbe chiesto un passaggio per tornare a casa , un’altra mi
chiedeva sempre se ci fossero dei pullman e se potevo comprargli il biglietto assicurandomi che la sua mamma mi avrebbe restituito il denaro. In questi casi cerco di assecondare il paziente ma senza  fare grosse promesse, cosicché lo si rende più sereno e collaborativo
»

9.     Tre aggettivi con cui gli altri ti definiscono?

«Sensibile, volenterosa, permalosa».

9.     Tre aggettivi con cui tu ti autodefinisci?

«Generosa, emotiva, lunatica».

martedì 2 maggio 2023

QUATTRO CHIACCHERE CON... ILARIA NAEF

-Intervista di Valentina Bottini- 

1.      Presentati a 360°

«Sono Ilaria Naef, ho 29 anni e molti mi conoscono come la prima atleta italiana di WCMX (una sorta di skate freestyle in carrozzina dove invece che correre su piste si fanno salti ed evoluzioni negli skatepark o negli spot street; il WCMX è il freestyle con carrozzine apposite). Ho una diplegia spastica dovuta a una paralisi cerebrale. Sono nata con un cesareo d’urgenza a sei mesi e mezzo di gravidanza ed ero molto piccola, per questo si sono verificati questi problemi di deambulazione. Ho studiato traduzione e interpretariato e lavoro come insegnante di inglese alle scuole superiori. Pratico anche Parapowerlifting (è la pesistica paralimpica; disciplina sportiva del sollevamento pesi adattata per gli atleti disabili) da quando avevo 16 anni. Nel tempo libero amo viaggiare per scoprire posti nuovi o per passare del tempo con gli amici sparsi in giro per il mondo».

2.      Che bambina eri?

«Sono sempre stata una bambina molto determinata, sapevo cosa volevo raggiungere e facevo di tutto per arrivarci. Non ho mai avuto paura del giudizio degli altri. Pensa che alle elementari lottavo già contro l’abilismo: ho scritto un tema di protesta perché la maestra non mi aveva lasciato fare il giro del quartiere in bicicletta con i miei compagni durante la lezione di educazione stradale solo perché la mia bici era diversa».

3.      Quando e perché hai scelto il WCMX come  sport? Da dove nasce questa passione?

«Sono sempre stata affascinata dallo skate, ma non pensavo fosse possibile per me praticarlo per via della mia disabilità. Quando avevo circa 14 anni ho scoperto su Youtube un video di un ragazzo americano, Aaron Fotheringham (l’ideatore di questo sport), che con la sua carrozzina girava in uno skatepark e mi sono innamorata del WCMX. Così gli ho scritto una mail, anche se onestamente non mi aspettavo che avrebbe risposto, e invece Lui ha risposto alla mia mail, abbiamo continuato a scriverci e siamo diventati amici. Un giorno mi ha scritto che sarebbe venuto a Roma per partecipare allo Show dei Record e che avremmo potuto incontrarci, così finalmente ci siamo conosciuti di persona. Grazie a lui ho capito che la carrozzina poteva diventare il mio paio di ali e che la disabilità non avrebbe dovuto essere un problema ma un’opportunità. Ho subito deciso che avrei voluto fare quello sport e, non senza difficoltà, ho trasformato il mio sogno in realtà».

4.      Cosa significa per te fare le acrobazie con la carrozzina?

«Per me significa libertà, vuol dire poter essere me stessa e anche poter usare le mie esperienze per aiutare altri».

5.      Cos’è il “backflip”?

«Letteralmente è il salto mortale all’indietro, ovvero è un salto che consiste nel fare una capriola all’indietro con la carrozzina».

6.      Quali titoli hai vinto? Dove fai le gare?

«Non li ho mai contati, due podi ai mondiali di WCMX, diversi campionati italiani di Para Powerlifting e un po’ di europei di WCMX».

7.      Qualche anno fa mi hai detto: «Il mio sogno più grande non è diventare famosa o avere successo per me stessa, ma diffondere il mio sport e raccontare la mia storia. Non si sa mai, magari qualche ragazzino navigando su Internet troverà i miei video e capirà che la sua vita può essere una “figata” e che può diventare chi vuole, proprio come è successo a me qualche anno fa». Questo autunno durante la mia riabilitazione in ospedale, ho conosciuto un ragazzo, anche lui ricoverato, a cui ho parlato di te e gli ho fatto vedere i tuoi video accendendo in lui un grande interesse per il WCMX. Quali consigli puoi dare a chi vuole  iniziare il  WCMX?

«Iniziare ad allenarsi a usare la carrozzina manuale nel modo più indipendente possibile nella vita quotidiana ed esercitarsi ogni giorno per migliorare il controllo. Se possibile, imparare a stare in equilibrio sulle ruote posteriori».

8.      In Italia dove si pratica? A chi ci si può rivolgere?

«A Roma al BNKR Skatepark di viale Kant. Presto sarà possibile anche al Wave di Palazzolo sull’Oglio (BS) e speriamo in molti altri park in tutta Italia».

9.      Esiste l’amicizia nel WCMX?

«Certo, ad esempio due delle persone a cui tengo di più, David e Lisa, le ho conosciute proprio grazie al WCMX e adesso sono tra i miei più cari amici. In generale comunque siamo un gruppo affiatato, non essendo in molti ci conosciamo più o meno tutti e quando ci ritroviamo alle gare internazionali è un po’ come se fossimo una grande famiglia».

10. Quali progetti hai per il futuro? Quali i prossimi passi?

«Vorrei riuscire a rendere il WCMX più popolare in Italia. Ci sto lavorando da anni e abbiamo già fatto progressi in merito ma la strada da fare è ancora molta».

11. Raccontami un episodio significativo della tua esperienza di WCMX.

«L’anno scorso abbiamo organizzato l’evento più grande di WCMX in Italia finora. Hanno partecipato anche i ragazzi tedeschi e moltissime persone sono venute a provare WCMX e adaptive skate, è stato bellissimo. Per me è stato come un sogno che si è realizzato, e spero che si possa continuare questo percorso».

12. In una intervista di 5 anni fa mi avevi detto che ti piaceva il downhill e del desiderio di comprarti una bicicletta adattata per poter fare le discese con i tuoi amici. A che punto sei nella realizzazione di questo progetto?

«Ho fatto downhill con biciclette a noleggio qualche volta, ma ora tra il lavoro, la casa, il WCMX e il Powerlifting non avrei il tempo e le energie necessarie per dedicarmi anche a questo progetto con costanza, perciò per il momento non me ne sto occupando».

13. Se fossi un personaggio storico chi saresti?

«Non lo so, penso di essere semplicemente me stessa. Spero di poter lasciare qualcosa di positivo al mondo».

14. Tre aggettivi con cui gli altri ti definiscono?

«Ho chiesto ai miei amici e dicono: Solare, tenace, presente».

15. Tre aggettivi con cui tu ti autodefinisci? Perché?

«Testarda, ottimista, sicura di sé. Perché tendo a vedere sempre l’aspetto positivo di ogni situazione e mi impegno al massimo per raggiungere i miei obiettivi».

 

La pagina FB di Ilaria è: Ilaria Naef WCMX  https://www.facebook.com/ilawheelie  oppure  segui Ilaria su Instagram https://www.instagram.com/ilawheelie/ 

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