lunedì 23 marzo 2020

CAPITOLO 10, CAPITOLO 11, CAPITOLO 12


SECONDA PARTE
10  L’INFANZIA FINITA

Quello che avete letto fin’ora sono ricordi confusi di un bambino che fin da piccolo, non ha  mai potuto comportarsi da  tale, crescendo e giocando come tutti i bambini della sua  età. Subito messo alla prova, bruciando praticamente tutte le tappe della giovinezza per diventare grande prima di tutti gli altri.
Sempre  all’oscuro del suo passato e della verità infatti;  fino a qui Gianluca non saprà ancora nulla della sua mamma, e di come siano andate realmente le cose.

Finito questo primo percorso, ora inizieranno gli anni  dell’adolescenza, anni che non si scordano mai. Senza dubbio i momenti più belli, emozionanti, esperienze che ti lasciano il segno nel cuore e ti insegnano a crescere.
Gianluca racconta: le scuole medie, i primi veri amici, le prime cotte, le prime delusioni, i primi guai, le prime esperienze di vita.
Non più ricordi confusi ma ricordi ben definiti e chiari nella sua testa. Come già detto all’inizio, inizierà a ricomporre il puzzle della sua vita, alcune risposte alle sue domande, alcune verità nascoste, inaspettate!
Verità o Menzogne ?
Questo non è dato sapersi, ma sicuramente è quello che Gianluca con gli anni è riuscito a rimettere insieme, se sia vero o falso non si sa, sappiamo solo che questa è la sua verità!


11  DUE MODI DI CRESCERE

In tutti questi  anni è come se avessi  avuto due vite, avendo due case, due famiglie e tantissimi amici.
 Amici appunto:  vivendo in due città, i  miei amici  erano completamente diversi.

Iniziamo  dagli amici di Busto. Molti di loro, avendo  genitori con ‘la puzza sotto il naso’ (come si usa dire) erano ragazzi bravissimi o meglio definiti  come ‘casa e chiesa’. 
Io fin da quando avevo due anni, frequentavo l’oratorio  San Luigi -che è l’oratorio principale di Busto-; crescendo con questi amici mi ero adeguato ad essere  come loro.
Il problema era quando tornavo a Milano dagli amici del mio quartiere perché la Trekka, Quartoggiaro e Ponte Lambro erano i tre quartieri più temuti di Milano, e i miei amici erano cresciuti  per strada. Quindi totalmente diversi da quelli di Busto.
Così facendo, quando mi trasferivo a  Milano mi dovevo  adeguare a loro per non essere escluso dal gruppo, preso in giro o maltrattato. Questo però, mi aiutò molto a crescere e a farmi rispettare. Così facendo avevo due caratteri, due modi differenti, due personalità: “il ragazzo casa e chiesa, e il ragazzo di strada.”
Mi ero creato una corazza che non facevo oltrepassare a nessuno, questa corazza era la mia difesa.

Oramai ero alle scuole medie, iniziava ad avvicinarsi l’età dell’adolescenza, iniziavo a prendere decisioni e a fare scelte, iniziavo a ricostruire il puzzle della mia infanzia  cercando di scoprire più che potevo del mio passato, ma sempre  senza fare domande per paura di reazioni.
Nella mia  testa c’era solo il calcio, la scuola non mi piaceva infatti appena finivo le lezioni tornavo a casa, mangiavo un boccone, e alle due correvo in oratorio dai miei amici per giocare a pallone e vi rimanevo fino le sette di sera. Poi, rientravo a casa, cenavo, guardavo la televisione e per le dieci a letto.
 Gli zii ogni volta, cercavano  di farmi fare i  compiti o di farmi studiare, ma per il primo anno di medie fu una battaglia persa: alla fine dell’anno venni bocciato. La rabbia dello zio era tanta, invece la zia mi difendeva come aveva sempre fatto, perché era come se fossi un figlio, e si sa che le mamme difendono sempre i figli. Lo zio invece voleva mandarmi in collegio, io avendo il terrore che potesse veramente farlo, promisi che dopo le vacanze mi sarei messo d’impegno e non sarei più stato bocciato. Le vacanze arrivarono come ogni anno, ormai crescendo iniziavo a prendere le mie decisioni, infatti non partivo più a luglio come facevo da piccolo, ma bensì partivo ad agosto facendo solo agosto e metà settembre con papà e con i miei fratelli perché volevo  fare l’oratorio feriale con tutti i miei amici, visto che non ne avevo mai fatto uno in vita mia. Così  feci, quell’anno non andai più neanche al Ticino con lo zio dove ero cresciuto, ma bensì mi iscrissi al mio primo oratorio feriale. Non potete nemmeno capire la felicità che passò nel mio cuore!
Finito l’oratorio feriale, però dovevo far rientro a  Milano tornando alla vita di sempre, e quindi dovevo tornare ad essere il ragazzo di strada!
Incominciai con le prime cottarelle estive, la mia prima ragazzina fu Sabrina, una ragazza del mio quartiere… per conquistarla avevo usato il  nuovo cagnolino che Marco aveva regalato a papà, era un Pitbull.
Vacanze splendide come sempre con papà, i miei fratelli, e la mia prima ragazza!
Il problema era quando dovevo tornare a Busto; quel giorno piansi tanto perché oltre a non voler lasciare i miei  fratelli e mio padre, non volevo lasciare neanche lei  anche perché sapevo che una storia a distanza non sarebbe mai potuta funzionare.
Passata l’estate era ora di rimettersi a studiare ovviamente con  Sabrina  finì tutto,  ma questo lo sapevo già ma come si dice ‘il primo amore non si scorda mai’. Ora era il tempo di tornare a scuola bisognava rifare la prima media visto che ero stato bocciato, nella sfortuna di ciò, fui fortunato perché finii in classe praticamente con molti amici che frequentavano l’oratorio con me. Bisognava studiare per non rischiare il collegio,  ma di studiare non ne avevo molta voglia, non mi piaceva proprio. Studiavo solo il minimo indispensabile per arrivare alla sufficienza, infatti le mie pagelle…. meglio non commentarle!   


12  PRIMO ANNO DI MEDIE

Gli anni dell’adolescenza sono quelli che passano più in fretta di tutti, e  sono quelli che non si scordano mai.
Il primo anno di medie, o meglio il secondo anno ma ripetendo sempre la prima media, giunse al termine; durante l’anno le cose non erano  cambiate, voglia di studiare zero, ragazze a valanga, in testa sempre il calcio.
Quell’anno, ci fu una svolta calcistica nella mia vita. Fino quell’età non giocai mai in una società seria di calcio perché i miei zii non avevano i soldi per iscrivermi. Così giocavo nella squadra di calcio dell’oratorio S. Luigi, l’ A.S.O. (Associazione Sportiva Oratori), era un torneo domenicale tra tutti gli oratori della città e io vi giocavo da terzino sinistro.
Nel frattempo mio zio lavorava anche lui nel mondo dei ristoranti, facendo il cameriere, lavorava da Maicol. Lui e mio zio, erano cresciuti praticamente insieme, erano tutti e due napoletani e lui aveva col fratello Mimmo, un ristorante a due passi da casa nostra. Lo zio, lavorava solo il venerdì, il sabato e la domenica sera  dalle cinque in poi, gli altri giorni li passava spesso al Ticino a pescare.
Maicol aveva due figli, Marina che era la più grande e Franco, lui era un anno più grande di me. Io e lui eravamo cresciuti praticamente insieme, mi ricordo che lo zio tutti i sabati, quando lui tornava dal Ticino e io dall’oratorio dove c’era anche Franco, mi portava con lui al lavoro e mentre lui lavorava io giocavo tutta la sera con Franco. Una volta che finivano di lavorare, circa verso le due di notte, ci mettevamo tutti insieme a mangiare e finito andavamo tutti e quattro al Bowling. Ovviamente lo zio e Micol erano molto amici del proprietario che ci regalava i gettoni per farci giocare, giocavamo fino le alle tre di notte poi andavamo a casa a dormire.
Mentre ero in oratorio con Franco, un giorno Maicol vedendomi giocare e reputandomi molto bravo, mi chiese se volevo giocare nella stessa squadra di calcio del figlio. Franco giocava nella Dairaghese a Dairago, un paesino a venti minuti di macchina da Busto. Io ero elettrizzato perché finalmente avrei potuto giocare in una società seria, però i miei zii non avevano i soldi per l’iscrizione, ma lui mi disse di non preoccuparmi perchè ci avrebbe pensato lui.  Così finalmente anche io avevo una squadra di calcio tutta mia.
Intanto eravamo arrivati all’ultimo giorni di scuola,  quel giorno mi successe una cosa bellissima! Il mio primo colpo di fulmine a ciel sereno!  Si proprio così ebbi un colpo di fulmine,  ad un certo punto, mentre stavo facendo la strada per tornare a casa, davanti a me apparve una visione spettacolare, bellissima, semplicemente stupenda. Si chiamava Ludovica mora, capelli lunghi, occhi scuri, fisico perfetto, era  un incanto, dentro di me suonò qualcosa. Lei era diversi mesi che mi faceva la corte ma io, fino ad allora troppo occupato con diverse ragazze, non me ne ero mai accorto. Ludovica, non era una ragazza come le altre che avevo avuto per divertimento fino ad allora (per capirci “Una limonata e via”) ma era una ragazza che già all’apparenza si presentava  dolce, sensibile, allegra, con un sorriso magnifico, seria. Le vacanze stavano iniziando, sapevo che col fattore che ad agosto sarei dovuto partire per Milano, non l’avrei più rivista fino a settembre. Eravamo a metà giugno, l’oratorio feriale stava per iniziare dovevo fare qualcosa per vederla, ma ero troppo timido per fare il primo passo. Quell’anno non mi iscrissi neanche all’oratorio feriale perché mio papà aveva chiamato dicendomi che voleva venirmi a prendere prima, io lo convinsi a venire a inizio luglio, in modo da avere circa venti giorni da passare con i miei amici a giocare a calcio.
Un giorno, successe una cosa magnifica. Ludovica, grazie ad una sua amica, decise di fare lei il primo passo e riuscì a contattarmi. Ci  demmo appuntamento in centro per vederci e conoscerci meglio, in modo da passare un po’ di tempo insieme. Ore tre del pomeriggio, io ero in centro seduto su una panchina ad aspettarla, tesissimo, ad un tratto eccola, arrivò con la sua  amica; mi ricordo ancora che indossava pantaloni neri e un maglioncino rosa, con strisce orizzontali marroni, nere e bianche, e capelli raccolti. Panico, imbarazzo, sudore, cuore a mille, ero agitatissimo; l’amica ovviamente ci presentò  e  se né andò lasciandoci soli.  All’inizio tutti e due timidi e imbarazzati, ricordo che la tensione si tagliava con un grissino… ad un certo punto, feci io sta volta il primo passo e le dissi: “Posso prenderti la mano?”
Me lo ricordo come fosse ieri. Da quel momento fu tutto in discesa, parlammo tanto, ridemmo, poi un giro per il centro, praticamente quasi tutto il pomeriggio insieme, mi ero anche dimenticato di andare in oratorio a giocare con i miei amici. Il momento dei saluti  fu il più bello, vennero i suoi genitori a prenderla e prima di andare via ci demmo il primo bacio! Qualcosa mai accaduto, neanche con Sabrina era accaduto ciò, cuore a mille, battito impazzito, calore assoluto, e tutto rosso in faccia, spettacolare capii che quello era il mio primo vero grande amore!
Passammo tutti i venti giorni assieme, era veramente fantastico eravamo diventati inseparabili. Purtroppo passarono troppo in fretta era arrivato già l’ultimo giorno. Il giorno dopo, dovevo partire per Milano, come spiegare a Ludovica quella situazione, lei non sapeva nulla della mia storia, perché io non la raccontavo a nessuno perché mi vergognavo moltissimo, tutti in vacanza al mare e io invece no.
Dovevo trovare una scusa, così a casa avevo una rivista di vacanze staccai la foto di un  albergo della spagna, e il giorno prima di partire, mi inventai che stavo per partire per quel posto. Ci saremmo rivisti a inizio scuola, ma le si leggeva in faccia che non ci credeva , Ludovica non era stupida aveva capito che c’era sotto qualcosa.

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