giovedì 6 agosto 2020

CAPITOLO 78, CAPITOLO 79, CAPITOLO 80



78  NIPOTINA E MATRIMONIO

Dopo tanto tempo mio padre si riprese, era sempre in rianimazione sotto osservazione con un tubo in gola che lo aiutava a respirare, ma la cosa più importante è che era sveglio e io ero sempre li con lui. Mio padre ogni volta che ci vedeva ci faceva capire che non voleva uscire dall’ospedale  e dover fare il resto della sua vita con un tubo in gola, già non accettava il fatto che non aveva più la gamba. Noi ogni volta gli dicevamo che era solo provvisorio appena sarebbe guarito l’avrebbero tolto, di stare tranquillo.
Mio padre alla fine dimostrò di essere una roccia fortissima! Ancora una volta la famiglia Pepe aveva dimostrato di essere indistruttibile, era uscito dalla rianimazione a testa alta, ora doveva solo fare la riabilitazione prima di tornare a casa. Lui aveva sempre il pensiero però di essere un peso, che non poteva tornare ad una vita normale, ma noi continuavamo a dirgli di stare tranquillo che c’eravamo noi con lui, e che quando la ferita sarebbe passata avremmo preso un tutore. Intanto mio fratello si occupò di far ristrutturare il bagno, lo mise a nuovo in modo che mio padre poteva passare con la carrozzina e avrebbe potuto essere indipendente, io invece stavo cercando di ridisegnare un orto in modo che lui avrebbe potuto continuare ad andare senza fare fatica, stavamo facendo di tutto per poterlo rivedere col sorriso! In più mia sorella Sofia gli diede la bellissima notizia,  gli disse che stava per diventare di nuovo nonno. Era felicissimo non stava più nella pelle infatti mio padre nella sua camera di ospedale aveva sempre le foto delle sue nipoti e parlava sempre di loro alle infermiere. Stavamo tornando alla vita normale.

Arrivò il giorno della comunione di mia nipote Alessandra, una delle figlie di Camilla, trovammo anche il modo per far si che mio padre quel giorno potesse essere presente. Mio fratello si prese la responsabilità di firmare i fogli e prelevarlo dall’ospedale sotto approvazione del primario; doveva solo stare attento a quello che mangiava. La sera l’avrebbe riportato in ospedale. 
Una volta fatta la messa ci recammo tutti al ristorante, io mi misi seduto vicino a mio padre, non volevo perdere neanche un secondo lontano da lui. Dalla morte della zia avevamo appena iniziato a recuperare il tempo perso, per tutto il pranzo stetti con lui tenendogli la mano, ma anche se era lì con noi, si vedeva che era triste, la sua testa viaggiava in un mondo suo e ogni volta che gli chiedevo: “Pa che c’è, tutto apposto?” Lui mi diceva che non c’era nulla, ma si vedeva che soffriva, allora io lo abbracciai e gli dissi: “Tranquillo che ci sono io con te, non ti lascerò mai, nessuno ci potrà più dividere!” Lui fece un sorriso e mi diede un bacio. Nella mia testa stavo iniziando a pensare di potermi trasferire a Milano una volta che fosse uscito dall’ospedale, in modo da poter stare sempre con lui. Questa mia decisione non la sapeva nessuno, neanche Rebecca perché ovviamente dovevo pensarla bene, c’era il lavoro, i problemi che avevo, e poi c’era il mio amore. La giornata arrivò al termine, usciti dal ristorante ci salutammo tutti, ma prima di salutare mio padre ricordo che gli feci fare una promessa, gli dissi: “Ascoltami bene, io adesso vado domenica non ci possiamo vedere perché ho la comunione della cugina di Rebecca e mi hanno invitato, ma ti prometto che la settimana dopo faremo due giorni interi insieme io e te. Promettimi che in questa settimana ti fai forza e cerchi di farti trovare a casa per quando ci vedremo!” Lui guardandomi mi rispose: “Stai tranquillo, te lo prometto!” Mi diede un bacio, non potevo immaginare che sarebbe stato l’ultimo bacio che mi avrebbe dato!  Prima di andare via aggiunsi anche: “E poi ti devi fare forza per due motivi, uno perche adesso ti arriverà un’altra nipotina e devi coccolarla e giocare con lei, e due perché fra due anni mi sposo e mi devi accompagnare all’altare”! Lui mi abbracciò dicendomi: “Non farla più soffrire e abbi cura di lei, Rebecca ci tiene a te, e un’altra così non la trovi!” Lui era innamorato perso di quella ragazza, gli dissi di stare tranquillo e tornammo a casa.

La settimana dopo ero stato invitato alla comunione di Angelica, così chiamai mio padre mentre ero al ristorante per sapere come stava, mi ricordo che mi disse: “Ueh uagliò, come va? Tutto apposto? Mi raccomando fai il bravo e non fare arrabbiare Rebecca!” Io come sempre lo tranquillizzai e gli dissi che ci saremmo visti sabato e domenica prossima.
Non sapevo che sarebbero state le ultime parole  di mio padre!


79  PER SEMPRE NEL MIO CUORE

Anche la comunione finì, fu una bella giornata perché ormai la famiglia di Rebecca era diventata la mia famiglia e Angelica per me era come una sorellina, ormai la conoscevo da quando aveva due anni quindi anche lei aveva un pezzetto del mio cuore.

Il lunedì la giornata di lavoro passò velocemente, mi vidi con Rebecca e poi me ne tornai a casa, mi lavai, mi preparai da mangiare, lavai tutto e alle otto mi misi davanti al computer… finalmente un po’ di meritato relax! 
Ad un certo punto mi suonò il telefono, lo guardai, era Marco, risposi subito pensando che dovesse darmi qualche notizia positiva di mio padre e invece, in lacrime, mi spezzò il cuore!
“Papà è morto!” Non aggiunse altro, io gli dissi che mi sarei precipitato subito lì, non volevo crederci, ci avevo parlato la domenica e stava benissimo. Presi le chiavi della macchina e uscii di corsa lasciando tutto aperto, una volta in macchina chiami Rebecca, ero agitatissimo, le raccontai cos’era successo, lei mi disse che voleva venire anche lei, voleva starmi vicino, arrivai sotto casa sua e le dissi di fare un salto a casa mia perché dalla fretta avevo lasciato tutto aperto, risalii in macchina e sgommando mi lanciai sull’autostrada per arrivare il prima possibile a Milano. Lei era preoccupata perché aveva visto com’ero agitato, ogni minuto mi chiamava ma io in macchina non avevo la testa per rispondere. Continuavo a ripensare a tutto, ancora una volta mille domande giravano nella mia testa senza trovare risposte. Perché lui, perché ancora sofferenza, ma soprattutto perché in questo momento che ci eravamo ritrovati e stavamo recuperando il tempo perso?
 Rimane il fatto che in un quarto d’ora ero arrivato a Milano avevo fatto tutta l’autostrada a 180 km all’ora, prendendo sicuramente anche qualche tutor ma in quel momento non mi interessava. Mio fratello mi chiamò dicendomi di andare da mia sorella Sofia a casa che era a pezzi, loro sarebbero arrivati poco dopo.
Una volta arrivato, mia sorella era sul divano col pancione e in lacrime; mi sedetti vicino a lei abbracciandola, dai miei occhi ancora una volta nessuna lacrima, non riuscivo a piangere, non realizzavo, non volevo crederci, tenevo tutto il dolore dentro. Arrivarono anche Ciro e Marco insieme ad Angela, nessuno riusciva a parlare. Marco tornò a casa con Angela mentre Ciro portò a letto mia sorella che si dava la colpa, diceva che era colpa sua perché tutte e due le volte che era rimasta incinta era morto qualcuno della famiglia prima mia zia e poi papà. Una volta messa a letto Ciro tornò da me, voleva farmi sfogare ma io non parlavo, mi disse di andare a letto e di riposare ma rimasi seduto sul divano tutta notte. Lui rimase lì con me.
Il giorno dopo andammo all’obitorio, appena lo vidi scoppiai in lacrime, intanto arrivò anche Rebecca che mi strinse forte a lei. Anche in quella occasione non lo volle vederlo, voleva ricordarlo col sorriso. Ancora una volta era al mio fianco a rialzarmi.
La sera prima del funerale eravamo tutti a casa di mio padre, volevamo stare tutti insieme lì in quella casa, mio fratello ad un tratto mi guardò e mi disse: “Perché non scrivi una lettera anche per papà?” Io in quel momento non riuscivo a pensare, non ci stavo con la testa e poi era una cosa che non mi sarei mai aspettato ma, appena rimasi da solo, mi misi davanti a un foglio bianco con una penna e ci pensò il mio cuore a scrivere.

Il giorno dopo come sempre l’ultimo saluto, prima di chiudere la bara, avevo l’ultimo braccialetto al polso regalatomi sempre da Rebecca, anche quella volta lo tolsi e lo misi nel taschino della sua giacca, appena il becchino chiuse la bara scoppiai in un pianto senza fine. Non potevo credere ai miei occhi, mio fratello mi prese e mi abbracciò forte, in quel momento sentii il bene che ci volevamo io e lui.
Appena entrammo in chiesa io e mio fratello non  potevamo credere ai nostri occhi la chiesa era piena di miei e suoi amici e parenti che erano venuti a dare l’ultimo saluto a mio padre e a starci vicino. Rebecca, a mia insaputa, aveva avvisato tutti i miei amici e gli aveva spiegato come arrivare lì, era veramente una ragazza unica.
Finita la Messa era il momento di leggere la lettera e anche in quella occasione,  come successo per mio zio a leggerla fu il mio amico Pietro.              

“Ciao Papi,                                                                                                                
trovare le parole in questo momento è veramente difficile. La tua perdita inaspettata ha lasciato in noi un solco che non si colmerà mai. 
Ora che ci eravamo ritrovati, che potevamo stare più tempo insieme, che potevamo recuperare gli anni persi, ora che stavi per diventare di nuovo nonno. Dopo la perdita degli zii, ancora una volta ho perso la persona che mi dava la forza di andare avanti, ho perso di nuovo un pezzo del mio cuore. Pensare che qualche settimana fa, ti avevo detto che dovevi farti forza per portarmi all’altare fra un paio d’anni!
Hai lasciato nei nostri cuori una ferita che difficilmente si rimarginerà. Ti sei sempre fatto amare, ti sei fatto sempre in quattro per noi per non farci mancare nulla. E sotto quell’aspetto da napoletano duro, in realtà si nascondeva un uomo con un cuore immenso che rinunciava a tutto, pur di vederci felici. Ci mancherai troppo, la vita non sarà più la stessa senza di te.

Con amore, tua moglie Angela e i tuoi figli Camilla, Marco, Sofia e Gianluca”


80  VERI AMICI

Finito un altro pezzo di vita ora bisognava tornare a casa, i miei amici mi anticiparono perché la sera avremmo avuto una partita. Vi ricordate il torneo di calcetto Nicola Spadea? Quell’anno ero tornato a giocare. Prima di tornare a casa però chiesi ad Angela di raccontarmi quello che realmente era successo, perché la domenica che gli avevo parlato io sembrava stare bene. Così lei mi raccontò tutto.
“Ieri  (la domenica che io ero alla comunione) ho passato tutto il giorno con tuo padre come sempre, la mattina era strano, era giù di morale, non parlava, non rideva ma è stato tutto il tempo davanti la finestra a guardare fuori, come se aspettasse qualcosa o qualcuno. Nel pomeriggio mi ha chiesto  se lo portavamo al bar dell’ospedale, così una volta arrivati io mi sono comprata da bere e lui ha voluto un gelato alla liquirizia. Strano perché tuo padre non mangiava un gelato da anni ormai. Così ho chiesto se lo poteva mangiare, mi hanno risposto di sì e gliel’ho preso. Tra l’altro non riusciva neanche a mangiarlo e si era sporcato tutto, finito il gelato siamo risaliti, sono venuti a trovarlo Ciro, Sofia e Giorgia (la figlia di mia sorella Sofia)  e alla sera come sempre gli ho chiesto se avesse bisogno di qualcosa, lui mi ha detto di stare tranquilla e di andare a casa. L’ho salutato dandogli appuntamento al giorno dopo. Il lunedì mattina ho chiesto mezza giornata dal lavoro per poter stare con lui, appena sono arrivata i dottori lo stavano cambiando perché era sporco, io preoccupata chiesi subito come mai, loro mi dissero di stare tranquilla perchè non era nulla di che, era solo stato male tutta la notte vomitando, però non mi avevano detto che vomitava sangue, io vedendo sul pigiama delle macchie scure pensavo fosse il gelato alla liquirizia e mi sentivo in colpa. Così sono stata tutta la mattina con lui, poi al pomeriggio prima di andare al lavoro ho voluto parlare col primario per stare più tranquilla. Lui mi ha rassicurato dicendomi che era sempre sotto osservazione, di non preoccuparmi che non era nulla e per qualsiasi motivo mi avrebbero chiamato. Così l’ho salutato e gli ho detto che ci saremmo visti dopo il lavoro. Poi è successo quello che è successo e ho saputo solo dopo che in realtà lui aveva vomitato sangue, quindi ho pensato a una emorragia interna, ma quello che non mi da’ pace è perché non me l’abbiano detto,  perché mi hanno chiamato solo dopo che probabilmente era già morto. Ci sono troppe cose che non mi tornano troppi misteri, se mi dicevano che non stava bene e aveva vomitato sangue io sarei rimasta lì.
Penso ci sia sotto qualcosa, non me l’hanno raccontata giusta. Solo che poi pensandoci non me la sentivo di fargli fare un’autopsia, aveva già sofferto troppo. Tuo padre si è anche lasciato andare, non accettava il fatto di dover passare la sua vita senza gamba pensava di essere un peso per me!”
Questo è quello che mi raccontò Angela, anche io subito pensai che c’era sotto qualcosa. Era successo qualcosa di strano, ma poi conoscendo mio padre che teneva tutto dentro anche io capii che lui si era lasciato andare. Ma quello che mi faceva più male e mi farà sempre male è che secondo me quando mio padre quella mattina passò tutta la mattinata alla finestra, era perché aspettava me!
L’idea che mi sono fatto è che sia morto con la speranza di vedermi l’ultima volta e io questo regalo non gliel’ho fatto, questa è una ferita che porterò sempre nel mio cuore.
Finito il racconto salutai tutti e tornai a casa dicendo che ci saremmo visti presto, non sarebbe cambiato nulla.

Una volta tornato a casa avevo una partita la sera da giocare, non potevamo rinviarla e non me la sentivo di saltarla, dopo quello che avevano fatto i miei amici per me! Loro erano venuti lì, io dovevo scendere in campo, anche perché mio padre avrebbe voluto questo. Così alla fine andai in oratorio e una volta che entrai sulla rete del campo c’era uno striscione con scritto: “Pepe ti vogliamo bene” Con le firme di tutti i miei amici. Ero troppo commosso. La partita poteva iniziare scendemmo tutti in campo, i miei compagni vollero che la fascia da capitano la indossassi io. Mentre loro al braccio sinistro avevano la fascia nera in segno di lutto.
Una volta che l’arbitro fischiò l’inizio tutti i miei compagni si abbracciarono intorno a me per un minuto di silenzio in tutto l’oratorio, in mio rispetto. Alla fine del minuto un applauso uniforme e tutti vennero a stringermi la mano e farmi le condoglianze. Rimasi sorpreso da tanto affetto, ero felice di avere amici così. Purtroppo perdemmo la partita ma quello non mi importava, mi importava solo quello che avevo visto da parte dei miei amici e compagni ed  ero commosso.

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