giovedì 28 maggio 2020

CAPITOLO 47, CAPITOLO 48, CAPITOLO 49, CAPITOLO 50



47  BAGNO AL MARE? NO, ACQUA SANTA!

Tutti pronti per partire per questa nuova avventura insieme, direzione Lourdes. Ore sette di sera tutti in stazione centrale a Busto Arsizio, una volta arrivati dovevamo caricare il treno. Il treno era un treno specifico con vagoni attrezzati per i malati, vi era anche il vagone infermeria, nel caso di necessità e il vagone dove poter celebrare la messa il giorno dopo. Nessuno di noi aveva mai visto quel tipo di treno, la stazione era piena di pellegrini, volontari barellieri e parenti per i saluti prima di partire.
Quella sera, oltre ai parenti, erano venuti a salutarci anche tutti gli amici dell’oratorio, i ragazzi e le ragazze con cui avevamo passato tutto l’oratorio feriale. Tra loro vi era anche Rebecca, nonostante le voci e i giudizi della gente la nostra storia proseguiva a meraviglia.
Ore venti tutti in carrozza pronti per partire, noi ragazzi dell’oratorio eravamo divisi in cuccette da quattro, e ogni cuccetta aveva un responsabile capogruppo dell’UNITALSI; io ero finito in cuccetta con Leonardo, Piero e Riccardo -un ragazzo simpaticissimo che era il nostro capogruppo-. Ognuno di noi aveva un turno di guardia in modo da essere sempre reperibili in caso di necessità per qualche servizio ai malati o per eventuali imprevisti che potevano accadere. Io e Leonardo avevamo il primo turno, forse quello più pesante dalle nove di sera alle cinque del mattino,  quindi subito una volta partiti, dopo ci davano il cambio Riccardo e Piero che avevano il secondo turno dalle cinque a mezzogiorno.  Tutti quelli del primo turno dovevano passeggiare nei corridoi per vedere se procedeva tutto perfettamente e ovviamente ne approfittavamo per parlare e tenersi svegli l’un l’altro. Devo dire  che nonostante fosse il turno più pesante era anche il più bello perché essendo notte vi era l’arietta fresca e comunque si poteva guardare tutto il paesaggio e lo spettacolo del cielo stellato che ti passava davanti, uno spettacolo unico. Intanto il nostro capogruppo ci raccontava un po’ di cose di Lourdes, le sue esperienze, ad un certo punto ci disse: “Godetevi a pieno questa esperienza, perché fare il barelliere non vuol dire solo aiutare la gente, ma tornerete a casa con un carico d’esperienza inimmaginabile e imparerete tanto!” Noi ovviamente alla nostra prima esperienza non capivamo, anche perché sapevamo che noi andavamo per fare del bene e non avremmo potuto immaginare che sarebbe stata una lezione di vita bellissima per noi. Alle cinque arrivammo al primo stop, Ventimiglia, noi tutti volontari con tutti i capogruppo dovevamo scendere dal treno per fare rifornimento. Fare rifornimento che significa?  Praticamente c’erano bancali di cibo, bevande, carta, caffè, sapone, bende, farmaci… tutto quello che serviva per il viaggio per tutti gli ammalati, per le colazioni e per il pranzo praticamente tutto. Una volta fatto rifornimento, si ripartiva per la nostra meta.
Intanto il turno mio e di Leonardo era finito, iniziava il secondo turno quello di Riccardo e Piero, quindi noi che aveva fatto il turno rientravamo nella cuccetta per dormire. Una volta toccato il letto, tempo due secondi e ci addormentammo dormendo profondamente fino alle dieci, praticamente solo cinque ore, si perché purtroppo visto che erano letti a castello e io ero nel letto sotto, da sotto la tendina entrò un raggio di sole che mi svegliò e non riuscii più a prendere sonno. Così uscii ed aiutai anche nel secondo turno a distribuire le colazioni per gli ammalati.
Alle dieci e mezza ci fu la Messa per tutti, gli ammalati che riuscivano e i barellieri che non erano di turno potevano andare nel vagone attrezzato per la messa, ovviamente non ci si stava tutti, quindi la messa si poteva ascoltare dalle casse che vi erano in tutto il treno. Finita la messa bisognava andare in un vagone attrezzato per preparare i sacchetti del pranzo e portarli a tutti i viaggiatori. A mezzogiorno ci fu il pranzo, e poi continuammo il viaggio aspettando di arrivare, sempre parlando e guardando fuori il meraviglioso paesaggio.
Finalmente alla fine  arrivammo a destinazione, non mi ricordo bene a che ora. Una volta arrivati dovevamo scaricare il treno da tutto quello che era avanzato, far scendere tutti i passeggeri, caricare tutto sui pullman che ci avrebbero portato alla struttura ospedaliera dove avremmo iniziato l’avventura.
Ci dividemmo in camere, io ero nella camera da tre ed ero con Leonardo e Piero, gli stessi compagni di vagone mentre Riccardo era con altri amici; quella sera ricordo che non facemmo nulla perché eravamo morti e la sveglia mattutina era alle cinque, quindi andammo subito tutti a letto.


Il pellegrinaggio poteva iniziare, per noi volontari vi erano regole ben precise.  
L’abbigliamento per i maschi jeans azzurri e maglietta polo blu scuro fornita dall’UNITALSI, per le ragazze invece vestito da crocerossine bianco: ad agosto con almeno 30° all’ombra, non vi dico il caldo.
La nostra giornata era così composta: ore cinque del mattino sveglia, lavarsi e prepararsi, alle sei tutti giù nel cortile per andare nel palazzo affianco a prendere gli ammalati, chi in carrozzina chi col risciò. Il risciò, era tipo una carrozza verde dove salivano gli ammalati che non erano in carrozzella, erano portati da due persone, un barelliere lo doveva tirare da davanti e un barelliere lo spingeva da dietro, bisognava essere per forza in due altrimenti era un massacro. Una volta recuperati tutti gli ammalati, bisognava portarli al salone per la colazione, si preparavano tutti i tavoli e si aiutava a fargli fare colazione. Finito ciò, si sparecchiavano tutti i tavoli, si puliva e alle sei e mezza si partiva per andare in chiesa dove alle sette iniziava la messa per gli ammalati. Una volta finita la messa alle otto si riportavano al palazzo, e alle otto e mezza andavamo a fare colazione noi fino le nove, finita colazione si ritornava a prendere gli ammalati per portali in giro tipo processione. Questo fino mezzogiorno, perché poi bisognava  portarli nella sala pranzo dove si preparava per farli mangiare, li servivamo, sparecchiavamo e pulivamo. Finito il pranzo li riportavamo nelle stanze per il riposino e noi andavamo a mangiare. Avevamo  un’ora a nostra disposizione per mangiare e ripulire; poi solo mezzoretta di relax, per poi tornare a riprendere gli ammalati per il giro di svago quotidiano. I capogruppo ci consigliavano ogni giorno di cambiare ammalato per due semplici motivi, il primo era in modo da non affezionarci troppo alla persona, e il secondo motivo  perché potevamo conoscere più ammalati e le loro esperienze. Il giro di svago diciamo così, finiva alle quattro del pomeriggio, perché poi iniziava la messa quindi si tornava in chiesa fino le cinque. Alle cinque ultimo giretto per gli ammalati e alle sei di nuovo in stanza mentre noi ci recavamo nella sala colazione per preparare i tavoli per la cena. Alle sette si tornava a prendere gli ammalati in modo da farli cenare. Finita la cena, si andava in sala relax con loro e chi voleva giocava a carte, guardava la televisione sempre con gli ammalati oppure,  ogni giorno ci inventavamo uno spettacolino, si facevamo delle canzoni, o dei giochi, tutto per farli divertire e li, la conoscenza diventava più forte perché ci raccontavano le loro esperienze, la loro malattia e la loro gioventù, il rapporto si rafforzava. Non affezionarsi a loro era impossibile! Tutto questo fino alle nove perché dopo iniziava la processione per la città con solo la luce delle candele che ognuno aveva in mano, fino ad arrivare alla grotta di Lourdes dove si celebrava il rosario e alle undici si riportavano gli ammalati in camera. La giornata a questo punto era finita, il Don dopo ci dava tempo libero illimitato, quindi potevamo fare svago, ricordandoci però che alle cinque ripartiva tutto; così per sette giorni consecutivi. Noi reggevamo solo fino mezzanotte a parlare scherzare poi crollavamo tutti dalla stanchezza.


48  L’ATMOSFERA TRADISCE

I giorni passavano velocemente, l’atmosfera che si respirava lì era fantastica: un’esperienza di vita veramente unica. Noi dell’oratorio nel poco tempo libero che ci rimaneva avevamo fatto amicizia con altri ragazzi che erano venuti a fare anch’essi i volontari, eravamo diventati un unico gruppo. 
Ogni tanto i miei compagni d’oratorio, mi chiedevano come andava con Rebecca per tenersi informati, per vedere se io avessi cambiato idea. Un giorno ebbi un confronto anche col Don, mi disse di lasciarla perdere, che era una storia che non aveva un futuro, che non poteva continuare e che sicuramente lei al mare si era già dimenticata di me e magari mi faceva anche le corna.
Io e Leonardo  intanto avevamo stretto una forte amicizia con tre sorelle che venivano anch’esse da Busto, e io mi avvicinai tanto ad una di loro e il nostro rapporto stava cambiando. Ma in cuor mio sapevo che stavo commettendo un grosso errore, solo che la pressione dei miei amici e le parole del Don iniziavano a farmi pensare: e se Rebecca si fosse veramente dimenticata di me e se mi avesse fatto le corna?
Intanto, la nostra vacanza stava giungendo al termine, eravamo arrivati all’ultimo giorno. Forse quello più bello ed intenso. La giornata era composta così: sveglia per tutti alle sei, prepararsi e per le sette andare a prendere gli ammalati, portarli a fare colazione solo che sta volta la facemmo tutti insieme fino alle nove, poi ci mettemmo in marcia per andare in chiesa a celebrare una messa speciale, dove finito ciò tutti i barellieri volontari vennero chiamati sull’altare uno ad uno, per ricevere un attestato e un piccolo dono per il lavoro svolto. Sotto l’applauso di tutti i pellegrini e il loro ringraziamento, una messa veramente commuovente. Finita la messa, giro con loro per la città fino l’ora di pranzo quando facemmo ritorno al palazzo per pranzare tutti insieme. Poi come sempre riposino per tutti, anche per noi sta volta. Alle tre ritrovo per recuperare gli ammalati per portarli in giro, chi a prendere souvenir, chi a far foto ricordo per Lourdes, chi a riempire le bottigliette d’acqua santa. Una scena che non dimenticherò mai è di Gennaro e Carlo, due miei grandi amici tifosissimi dell’Inter, che avevano portato una maglietta dell’Inter appunto e l’avevano messa sotto l’acqua santa. Tutti giù a ridere!
Altri ammalati invece venivano, accompagnati nella struttura dove vi era la piscina per fare il bagno nell’acqua santa. Anche molti di noi lo fecero e dissero che era un’esperienza veramente unica, praticamente ti lasci cadere dentro l’acqua santa freddissima ed esci asciutto, così dicono. Purtroppo non tutti riuscimmo a farlo perché la coda era lunghissima e questo è un piccolo rammarico che porto nel cuore. Finito tutto questo, intorno alle quattro portavamo gli ammalati in sala relax, dove chi voleva poteva stare lì con loro chi voleva invece poteva andare a comprare qualche ricordo da portare a casa; io, Leonardo e le tre sorelle eravamo sempre insieme. Alle sei si tornava e si preparava per la cena, sempre tutti insieme, alle otto finita la cena ci si recava sul piazzale dove si fece una processione speciale, arrivando fino ad una chiesa bellissima, lì vi era la messa in tutte le lingue. Fu l’ultima messa prima del ritorno a casa, ognuno aveva i posti predestinati: pellegrini da una parte, crocerossine, barellieri, medici, forze dell’ordine dall’altra, uno spettacolo unico. Finita la messa, intorno alle dieci di sera;  tutti in sala relax, per lo spettacolo che noi avevamo organizzato per tutti gli ammalati come ringraziamento della magnifica esperienza, e del tempo passato insieme. Alla fine dello spettacolo, i saluti con quelli che avevano scelto di tornare a casa con l’aereo. Lacrime e abbracci, perché come avevano già detto i capogruppo all’inizio della vacanza, ci eravamo affezionati a loro. Invece per tutti gli altri che ritornavano col treno, era ora di riaccompagnarli nelle stanze per la notte. La giornata a questo punto finiva, come sempre intorno alle undici. Arrivò il momento del nostro relax e tempo libero; essendo l’ultima sera ed essendo stata una vacanza eccezionale, nessuno voleva andare a dormire, avevamo il magone. Alcuni rimasero in sala relax, invece io insieme ad altri, ci recammo per l’ultima volta alla grotta della madonnina, per l’ultimo saluto. Quella sera purtroppo, sarà l’atmosfera, sarà che era l’ultima sera, sarà l’amicizia nata, saranno state le parole degli amici e del prete che continuavano a girarmi in testa, tra me e una delle sorelle scattò un bacio! Mi accorsi subito del mio errore, e quindi tornai subito nella mia stanza. Tra noi ci fu soltanto quel bacio.


49  RITORNO A CASA

La mattina la sveglia era sempre presto, dovevamo caricare il pullman, che ci avrebbe accompagnato in stazione. Ore sette: tutti gli ammalati come all’andata, venivano portati con un pullman speciale; li avremmo rivisti in stazione. Alle otto eravamo tutti pronti per partire, ricaricando il treno praticamente come l’andata. Una volta carico il treno, bisognava aspettare l’orario di partenza. Allora noi, per ammazzare un po’ il tempo e non farlo sentire troppo lungo, iniziammo ad andare avanti e indietro per la stazione facendo canzoni e balli sotto lo sguardo di tutti i passeggeri affacciati ai finestrini. Applauso guadagnato era ora di partire!
Come all’andata, eravamo divisi in cuccette e a turni, io e Leonardo avevamo sempre il primo turno, ma siccome era giorno, era dalle dieci di mattina alle sei di pomeriggio; poi cambio con gli altri due compagni di cuccetta. Siccome nessuno voleva tornare a casa tutti ci sparammo un turno unico, fino alle tre di notte, dopo a letto e subentrarono tutti i capogruppo dell’UNITALSI.
Guardando fuori, il bellissimo paesaggio e parlando tra noi io continuavo a pensare allo sbaglio che avevo commesso, non mi davo pace. Ad un certo punto, alcuni miei amici iniziarono a prendermi in giro, dicendomi: “Che te ne frega, è capitato, del resto pensavi che la storia con Rebecca fosse andata avanti!  Si vedeva che era solo una storia estiva.” Ma io nella mia testa sapevo che non era così, ci stavo malissimo. Ad un certo punto un altro mio amico, Giovanni, mi disse:  ”Dai Pe, guarda il lato positivo, almeno questa ragazza è più grande, non fai il pedofilo!” A quella frase non capii più nulla, lo spinsi nella cuccetta e gli tirai uno schiaffone, sotto lo sguardo  degli altri e del Don. Subito capirono che in realtà per me vi era qualcosa di forte nel cuore e capirono che dovevano smetterla. Intanto che il viaggio   continuava, il Don ne approfittò per parlare con me. “Vedrai che quando tornerai a casa, spiegando bene le cose, tornerà tutto a posto! Poi ascolta il mio consiglio, state tornando a casa con un bagaglio d’esperienza immenso, non sprecatelo. Questa è una parte di vita che porterete sempre nel cuore, ora che torniamo a casa non ti staccare ancora dall’oratorio, rimani e torna  a fare catechismo. Poi perché non scrivi un articolo su CantoNovo[1]?” Io però non avevo mai scritto un articolo quindi ero dubbioso. Il Don mi capiva sempre, non voleva più che cadessi in depressione e voleva che stessi legato all’oratorio perché vedeva in me un grande potenziale, che io non vedevo ancora!
Il tempo volò velocemente sta volta, arrivammo alla stazione di Busto dove era piena di parenti e amici che ci aspettavano. Per tutti tranne che per me, sì perché Chiara era al mare e i miei zii anziani rimasero a casa ad aspettarmi. Saluti finali con i compagni di viaggio, abbraccio come sempre con la mia grande amica del cuore Veronica che mi era stata molto vicino in quei giorni, tirandomi sù, facendomi sfogare, dicendomi che si sarebbe chiarito tutto; meno male che come sempre al mio fianco c’era lei. Arrivarono anche le tre sorelle a salutare me e Leonardo, la ragazza che avevo baciato voleva che continuassimo la relazione ma io non me la sentivo proprio, così le dissi che era stato solo uno sbaglio e tornai a casa.


50  CHIARIMENTI E ARTICOLO

Le vacanze stavano giungendo al termine, eravamo quasi arrivati a fine agosto, tornò anche Rebecca dal mare. Io dovevo spiegarle la situazione e sperare che mi perdonasse, non mi ricordo bene come andarono le cose, so solo che mi perdonò e rimasi con lei più forte di prima.

Intanto a fine agosto uscì il nostro giornalino parrocchiale CantoNovo e trovai un articolo scritto da una mia compagna di viaggio, Ada, che raccontava la magnifica esperienza di questo pellegrinaggio.

“Lourdes: un ricordo che ti accompagna!
Lourdes è un esperienza che rifarei perché mi ha lasciato tanto, forse troppo. Sul treno dell’andata avevo mille incertezze e la presunzione di credere di voler andare a fare chissà quale grande cosa… in realtà stavo andando a ricevere un’emozione forte, un’esperienza indimenticabile. Ciò che più mi ha colpito di Lourdes è l’estrema semplicità delle persone, dei gesti, degli sguardi e dei sorrisi… Semplicità e rispetto non solo da parte di dame e barellieri nei confronti dei malati, ma anche e soprattutto viceversa. Porto nel cuore la signora Carla che si preoccupava che io non mi affaticassi troppo nel trasportarla in carrozzina o la signora Giovanna che, con i suoi occhi azzurri un po’ stanchi, mi accoglieva sempre con un dolce sorriso e mi insegnava con umiltà i suoi valori più grandi. A Lourdes ho respirato un’atmosfera di preghiera e raccoglimento mai provata prima. Un raccoglimento non imposto, ma che viene spontaneo assumere quando vedi un giovane in ginocchio davanti alla grotta o un’anziana signora stringere con fede un flambeau tra le sue mani segnate dal tempo. Nonostante le molte funzioni e processioni, le ore sembravano quasi scorrere a rilento, come se mi volessero dare la possibilità di cogliere anche lo sguardo più sfuggente o la preghiera più silenziosa. Penso che Lourdes,  sia un’esperienza forte e d’impatto soprattutto per noi giovani che, con i nostri sorrisi e il nostro entusiasmo, possiamo davvero portare una ventata di freschezza tra anziani e malati. Lourdes è preghiera, fede, servizio e dedizione, ma anche comunione, contatto umano, condivisione… e il donarsi agli altri fa nascere un ricordo che ti accompagna a lungo dopo il ritorno”.                                           

A leggere l’articolo di Ada, cominciai a pensare alla proposta del Don, cioè di scrivere anche io un articolo su CantoNovo. Così un giorno che ero a casa, mi misi in sala da solo e riguardando tutte le migliaia di foto che avevo fatto a Lourdes, ripensando a tutti i momenti belli trascorsi con i miei amici, ma soprattutto con gli ammalati, prendendo un foglio bianco e una penna incominciai a scrivere. Io avevo sempre avuto il dono della scrittura, in molti me lo dicevano. Ogni volta che mi mettevo da solo a pensare con un foglio bianco davanti e una penna in mano, la mia fantasia mi si apriva, si apriva un mondo nuovo, le emozioni uscivano da sole e il foglio bianco iniziava a prendere colore, cosa ne uscì quel giorno? Quel giorno ne uscì l’articolo per CantoNovo, venne pubblicato nel mese di settembre.  Appena uscì, tanti furono i ringraziamenti da parte della gente, tante furono le chiamate di complimenti per ciò che avevo racchiuso in poche righe, la felicità per ciò che avevo fatto era tanta. Il primo settembre, avevamo il pranzo in oratorio organizzato dall’UNITALSI, ci volevano ringraziare nuovamente per l’ottimo lavoro svolto a Lourdes. Dopo pranzo tutti in teatro a vedere le foto della vacanza, finite le foto, pensieri e ringraziamenti dal responsabile dell’UNITALSI, sul palco. Ad un tratto il mio articolo, letto davanti a tutti, imbarazzo totale, ero uno molto timido, diventai  tutto rosso, un applauso unico perché in quelle poche righe avevo centrato il cuore di tutti!  Cosa scrissi?      

“INDELEBILE
Leggendo il pensiero che ha scritto Ada su Lourdes, mi viene da scrivere che ha proprio ragione quando dice che Lourdes è un’esperienza che ti lascia molto, o forse troppo. All’inizio ero spaventato, avevo paura di non essere capace, che potevo sbagliare o combinare qualche guaio. Ma arrivato lì capii che mi sbagliavo, Lourdes è un’esperienza che consiglio a tutti, la rifarei ancora 1000 volte. Quando arrivi, capisci che si è tutti nella stessa barca, come in una grande famiglia, un clima unico, fantastico, che non trovi da nessuna parte. Gli ammalati ti insegnano molto; parlando con una signora, raccontandomi della sua vita piena di operazioni e difficoltà, anche familiari, mi colpì la grinta, la voglia di andare avanti, di non arrendersi per nessun motivo, una voglia che sinceramente io non troverei mai e mi chiedo da dove usciva tutta questa grinta. Mentre facevamo il viaggio di ritorno, mi tornarono in mente tutti i momenti bellissimi; e il dispiacere che fossero finiti. Lourdes è un posto veramente unico, che ti insegna molte cose, soprattutto a crescere. E’ un’esperienza che consiglio a tutti, perché  è come un pennarello indelebile che ti lascia il segno. Lourdes:  ” Una volta che provi questa meravigliosa avventura, ti lascia il segno nel cuore!”


[1] CantoNovo, sarebbe il nostro giornalino parrocchiale, che esce mensilmente nella nostra chiesa. Su di esso vengono scritte tutte le cose riguardanti la chiesa: parole del Papa, del Monsignore di Busto, pensieri di noi ragazzi, messe, donazioni, spese della chiesa, battesimi, matrimoni morti mensili, vi  sono anche foto del mese praticamente tutto quello che riguarda l’ambito religioso

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