CAPITAN
UNCINO
di Riccardo e
Gianluca Pepe
“Questa è
l’estate di Capitan Uncino!”, quando hai un figlio di 4 anni, devi imparare a
viaggiare di fantasia e immaginazione… Viareggio, estate 2024, sulla spiaggia
del bagno Felice una mattina Riccardo si accorge che sotto il nostro
l’ombrellone c’è un pezzo di legno
“Riky, cos’hai
trovato”?
“Papino è un
pezzo della barca di capitan Uncino”!
Infatti si
mormora che durante la notte, lui con la sua ciurma e l’inseparabile mozzo Spugna,
attracchino con la nave dietro il molo di Viareggio, nascosta bene per non
farla vedere, per poi con una barchetta colma di tesori raggiungere la
spiaggia, per seppellire tutto il loro bottino, sotto la sabbia degli
stabilimenti balneari. Stanchi del duro lavoro, si stendono sulle sdraio
mangiando e bevendo per poi riposare fino alle primissime luci del mattino,
quando tornano alla nave per non farsi scoprire dai turisti. Lasciando però
sulla spiaggia reperti, impronte, mozziconi, e pezzi di legno come segno del
loro passaggio.
Così una mattina la family Pepe
ha deciso di mettersi alla ricerca della sua ciurma, dei bimbi sperduti e di Peter
Pan. Per prima cosa abbiamo raggiunto il lungo molo, chiamato lingua del Drago,
per vedere se Capitan Uncino o la sua nave fossero ancora lì! Purtroppo abbiamo
trovato solo alcuni pezzi di barca, bottiglie di birra e rimanenza di cibo. Di
lui non vi era traccia. Però sulle rocce aveva lasciato dei disegni, indizi che
ci confermavano fosse passato di lì!
Il giorno dopo
allora, ci siamo recati in unla delle spiagge che al Capitano piace
saccheggiare, la spiaggia dello squalo bianco; percorrendo tutta la spiaggia
bianchissima abbiamo trovato solo tende fatte di legno dove sicuramente avevano
passato la notte per poi ripartire e rimettersi in navigazione alla ricerca di
altri tesori. Su questa spiaggia abbiamo trovato però un naufrago, Giuan de
Custo, che ci ha parlato di una grotta nella quale si mormora che sia il
rifugio segreto del Capitano: la grotta dei 7 mari. Così il giorno dopo
incuriositi siamo partiti per esplorarla. Arrivati a destinazione ci hanno
messo subito in guardia sulla pericolosità di affrontare questo insidioso
percorso. La mamma Chiara, il nonno Giorgio e la nonna Olga, un po’ impauriti
non se la sono sentiti di affrontare questa spaventosa spedizione, io e il
piccolo Riky carichi di entusiasmo e curiosità, ci siamo avventati sperando di
trovare qualche sua traccia… 1800 scalini chiamati, denti della tigre, 8 gradi
di temperatura e due ore e mezza di cammino tra rocce, stalattiti, stalagmiti,
ponticelli, cunicoli, pipistrelli, e serpenti; ma del capitano nulla. Abbiamo
trovato però due passaggi affascinanti, uno chiamato “passaggio del coccodrillo”
dove probabilmente si nascondevano, l’altro chiamato “occhio dell’aquila” dove
ci hanno spiegato che i pirati attraverso questo buco guardavano di nascosto se
entravano intrusi. Arrivati all’uscita, un po’ amareggiati e sconsolati per non
aver trovato nulla, siamo tornati al punto di partenza.
Quando ormai
avevano perso le speranze di trovare Uncino e pensavamo fosse solo una
leggenda, sotto il nostro ombrellone, abbiamo trovato un messaggio del suo
passaggio:
“Papà guarda cosa ci ha lasciato
il Capitano… quindi esiste veramente e sa che siamo sulle sue tracce”!
Ogni giorno che
passava, Uncino ci lasciava qualcosa sotto l’ombrellone, come se volesse
sfidarci, se volesse fare in modo che lo trovassimo per affrontarlo. I giorni
passavano velocemente e il tempo ormai stava per giungere alla fine, noi
giravamo come delle trottole andando in perlustrazione per scovarlo: passammo
in una cittadina chiamata città della giungla per i suoi pericolosi animali in
libertà, per poi trasferirci al Forte -città famosissima dove hanno girato
molti film- dove si mormora che da lì nei tempi più antichi sia passato pure il
famosissimo esploratore Geronimo Stilton che cercava il tesoro, senza però
farne ritorno: di Uncino nessuna traccia.
L’ultimo giorno
mentre eravamo sotto l’ombrellone a ripensare a tutte le tracce e gli indizi
che ci aveva lasciato, Riky si accorse che da sotto la sabbia spuntava
qualcosa:
“Papino qui c’è
qualcosa!”
Subito allora,
prendendo pala e piccone, iniziammo a scavare… non credevamo ai nostri occhi!
Dalla sabbia tirammo fuori un forziere chiuso da un lucchetto che mamma Chiara,
con destrezza e abilità, riuscì ad aprire… al suo interno Capitan Uncino aveva
seppellito proprio sotto il nostro ombrellone uno dei suoi tanti tesori pieno
di gioielli, gettoni d’oro, gemme preziose!
Che abbia voluto farcelo trovare?
Cosa importa, se rivoleva il suo tesoro doveva venire a prenderlo; l’unico
problema era che il giorno dopo noi partivamo per tornare a casa. Quindi al
posto del tesoro lasciammo un messaggio a lui, in modo che potesse trovarlo:
“mio caro Capitano, se rivuoi ciò che è tuo ci rivediamo l’anno prossimo…
stessa spiaggia stesso mare!
Riccardo