QUATTRO CHIACCHIERE CON... ELISA BRICCOLA (Ass. Ali d'Aquila)
-intervista di Valentina Bottini-
1. Parlami di
Ali d’Aquila a 360°
«Ali d’Aquila è
un’associazione di volontariato che esiste dal 2009. In quell’anno alcuni
giovani dell’oratorio San Filippo Neri di Busto Arsizio hanno avuto la
possibilità di vivere un’esperienza di volontariato a Milano che li ha
cambiati; una volta tornati a casa sentivano il desiderio di fare qualcosa per
la propria città… si sono resi conto che mancava un servizio docce per i
senzatetto della loro città e così è cominciata l’avventura.
Ad oggi
continuiamo ad offrire ai senzatetto la possibilità di fare la doccia e
ricevere un cambio d’abito. Sono gli strumenti che ci permettono di entrare in
relazione con moltissime persone, conoscere più storie e più culture e ridare
dignità a chi spesso non viene visto».
2. Come è cambiato
il servizio dopo la pandemia? Quali difficoltà incontrate?
«Purtroppo dopo la pandemia abbiamo dovuto interrompere la distribuzione
del pasto caldo (ma speriamo di riprenderla al più presto).
Durante il Covid-19
abbiamo sentito proprio la mancanza della relazione: ci sono tante persone che
vengono da noi principalmente perché si è instaurato un rapporto e durante i
lockdown abbiamo vissuto tutti un grande senso di solitudine, la differenza è
che io ero a casa con la mia famiglia, molto di loro erano soli».
3. Di cosa necessita maggiormente chi
si rivolge a voi?
«Da una parte c’è sicuramente necessità di ricevere un cambio d’abito o
di fare una doccia ma c’è anche tanta necessità di intessere relazioni
autentiche, prive di giudizio, di incontrare qualcuno che li riconosce come
persone. Sembra scontato ma la prima cosa che chiediamo è il nome, chiamare per
nome identifica, rende unici e permette di esistere».
4. Quali sono le difficoltà maggiori
nel relazionarvi con i senzatetto e viceversa?
«La difficoltà
maggiore credo sia la lingua, quando non si conosce l’italiano o l’inglese la
comunicazione diventa complicata ma altri senzatetto ci aiutano e diventano
traduttori per noi. Un’altra cosa che risulta difficile è il non riuscire a
soddisfare i bisogni di tutti; a volte, per esempio, non abbiamo abbastanza
scarpe: il momento dello “scusa, sono finite” è sempre molto delicato,
trattandosi di una necessità (e sofferenza) per loro molto concreta… per noi
inesistente».
5. Cosa impari
da loro?
«L’umiltà di chiedere aiuto. La nostra società è prestazionale, dobbiamo
essere tutti perfetti, invincibili, la verità è che ci vuole molto più coraggio
ad ammettere che non lo siamo e che a volte possiamo affidarci agli altri».
6. Chi sono i
volontari?
«Al momento siamo una quindicina di volontari, di età e provenienze
diverse. Alcuni ci sono dall’inizio, altri ci hanno conosciuto e hanno deciso
di spendersi per gli altri. Chiunque può diventare volontario, è richiesta solo
la voglia di mettersi in gioco».
7. Come siete
organizzati?
«Siamo super organizzati: prima del lockdown avevamo una squadra sù in
cucina che si occupava di preparare e distribuire un pasto caldo e una squadra
che invece si occupa della distribuzione dei vestiti e delle docce. Ogni
persona si occupa della distribuzione di un tipo di indumento, chi l’intimo,
chi i pantaloni, chi le magliette, questo rende il servizio più agile e
permette ad ogni volontario di entrare in relazione diretta con i nostri ospiti».
8. Ci sono
legami di amicizia tra senzatetto?
«Amicizia è un termine molto importante però alcuni ospiti li conosciamo
da quando abbiamo aperto, con il tempo ci siamo scambiati parte delle nostre
storie di vita quindi sicuramente dei legami forti ci sono. Lo dimostra anche
che, a volte, quando qualcuno riesce a rimettersi in pista torna a trovarci per
portare dei vestiti da donare per fare la sua parte. Oppure altri durante la
festa dell’oratorio ci aiutano a pulire i tavoli, ad apparecchiare, ci tengono
a dare il loro contributo».
9. Raccontami
qualche episodio particolare/curioso/divertente/strano/significativo… che
ricordi con piacere
«Uno dei miei momenti preferiti è la cena della vigilia di Natale, l’aria che si respira è meravigliosa. Ricordo sempre con piacere le chiacchierate con S., appassionato di psicologia, ci confrontavamo sui vari approcci e gli autori. L’episodio che, però, vivo con più malinconia riguarda L., un senzatetto che ora non c’è più ma che tutti ricordiamo con affetto: era il periodo della festa dell’oratorio e io facevo parte della band, il sabato prima del concerto durante il servizio raccontavo di quanto fossi agitata. La sera del concerto L., insieme a un’altra nostra vecchia conoscenza R., sono venuti a fare il tifo per me, da quella sera per lui sono sempre stata la “spaccapiatti” (suonavo la batteria)».
10. Cosa ti spinge a proseguire l’impegno in Ali d’Aquila?
«La profonda convinzione che ogni persona meriti rispetto e riconoscimento. Io non vivo la loro situazione sono, in un certo senso, privilegiata e sento che sia molto importante mettere a disposizione degli altri il privilegio che ho perché siamo tutti uguali».
11. Come possono essere utili i cittadini di Busto?
«Il modo migliore
per aiutarci è diventare volontario oppure donandoci vestiti di seconda mano
in
buone condizioni. Altrimenti basta anche solo parlare di noi, farci conoscere.
Busto è piena di realtà che fanno cose meravigliose, ce n’è davvero per tutti i
gusti. L’invito che faccio a tutti quelli che stanno leggendo le mie parole è
di trovare una realtà che li convince e provare a buttarsi, vi assicuro che
ogni volta che si dona l’amore si moltiplica e ne torna indietro almeno il
doppio».
12. Contatti
«Ci trovate sia su Facebook (As Ali d’Aquila) sia su Instagram (associazione_ali_d_aquila). La nostra mail è: alidaquila@hotmail.it »
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