QUATTRO CHIACCHIERE CON... PAOLO GRIMOLDI (massoterapista MCB)
-intervista di Valentina Bottini-
1. Si presenti a 360°
«Ho 41 anni e, tra studi e lavoro, svolgo la professione
di massoterapista da più di 10 anni occupandomi molto di benessere e di sport.
Lo sport, infatti, mi è sempre piaciuto
e l’ho sempre praticato; sono stato un
atleta in una squadra di calcio fino a quando l’età –non che sia vecchio- mi ha
portato a seguire gli altri atleti, tra cui numerosi calciatori
professionisti di serie A, e le
problematiche del mondo sportivo. Tuttavia non mi occupo solo di sportivi ma di
tutte le persone che hanno problemi di salute a 360 gradi.
Sono laureato in Scienze
Motorie, sono massoterapista che è una figura riconosciuta dal Ministero della Salute
come operatore delle arti ausiliarie sanitarie. Sono un tecnico osteopatico.
Sono un docente di formazione in quanto la passione per questo lavoro mi ha
portato a seguire e informarmi il più possibile fino a diventare appunto un
docente di formazione legato all’ambito
sportivo. Mi piace molto
insegnare ciò che ho studiando e quello
che faccio perché trasmettere qualcosa
che sai è la cosa più bella a questo mondo, questo è un hobby ma è anche
un lavoro.
Il mio lavoro non è incentrato solo sulla pratica ambulatoriale ma anche
a dare tutti quei servizi che il mercato richiede, sopratutto dove c'è molta
richiesta.
Sono sposato e ho una bambina di 4 anni. Conciliare studio, lavoro e
famiglia è complicato ma è importante far collimare e incastrare tutti gli
impegni perché questo mi porta sempre di più ad essere una persona con tante
attività in gioco e tanti interessi... e
quindi ad essere una persona viva, che vive e che si sente viva.
I miei hobby principali sono legati alla lettura, alla visione di film e
a tutto quello che mi distrae.
Ovviamente la mia curiosità è legata a tutto quello che è inerente allo sport, anche in vacanza se vedo sportivi o qualcosa
legato allo sport “un occhio ce lo butto sempre”, con un po’ di invidia ma
desideroso si scoprire e imparare cose nuove. Altri hobby sono legai molto alla
mia famiglia, che è il mio hobby più bello.
Mi piacciono tutte le sfide che
mi si propongono, non mi abbatto mai e sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli
perché gli stimoli mi tengono vivo sia a livello lavorativo sia a livello di
vita personale; infatti nel periodo del Covid ho aperto un secondo studio e
tutt’ora sono sempre alla ricerca di nuovi traguardi ma tenendo sempre con i
piedi per terra».
2. Da dove è nata la sua volontà di voler fare questo lavoro?
«Inizialmente mi sono laureato in scienze motorie perché mi piaceva tutto
ciò che era legato all’attività fisica e allo sport; ero un po’ “contrario” a
massaggiare e non avrei mai pensato di fare tutto quello che sto facendo adesso.
La mia esperienza di sportivo è stata determinante nel mio percorso sia di
studi sia di vita e mi ha portato a fare questo.
Poi ci sono stanti un po’ di eventi e di concatenazioni che mi hanno
portato a fare questo lavoro attuale: facevo il preparatore atletico
principalmente delle squadre di calcio, un giorno per puro caso, non essendoci
il massaggiatore della squadra, mi sono ritrovato a ricoprire quel ruolo e a
dover massaggiare un ragazzo della squadra che ne necessitava. Ho fatto
qualcosa di cui non avevo nessuna capacità e nessuna conoscenza, nonostante
questo il ragazzo si è fidato e io, provando,
ho visto che questa nuova esperienza iniziava a piacermi. Questa nuova attività
mi interessava molto quindi ho iniziato con dei corsi nei weekend e con dei
corsi un po' di strutturati. La passione è aumentata e mi sono trovato davanti
a un bivio, mi sono rimboccato le maniche e frequentando un corso serale ho preso
l’abilitazione come massoterapista: di sera andavo a scuola e di giorno andavo
al lavoro, è stato faticoso ma bello e mi ha portato ad apprendere tutto quello
che potevo».
- Cosa significa per lei
essere un massoterapista?
«Essere un massoterapista per me è qualcosa di importante. Questa è una professione che a livello giuridico ha sempre avuto problemi con altre categorie professionali sanitarie. Di quello che faccio e di quello che sono io sono molto orgoglioso in quanto mi identifico come una figura complementare a quella del fisioterapista con cui collaborare. Il mio socio dello studio è un fisioterapista, con lui facciamo cose diverse ma abbiamo come obiettivo comune finale il benessere della persona.
Collaboro anche con un osteopata che è un’altra figura che fa un lavoro
diverso rispetto al mio ma allo stesso tempo ci complimentiamo.
Sono diventato un responsabile della Regione Lombardia in quanto figura professionale del massoterapista
o meglio massaggiatore capo bagnino degli stabilimenti idroterapici, meglio
conosciuta come MCB. E questo di conseguenza mi ha portato a insegnare questa
professione».
4.
Quali sono gli ingredienti indispensabili del suo lavoro?
«Il primo ingrediente è la passione; bisogna avere passione per fare
questo lavoro, bisogna avere tanta passione e credere in quello che fai sapendo che stai
lavorando su delle persone. Quando tu “manipoli fisicamente” una persona le
trasmetti delle sensazioni quindi non sono degli oggetti e non devi trattare tutti
nello stesso modo, devi saper trattarle in base a quello che trovi, devi saper
gestire le tue capacità e devi saper trasmettere sicurezza e tranquillità. Quando
una persona si rivolge a me viene perché ha un disagio quindi la prima cosa è
capire perché hanno questo disagio, cercare di aiutare questo disagio. Spesso
queste persone arrivano con una grande negatività quindi è fondamentale
metterle a loro agio e dar loro tanta serenità.
Un altro ingrediente è non fermarsi mai di imparare, di studiare e di
approfondire; bisogna sempre investire nella conoscenza, mettersi sempre in
gioco e mai sentirsi di essere arrivati. Io insegno ma sono anche studente
quindi ti devi mettere anche in gioco sul lato della formazione.
Un terzo ingrediente fondamentale è l'umiltà perché bisogna sapere riconoscere
i propri limiti nel vedere quando posso risolvere un problema, quando non posso
risolverlo e quando non è di mia competenza».
5. Quanto è importante l’empatia nel suo lavoro?
«Nel mio lavoro è molto importante l’empatia. Ho imparato che quando entro
nel mio studio tutti i problemi familiari e di vita personale/privata
devono restare fuori perché il paziente ha già un disagio se dall'altra parte trovano un
terapista negativo, non si fa altro che sommare disagio al disagio, cioè se non
c'è empatia e non si respira qualcosa di positivo è chiaro che il paziente
pensa subito di aver buttato via dei soldi. Non bisogna essere troppo empatici,
gioiosi, “amiconi” ma neanche dall’altra parte: bisogna cercare di avere un equilibro.
L'equilibrio è fondamentale perché da’ professionalità ma allo stesso tempo
bisogna anche parlare con la persona dove è possibile e come è possibile,
bisogna metterla a suo agio anche con battute e/o argomenti seri, dipende dalla
persona che si ha di fronte.
Sono importanti anche l’accortezza e l'educazione: è fondamentale dare
sicurezza al paziente».
6. Quali sono le difficoltà maggiori nel relazionarsi con i pazienti e viceversa?
«Molti pazienti arrivano sfiduciati perché ne hanno già provate
tante e hanno già speso molto altrove senza avere nessun beneficio, molti arrivano
con l'idea che quel problema non riesco a risolverlo e quindi se lo devono
tenere. Molti vengono con un problema semplice che però tante volte è un
problema psicosomatico e dovuto allo stress e a problemi emotivi, lavorativi,
lutti… e quindi il paziente non vede il miglioramento, non riesce a percepirlo,
non capisce che il trattamento che gli
sto facendo gli fa bene.
Bisogna trovare delle ”chiavi di apertura” per cui i pazienti si
lasciano andare nel momento in cui acquisiscono fiducia nelle tue capacità e
gli fai capire, è solo da questo momento
che tutte queste persone qui ti
ringrazieranno a vita. Qui entrano in gioco gli ingredienti che abbiamo
detto poco fa, quindi le competenze, la passione e la capacità di sapersi relazionare.
Bisogna trovare il modo di comunicare con ogni paziente che sia il più efficace
possibile e che non crei problemi».
7. Cosa impara dai pazienti che tratta?
«Dai miei pazienti imparo tanto perché ogni singola patologia non può
esser trattata nello stesso modo per un ragazzo di vent’anni e un signore di
sessant’anni, si deve fare in un modo
completamente diverso. Questo comporta una grande capacità di capire dove devo
cambiare. Capire che la stessa patologia non può essere trattata allo stesso
modo per due persone molto diverse, questo è molto importante da sapere. Ciò
che è fondamentale è arrivare a un risultato comune che è il benessere e la
salute della persona; posso arrivarci in modo diverso ma è importante che ci
arrivo e che la persona sia soddisfatta
del risultato, quindi torniamo al concetto di umiltà».
8. Esiste l’amicizia tra massoterapista e paziente?
«E’ molto importante cercare di differenziare i ruoli. All'interno dello studio io ho un
ruolo secondo cui io devo trattare tutti allo stesso modo, come modalità di
comportamento e di approccio come professionista. Poi l’amicizia al di fuori
dello studio ci può sempre essere ed è
giusto che ci sia ma in studio tutti sono uguali e vanno trattati tutti allo
stesso modo. L'amicizia deve essere tenuta fuori dal proprio lavoro per non
mischiare le due cose e non rischiare di dare dei favoritismi».
9. Mi parli della sua attività di docente universitario.
«La mia attività di insegnante è un’attività che parte con la passione; mi
sono trovato dalla parte dello studente e sapere come sono stato formato; ma
quando sono uscito dalla scuola e ho sbattuto più volte contro vari aspetti, mi
sono sentito in dovere di provare a colmare le lacune di questa professione.
Sono partito come assistente ed ora ho una sezione dove insegno e spiego questo
lavoro, soprattutto dal punto di vista sportivo».
10. Quali progetti ha per il futuro?
«Ho già realizzato tanto sia come atleta sia come lavoratore
professionista, questo so che non è scontato e per questo sono grato alla vita;
ma l'idea in futuro è quella di continuare ad ampliare la mia attività. Sto lavorando per ampliare lo studio con nuovi professionisti e
gestire i miei studenti se in futuro vorranno
lavorare con me. Ci vogliono passione, dedizione, professionalità e umiltà».
11. Racconti un episodio simpatico/divertente/riflessivo/curioso/significativo del suo lavoro.
«Quando alla domenica sono in centro con mia moglie e incontro i miei
pazienti, questi mi presentano orgogliosi ai loro familiari ringraziandomi per
il mio lavoro che gli ha risolto grossi disagi. Questo è molto gratificante e mi
dà una carica in più per continuare a fare quello che faccio.
Un altro episodio che ricordo sempre con infinito piacere è quando il
giorno in cui ho fatto l’esame finale, durante la cerimonia sono andato a
ritirare il mio attestato e il mio direttore
didattico mi ha detto che il giorno successivo avrebbe voluto parlare con
me per propormi di iniziare a collaborare con lui. Un'altra gioia sommata alla
felicità di quel giorno particolare. Questa scena è quella che vorrei replicare
con i miei studenti, anche a me un giorno piacerebbe ritrovare la mia stessa
passione per questo lavoro in qualche mio studente e vorrei proporgli una collaborazione».
12. Tre aggettivi con cui gli altri la definiscono?
«Il primo aggettivo è grande: le persone mi dicono
che sono un grande perché talvolta risolvo problemi che per me sono ordinaria
amministrazione ma agli occhi del paziente sono difficoltà insormontabili.
Mi dicono che sono il numero uno perché mi piace spaziare, mi piace non
fermarmi mai, mi piace sempre fare cose nuove e sperimentare…
Il terzo aggettivo che mi dicono è che mi chiedono di “fare un miracolo”
e di recuperare una determinate persona dopo infortuni sportivi per lo più».
13. Contatti
«E’ possibile avere maggiori informazioni su Paolo Grimoldi e sullo Studio Grimoldi Sport e Salute sul sito https://www.studiogrimoldi.com/ o sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/paolo.grimoldi.180 »