QUATTRO CHIACCHIERE CON…
UN’OPERATRICE SOCIO-SANITARIA
Il 29 maggio è la Giornata
Nazionale degli Operatori socio-sanitari, conosciuti con l’acronimo OSS. Spesso il loro lavoro è bistrattato e additato
come “pulire le persone, tagliare le unghie, lavare la testa, vestire, fare la
doccia, nutrire”; ma so, per le attenzioni in primis su me stessa, che il loro
lavoro è molto di più. Essi si prendono cura in toto delle persone che
assistono dando loro aiuto non solo concreto, in quelle azioni di cura
personale che non riescono a fare da sole, ma anche psicologico, offrendo loro
sempre una parola di conforto, ascoltandole e cercando di strappargli un
sorriso.
Per
celebrare questo giorno abbiamo intervistato un’operatrice sanitaria,
orgogliosa del suo lavoro e determinata nel promuovere la bellezza della sua professione.
-Intervista
di Valentina Bottini-
«Un operatore socio sanitario è una persona “speciale” perché, stando a contatto con persone bisognose, è in grado di trasmettere tranquillità e serenità. Egli sa ascoltare, sa comunicare e sa come portare allegria tra i pazienti».
2. Da dove è nata la tua volontà di voler fare questo lavoro?«Durante gli anni della scuola superiore ho fatto avuto
l’occasione di fare un
primo tirocinio in una scuola materna e un secondo in
una RSA. Durante questa mia seconda esperienza mi sono trovata molto bene e mi
sono resa conto che stare a contatto con persone bisognose e poterle aiutare
poteva essere la mia strada. Infatti dopo le
superiori ho intrapreso il corso
di operatrice socio sanitario e, al suo termine, sono stata assunta in un
centro di riabilitazione».
3. Spesso il vostro lavoro è bistrattato e additato come “pulire le persone, tagliare le unghie, lavare la testa, vestire, fare la doccia, nutrire”; ma so, per esperienza personale, che il vostro lavoro è molto di più perché vi prendete cura in toto delle persone offrendo loro oltre ad un aiuto concreto anche parole di conforto e sorrisi. Cosa significa per te essere una OSS?
«Essere un’operatrice socio sanitaria mi regala un’infinità di soddisfazioni
e mi arricchisce dentro ogni giorno di più. Certo bisogna lavorare con molta discrezione,
un’estrema responsabilità e grande professionalità, ma ciò che mi aiuta
quotidianamente nel mio lavoro è l’empatia che sviluppo con i
pazienti».
4. Quali sono le difficoltà maggiori nel relazionarti con i pazienti e viceversa?
«In alcuni casi si possono creare delle difficoltà quando il paziente è aggressivo e non collabora; quando succede ciò dobbiamo mantenere la calma, cercare di trasmettere tranquillità e capire qual è il problema».5. Cosa hai imparato dai pazienti di cui ti prendi cura?
«In questi anni di lavoro ho imparato ad essere sempre più paziente e ad avere molta empatia, ho imparato ad ascoltare e ad osservare, ho imparato a relazionarmi con le persone e con le loro fragilità».
6. Secondo me voi OSS siete un grande esempio di umanità. Qual è il segreto per esser sempre sorridenti e gentili con i pazienti, anche i più difficili?
«Quello di operatore socio sanitario è un lavoro molto impegnativo ma che porta molte soddisfazioni: quando i pazienti dimostrano che hanno fiducia in noi ci rende davvero contenti, il loro apprezzamento ci ripaga di ogni fatica e ci spinge ogni giorno a dare il meglio di noi stessi. Questo tipo di lavoro ti fa capire quali sono le cose davvero importanti nella vita».
7. Esiste l’amicizia tra OSS e pazienti?
«Nel nostro lavoro si ha a che fare con molte persone e spesso ad alcuni ci si affeziona, specialmente se ci sono ospiti che stanno in struttura parecchio tempo si instaura un buon rapporto che può continuare anche al di fuori della struttura».
8. Raccontami un episodio simpatico/significativo del tuo lavoro di OSS.
«Ce ne sarebbero molte di cose da raccontare, sia vicende
tristi sia fatti divertenti sia avvenimenti molto teneri. Ci sono anziani che
passano tanto tempo nella struttura dove ci vedono quasi tutti i giorni e
quindi è facile per loro darci del “tu” e considerarci di famiglia come figli o
nipoti; una volte c’era un ospite che ogni giorno mi chiedeva a che ora finivo
il turno di lavoro così qualche volta mi avrebbe chiesto un passaggio per
tornare a casa , un’altra mi
chiedeva sempre se ci fossero dei pullman e se
potevo comprargli il biglietto assicurandomi che la sua mamma mi avrebbe
restituito il denaro. In questi casi cerco di assecondare il paziente ma
senza fare grosse promesse, cosicché lo
si rende più sereno e collaborativo».
9. Tre aggettivi con cui gli altri ti definiscono?
«Sensibile, volenterosa, permalosa».
9. Tre aggettivi con cui tu ti autodefinisci?
«Generosa, emotiva, lunatica».