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IL GIUSTIZIERE
Soffrendo tanto per la fine della storia con Samanta avevo iniziato ad usare anche a Busto il
carattere che avevo a Milano diventando così un'unica persona, nascondendomi
dietro una specie di maschera o corazza
protettiva dove non vi facevo passare nessuno… mi tenevo tutto dentro e non mi
sfogavo mai.
Con la mia compagnia, crescendo molte volte facevamo rissa con altre
compagnie… eravamo temuti e rispettati, anche a scuola quando c’erano dei problemi
tutti ci venivano a chiamare. Ormai anche i professori avevano un debole per la
nostra classe, eravamo i più amati anche se la professoressa di educazione
tecnica disse che col nostro comportamento eravamo riusciti a convincere la
professoressa di musica ad andare in pensione a fine anno perché l’avevamo
esaurita. Lei poteva andare in pensione già da qualche anno, ma non voleva mai
andarci e nessuno riusciva a convincerla.
Ovviamente anche lei conosceva a memoria il mio cognome dicendomi sempre che ero il più ottuso,
ma ero anche diventato il suo cocco,
ricordo ancora che ogni volta che entrava in classe mi baciava e sulla guancia,
mi rimaneva il segno delle sue labbra
stampate, perché metteva chili e chili di rossetto rosso fuoco, mentre tutti ridevano.
Un giorno, dopo l’intervallo, il professore di italiano entrò in classe
(anche per lui eravamo i suoi preferiti) e ad un certo punto ci fece una
rivelazione dicendo che qualcuno di noi
era andato nella 1 D, la classe precedente a noi, e aveva minacciato un
ragazzino più piccolo dicendogli che se il giorno dopo non gli avesse portato
cinque mila lire l’avrebbe picchiato. Chiaramente non ci voleva rivelare il
nome dell’interessato dicendo solo: “Chi ha orecchie per intendere, intenda” e aggiungendo:
“Voi siete i più grandi e dovreste dare l’esempio, nella mia scuola non voglio
atti di nonnismo soprattutto da voi.” Io
essendo una testa calda, cercai di informarmi di più e tra una lezione e
l’altra, senza farmi vedere, andai nella
classe di fianco, mi feci dire chi era stato minacciato (tra l’altro il
ragazzo in questione era un mio amico d’oratorio) e subito mi feci dire anche il nome dicendo che ci
avrei pensato io. Tornando in classe feci finta di niente, ma al termine delle
lezioni uscendo dalla scuola, andai dal mio compagno di classe colpevole, e iniziammo a picchiarci sotto lo sguardo di
tutta la scuola che faceva il tifo. Lui era quello più segnato, ad un certo
punto intervenne il prof di italiano che stava uscendo, dividendoci e
richiamandoci.
Io gli spiegai che nessuno si poteva permettere di minacciare i miei amici, lui capì che l’avevo fatto in buona
fede e non ci punì. Da quel giorno per la scuola ero visto come un idolo e
tutti volevano essere miei amici.
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AMORE O RICONOSCENZA?
Nella mia classe c’era una ragazza molto bella Alice: capelli lunghi e
mori, occhi castani, fisico da urlo. Io e Alice, avevamo già avuto una piccola
storiella in prima media, ma nulla di serio solo divertimento. Però lei mi
faceva ancora il filo ma io ero occupato a divertirmi con altre ragazze, non
volendo saperne di storie serie e in più lei era fidanzata da un anno con Lino.
Un giorno Alice non venne a scuola, la sua assenza durò per tre settimane
abbondanti. Così io e Kevin (lui era uno degli amici con cui passavo tutti i
giorni insieme e giocavo al C.S.I. Anche lui era tifosissimo rossonero e
soprannominato Leonardo, come il giocatore del Milan, perché ogni volta che
tirava una punizione da qualsiasi parte si trovava la metteva sotto l’incrocio
dei pali, aveva un piede vellutato) andammo a informarci tramite la sua
migliore amica, Nicoletta, su cosa le fosse successo. Lei allora ci spiegò che
nella vita di Alice era accaduta una cosa bruttissima (che per motivi di privacy
non posso scrivere), noi a tale notizia rimanemmo senza parole. Lei aveva solo
quindici anni. Subito pensammo come poterla aiutare perché dovevamo trovare un
modo per farla riprendere, lei non voleva più saperne di tornare a scuola ma soprattutto non voleva
assolutamente che i ragazzi si avvicinassero a lei.
Con l’aiuto di alcune persone adulte e del professore di italiano, alla
fine, decise di tornare ma stava sempre nel suo mondo. Per me e Kevin avvicinarci
era impossibile.
Un bel giorno, non mi ricordo bene come o perché, riuscii ad entrare
dentro quella corazza che Alice si era costruita intorno. Fui l’unico ragazzo
con cui parlava, oltre al suo fidanzato Lino. Automaticamente venni tirato
dentro nei discorsi tra lei, il preside, i professori e i suoi genitori;
insieme cercavamo di farla usciere da quel momento nero. Le giornate continuava tra oratorio e serate in
compagnia ma trovavo sempre il momento e il modo di fare una telefonata a Alice,
uscendo anche di sera quando pioveva per andare alla cabina telefonica, in modo
da chiamarla e poi tornare a casa. In pratica il nostro legame stava diventando
sempre più forte.
Una domenica l’O.S.L. (oratorio San Luigi che frequentavo) doveva giocare
contro l’oratorio della sua parrocchia Beata Giuliana, quel giorno mentre stavo
giocando sulla panchina vidi lei e Lino che si baciarono e mi infastidì un po’,
da lì capii che stava nascendo un legame forte tra noi.
Così da quel giorno feci di tutto per conquistarla avendo saputo che lei
voleva lasciare Lino per me.
Era amore o non volerla lasciare sola in un momento così duro per
lei? Questo non lo avevo chiaro, però sicuramente stava nascendo qualcosa…
tanto che alla fine lasciò Lino dopo una serie di litigate e gelosie, perché
lui era venuto a sapere di me.
Ci mettemmo insieme,
venni definito dal professore e dalla sua famiglia ‘un salvatore’ perché
lei con me aveva trovato di nuovo la voglia di vivere e il sorriso.
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