giovedì 9 aprile 2020

CAPITOLO 23, CAPITOLO 24


23  ROMA

Un’altra avventura stava per iniziare nella mia vita: come ogni anno per tutte le terze medie c’era in programma la gita scolastica di tre gironi, per tutte tranne che per noi. Si perché noi, eravamo si i preferiti dei professori, ma anche i più scalmanati e non c’erano abbastanza prof che potevano accompagnarci. Così noi ci rimanemmo malissimo facendo un casino allucinante tanto che, in cambio ci programmarono 3 gite però di un giorno ciascuna eravamo molto delusi.
Ma la vacanza di tre giorni che stavamo aspettando arrivò lo stesso, non dalla scuola ma dall’oratorio San Luigi.
Con l’oratorio, per i ragazzi adolescenti che finivano gli anni delle medie, c’era in programma il teatro di terza media che sarebbe andato in scena a giugno, un modo per salutare le scuole dell’obbligo e programmare il proprio futuro. Oltre al teatro per i ragazzi c’era  anche la Professione di Fede ovvero un sacramento che si fa dopo la cresima, dove ci si impegna ad affidare la propria fede al Signore. Questo sacramento, prevede un pellegrinaggio di tre giorni nella città del Papa e la domenica si segue la Santa Messa proprio a San Pietro. Eravamo elettrizzati, perché noi in 3D eravamo in tanti che frequentavamo lo stesso oratorio e potevamo prenderci una rivincita con i nostri professori, si perché in classe eravamo in 25 e a frequentare l’oratorio eravamo in 15 quindi avremmo lasciato la classe solo con 10 persone in aula. Casualmente l’altra sezione con cui dovevamo fare la gita scolastica erano gli altri nostri amici d’oratorio, quindi due sezioni praticamente vuote.
Tutte le domeniche pomeriggio ci trovavamo in oratorio per le prove del recital, frequentando chiaramente l’oratorio da anni tutti insieme eravamo grandissimi amici. Tra questi amici ve ne era una, Veronica, che era la mia migliore amica femmina, la consideravo come la sorellina che non avevo mai potuto avere, era l’unica che riusciva ad oltrepassare la mia maschera o corazza e farmi sfogare liberamente, noi due ci confidavamo tutto. Lei purtroppo aveva una malattia alle gambe nonostante giocasse a calcio nella squadra femminile dell’ A.S.O.  Oltre a Veronica, vi era un’altra ragazza a cui facevo una corte spietata… infatti fu la ragazza che mi fece dimenticare Ludovica, mi fece provare le stesse emozioni. Si chiamava Vanessa, anche lei capelli lunghi e neri, occhi marroni e con un bel fisico.  Mi ero già fatto avanti inutilmente con lei prima che arrivasse Alice, le due ragazze si conoscevano, erano buone amiche perché giocavano nella stessa squadra di pallavolo.
Una domenica, mentre facevamo pausa dalle prove teatrali  e Alice non c’era perché era nel suo oratorio, Vanessa mi disse una cosa che avrei sempre voluto sentirmi dire: “Sto aspettando che tra te e Alice accada qualcosa per…” in pratica, mi fece capire che stava aspettando che io e Alice ci lasciassimo per provarci con me.  Vanessa conosceva bene Alice, ma soprattutto conosceva bene me; lei aveva capito che io mi ero messo con Alice solo per non lasciarla sola in un momento così brutto. Quella cosa smosse qualcosa di grande dentro di me, ma come dirlo ad Alice?
Decisi di far finta di nulla tenendomi tutto dentro. Intanto arrivò il giorno della partenza per Roma, i professori erano contrari facendo anche intervenire il preside in classe per dire che non dovevamo andare ma ovviamente intervennero i nostri genitori e lui non potè opporsi. Alice frequentava l’oratorio di Beata Giuliana, quindi non avrebbe dovuto  venire a fare la Professione di Fede con noi, ma sarebbe dovuta andare poi col suo oratorio. Io, convinsi il nostro prete, Don Alberto Beretta, a farla  aggregare; ma in seguito non si rivelò la scelta migliore.
Pronti  per partire tutti sul pullman! Io ovviamente seduto accanto ad Alice, lei dalla parte del finestrino e io dalla parte del corridoio. Di fianco a me si mise proprio Vanessa con una sua amica, inutile dire che ero agitatissimo avendo da una parte la mia ragazza e dall’altra quella  che avrei voluto fosse la mia ragazza, che situazione! Ad un certo punto Vanessa mi scrisse un messaggio sul cellulare chiedendomi come mai avevo portato anche lei, così iniziammo a parlare via sms, Alice capì subito come stavano le cose, si mise a piangere, si tolse la collana col metà cuore e se ne andò in fondo al pullman. In quel momento allora Vanessa si sedette vicino a me e iniziammo a parlare, io mi sentivo molto in colpa, non sapevo cosa fare, conoscevo la situazione di Alice e non volevo soffrisse, ma nello stesso tempo volevo mettermi con Vanessa. Il viaggio per Roma era lungo, Vanessa ad un certo punto mi disse di fare chiarezza nella mia testa e decidere cosa volevo, e si rimise al suo posto. A sedersi vicino a me si mise Veronica che, avendo capito la situazione ed essendo la migliore amica di Vanessa, sapeva come stavano le cose. Parlammo fino ad arrivare a Roma, alla fine mi disse che dovevo ascoltare il mio cuore.
Una volta arrivati, il Don ci divise nelle camere; le femmine al piano superiore col le suore, i maschi al piano inferiore. Io ero in camera con Silvio, Carlo e Sebastiano, il catechista che doveva curarci. Era notte tarda, quindi per il primo giorno tutti a nanna, la mia era una stanza di matti. Carlo era piccolo rispetto a noi, era venuto perché la cugina se l’era portato dietro. Nella notte mentre dormivamo tutti, ad un certo punto si sentì una voce che diceva: “Piccaciù[1]!” Sebastiano si svegliò e guadandoci e ci disse: “Avete finito di fare casino!?” pensando fossimo stati noi più grandi, ma io e Silvio gli rispondemmo: “Guarda che è stato Carlo che parla nel sonno!” Tornammo a dormire, ma ad un tratto Carlo si alzò in ginocchio sul letto gridando: “Puffunghè[2]!” A quel punto io, Sebastiano e Silvio ci alzammo di nuovo; Sebastiano prese la ciabatta di plastica e gliela lanciò mancandolo, allora Silvio disse: “Tranquillo ci penso io.” Prese lo zoccolo di legno glielo lanciò da due passi perché i loro letti erano quasi attaccati e prese in faccia Carlo che cadde nel letto stecchito. Sebastiano disse: “Buona notte ragazzi” così  finalmente ci mettemmo a dormire. Il giorno dopo Carlo aveva il segno in faccia dello zoccolo e scoppiammo a ridere.
Tutti pronti per il nostro giretto per Roma. Alice non voleva saperne più di me, e sia lei che Vanessa stavano con le amiche, io stavo con i miei amici a parlare e cercare di capire cosa fare. La sera dopo cena, tornati in camera mandai un messaggio a Vanessa dicendole di venire sul corridoio a parlare, giunta le dissi che volevo stare con lei e che avrei risolto con Alice; lei ovviamente era contenta.
Il giorno dopo ero pronto per parlare con Alice ma mentre stavamo parlando vidi che lei ci stava soffrendo troppo, così non trovai il coraggio e sistemammo tutto. Inutile dire che Vanessa si arrabbiò tantissimo e per ripicca si mise con un mio amico.
Nel frattempo era arrivato l’ultimo giorno, noi ragazzi avevamo programmato alla sera di fare “casino” e stare svegli tutta notte, i catechisti ci avevano dato il permesso. Mentre stavamo giocando a calcio in corridoio passò di lì la suora che venne presa in faccia col pallone, infuriandosi e portandoci fuori in gita come punizione. Al rientro, sul nostro pianerottolo si mise il don a fare da vedetta e sul piano delle ragazze c’erano le suore. Il nostro programma era saltato.
L’indomani partimmo per rientrare a casa facendo tappa ad Orvieto. Vanessa non voleva più parlarmi e con Alice si andava avanti a fatica.
Tornati a scuola il professore di italiano ci fece fare un tema a sorpresa e ricordo che tutti noi come argomento parlammo di Roma.


24  GLI ESAMI

Il giorno degli esami si avvicinava e con loro anche la tensione, come ho già detto non avevo molta voglia di studiare infatti fino alla terza media prendevo sempre voti al pelo della sufficienza.
Finito le scuole bisognava decidere cosa fare del proprio futuro, se continuare con gli studi o andare a lavorare, non c’era una via di mezzo. Io di studiare non ne avevo molta voglia, anche se mi sarebbe piaciuto diventare un elettricista come mio fratello. Così ero pronto anche ad iscrivermi a scuola, però non c’erano soldi a sufficienza in casa. Lo zio e la zia avrebbero  voluto che continuassi gli studi dicendomi  di non preoccuparmi per i soldi che si sarebbe trovata una soluzione. Io però sapevo benissimo che per pagare gli studi avrebbero dovuto rinunciare a qualcosa per loro, così alla fine decisi di lasciare la scuola per andare a lavorare e  aiutarli in casa. 
Una volta deciso cosa fare sul futuro, dovevo mettermi  sotto con gli studi per essere promosso. Gli ultimi tre mesi di scuola furono i più duri per tutti perché tutto l’anno avevamo fatto macello, gite, tornei di pallavolo, ora invece era arrivato il momento di studiare. Anche per uno come me che di farlo non ne aveva proprio voglia. Ricordo ancora la frase del professore d’italiano: “Adesso, è arrivato il momento di studiare e mettervi  sotto per gli esami; fino a oggi ci siamo divertiti e abbiamo fatto di tutto, ma ora prepariamoci per il vostro futuro.”
Per una volta mi misi a studiare seriamente, strano ma vero. In oratorio andavo alle due, non più per giocare a calcio ma per prepararmi per gli esami con i miei amici. Ci trovavamo con i soliti amici per preparare la relazione da portare all’esame, anche con Alice ci vedevamo solo la sera o dopo gli studi.
L’ultima settimana di scuola fu la più bella ma anche la più triste; sapevamo che le nostre strade si stavano per dividere per magari non rivederci più. Ogni giorno, andavamo a scuola tutti con le macchine fotografiche per fare foto ricordo, anche se i professori all’inizio non volevano. Finita la scuola, prima degli esami, ci fu il teatro di terza media, fu una vera bomba anche perché come tema  avevamo scelto proprio l’adolescenza con i primi amori e i problemi che comportava. Fu veramente bello e il teatro era pienissimo, ovviamente c’era anche Vanessa a recitare e invece Alice era tra il pubblico. Le due ragazze non si parlavano più da Roma, e anche io persi definitivamente ogni possibilità con Vanessa.

Finalmente arrivò il giorno degli esami orali, inutile dire che ero terrorizzato. Ogni ragazzo poteva decidere se far entrare qualche suo amico ad assistere oppure no, io ovviamente feci entrare quasi tutta la classe, ero carichissimo avevo studiato ed ero preparato, ma i professori sapendo che io non studiavo mai, mi chiesero giusto due cose per non mettermi in difficoltà. Ricordo che la mia relazione fu sull’adolescenza che si legava alle droghe, quindi al corpo. Finito di parlare della mia relazione nessuno mi interrogò  più. Il professore di artistica disse: “Non ti chiedo di parlarmi dei tuoi disegni, perché oltre a un campo di calcio tu non fai!”  
Infatti per tutto l’anno io facevo disegni riguardanti il calcio. Ricordo che un giorno il professore, stanco dei miei disegni, mi disse: “Pepe, oggi sarà l’ultimo giorno che ti permetterò di disegnare un campo di calcio; quindi mettici fantasia e vediamo cosa ne viene fuori!” Disegnai una partita di calcio tra alieni.
Il professore d’inglese invece non mi chiese nulla, sapeva che era  già tanto se sapevo scrivere un’intera frase in italiano senza fare errori ortografici, figuriamoci in inglese!  Anche tutti gli altri non mi fecero domande per non mettermi in difficoltà… o forse perché si volevano liberare di me… o magari  semplicemente perché si erano affezionati troppo!
L’unica domanda che mi fece il professore d’italiano dopo la mia relazione fu: “Pepe parlami del fuorigioco!”   A quella domanda rimasi perplesso: “Prof, il fuorigioco per quanto riguarda il calcio?” Lui rispose: “Ovvio, cosa pensavi?!” Così visto che io e il calcio eravamo praticamente una cosa sola risposi alla grande.
Sembrava  tutto finito quando ad un certo punto la professoressa di musica mi disse:“Aspetta un momento, suonami col flauto l’Inno alla Gioia!” Tensione, sudavo freddo ma feci tutto il pezzo alla perfezione così la professoressa fece scattare un applauso che mi sembrava di stare allo stadio, poi i professori mi dissero che potevo andare: ero stato promosso! Non ci credevo, ce l’avevo fatta, avevo finito le scuole!



[1] era il personaggio di un cartone animato
[2] un personaggio dei cartoni animati dei Puffi


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