giovedì 2 aprile 2020

CAPITOLO 18, CAPITOLO 19, CAPITOLO 20



18  IL RISTORANTE IN VENDITA

Lo zio continuava a lavorare da Maicol, io ormai cresciuto non giocavo più con Franco, ma bensì lo aiutavo dando una mano dietro al bancone.
Un giorno Maicol disse allo zio che a malincuore doveva licenziarlo perché Mimmo, il fratello, aveva intenzione di vendere il locale e trasferirsi nella magnifica Maiori e lui non riusciva a rilevare da solo il locale, anzi ne approfittò per chiedergli  se voleva mettersi in società con lui o addirittura comprarlo. Lo zio ci pensò, voleva prenderlo per lasciarmelo un domani, in modo da avere in futuro il lavoro assicurato. Parlandone con la zia, lei gli disse di stare con i piedi per terra, perché io ero ancora piccolo e non poteva  sapere se io avrei continuato in quel’ambito, e poi non avevamo i soldi per comprarlo. Lo zio lavorava solo il venerdì, il sabato e la domenica e guadagnava 100 mila lire a sera, la zia era pensionata da anni (tra di loro avevano quindici anni di differenza). Non c’erano i soldi per poterlo prendere e non si poteva fare il mutuo perché vi era già il mutuo della casa quindi lo convinse a non rilevare il locale, anche se a me sarebbe piaciuto. 
Era  rimasto senza lavoro, per fortuna  grazie alla sua bravura come cameriere e alle sue conoscenze tra meridionali, venne assunto al ristorante “La Ruota” di Gallarate. Sempre venerdì  sabato e domenica e sempre per 100 mila lire a serata.
Mimmo  intanto, si trasferì con la sua famiglia in costiera  trovando  lavoro come pizzaiolo in un ristorante, Maicol invece aveva convinto il fratello a temporeggiare la vendita del locale di  un anno in modo che Franco avesse finito la terza media poi l’avrebbe venduto, quindi rimase tutto in mano sua, ma ormai mio zio lavorava altrove quindi al suo postò subentrò il fidanzato di Marina.

Intanto l’anno scolastico continuava, stavamo arrivando al giorno della cresima, le cose tra papà e lo zio non erano cambiate, non si parlavano nè volevano vedersi,  e a rimetterci come sempre ero io infatti, il giorno della cresima papà, Angela e i miei fratelli erano stati esclusi come già successo per la comunione. Ancora una volta vennero esclusi dal pranzo e invitati solo in chiesa e ancora una volta la colpa la presi io. 

Giungemmo così alla fine dell’anno scolastico, solita  routine estiva, Busto tra amici e ragazze, Milano tra amici e ragazze, con Samanta rimase una buona  amicizia.


19  ULTIMO ANNO, IL Più BELLO

L’ultimo anno delle medie si prospettava il più bello, ma anche il più impegnativo.
L’anno della verità  per decidere cosa fare dopo le scuole medie, e io avevo le idee ben chiare su questo, ma partiamo dall’inizio.

Franco aveva finito la terza media, essendo un anno più grande di me, così Maicol in estate aveva finalmente venduto il locale. Con i soldi della vendita, avevano comprato un ristorante a Brescia (città d’origine del fidanzato di Marina) dove appunto, lavoravano la figlia e il marito che intanto si erano anche sposati così lei era sistemata; mentre Maicol, Franco e la madre erano rimasti ancora un po’ giù in Costiera Amalfitana  a godersi le vacanze.
Io, visto che non c’era più Franco, avevo lasciato la società di calcio a Dairago, e con il mio allenatore di calcio dell’oratorio, avevamo formato una squadra di calcio a 7 per partecipare al C.S.I. Questo campionato era diviso in categorie, noi partivamo dall’ultima: la serie D. Lì io giocavo come punta, all’ A.S.O. invece ero diventato portiere e a Dairago l’anno prima ero difensore, praticamente facevo ogni ruolo, mi mancava solo il centrocampista; che tra l’altro tifosissimo del Milan, mi piaceva giocare nel ruolo di Pirlo davanti la difesa per manovrare il tutto. Ovviamente nel  C.S.I. vi erano i miei più grandi amici non che anche compagni di classe; tra questi ve n’era uno di un anno più grande Alessandro, che diventò il mio grande amico… ma di questo ve ne parlerò più avanti.
L’anno prometteva molto bene, la mia classe era diventata tutta unita, infatti nei primi anni c’erano i secchioni, come in ogni classe che ovviamente facevano gli sbirri[1] se facevi qualcosa che non andava. Quell’anno invece eravamo un unico gruppo solido, tanto che nelle verifiche proprio i secchioni che prima guai se copiavi, ora facevano copiare tutta la classe. Poi  con la professoressa di  ginnastica, partecipammo anche ad una sfida tra scuole; ogni anno tutte le terze medie della città facevano un torneo  di pallavolo, ci si sfidava nelle diverse  palestre  e il vincitore vinceva una coppa, noi quell’anno ci classificammo primi, eravamo i più forti. Sempre quell’anno a scuola, nei giochi della gioventù che si fanno da quando sei in quarta elementare fino alla fine delle scuole dell’obbligo  allo stadio della nostra città, lo Speroni[2], io  vinsi la gara di velocità nei 100 metri. Non era la prima volta che la vincevo infatti, dalla quarta elementare alla terza media mi classificavo sempre primo o secondo,  essendo molto sportivo ero molto veloce e mi piacevano tanto i 100 metri.
Era un anno che si prospettava veramente pieno ed entusiasmante, ovviamente la voglia di studiare non mi era mai venuta, i miei voti erano sempre al limite della sufficienza  ma io mi accontentavo con piacere, una volta sola presi un distinto in religione e mi sentivo al settimo cielo. Le mie materie preferite erano ginnastica ovviamente, dove prendevo bei voti ma poi li perdevo col mio comportamento essendo molto agitato e una  peste, e italiano. Mi piaceva tantissimo scrivere e fare temi, ogni volta che mi mettevano davanti un foglio bianco e mi dicevano  d’inventare una storia, la mia fantasia prendeva piede. Anche in italiano prendevo bei voti ma sempre il mio comportamento e la mia voglia di studiare me li facevano abbassare; senza aggiungere che tutte le professoresse e i professori conoscevano a memoria il mio cognome. Ogni volta che varcavano la soglia della porta, io avevo sicuramente combinato qualcosa, e anche quando magari non ero stato io loro gridavano: ”Pepe... sei sempre il solito!” Ovviamente tutto questo con i capelli sparati in aria. Un giorno con la professoressa di musica che era la più temuta da noi perchè aveva un modo di fare molto autoritario, ci portò in sala musica dove lei suonava il piano girata ovviamente con la schiena verso di no; e noi dovevamo accompagnarla con i flauti, ma ogni volta facevamo apposta a fischiare o sbagliare, lei si girava  innervosendosi e  gridando  diventando tutta rossa: “Siete dei somari ottusi!” Noi ovviamente trattenevamo le risate, perché lo facevamo apposta ma quel giorno si innervosì così tanto che prese il flauto di un mio compagno e lo spacco il due contro la cattedra.                                 


20  CIAO MAICOL!

La terza media si rivelò l’anno più lungo ed intenso, forse perché era proprio l’ultimo anno prima di separarci tutti. Dopo due mesi dall’inizio arrivò una bruttissima notizia a casa mia, Maicol era morto!
La notizia mi fu data dalla zia perché lo zio non se la sentiva di dirmelo visto che io ero legatissimo a Franco (come un fratello per me) e ovviamente legatissimo al padre, come se fosse un altro zio. Noi oltre a vederci  sempre, ogni  tanto partivamo tutti insieme, Maicol, la moglie, Marina,  Franco, io e gli zii per trascorrere qualche weekend da qualche parte, mi ricordo che una volta andammo a Pisa. C’era un legame unico intenso tra le nostre famiglie e tra noi.
Ovviamente volevo sapere come era successo, cosi la zia me lo raccontò. Maicol già in passato aveva avuto un  infarto e  mentre si trova giù in cortile in costiera, stava lavando la macchina con Franco quando gli venne di nuovo un infarto ma sta volta ci rimase  davanti a suo figlio.
La notizia la presi malissimo, tanto che feci due giorni  a piangere. La mamma di Franco, decise di rientrare a Busto dove avevano la casa di fianco alla nostra per  venderla e trasferirsi a Brescia con la figlia. Franco non voleva lasciar la città dove era cresciuto e gli amici, così fece un patto con la mamma; avendo diciassette anni avrebbe cercato lavoro e se l’avesse trovato sarebbero rimasti qui. Io lo aiutavo tantissimo perché non volevo che se ne andasse, ma non trovò nulla; così nel giro di due mesi vendettero la casa e si trasferirono a Brescia con la sorella dove Franco lavora tutt’ora… ma di lui non so  più nulla.


[1] la spia
[2] dove gioca la Pro Patria, la squadra di calcio di Busto Arsizio

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