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PERDITA DEL LAVORO
Al lavoro oltre al capo, avevo due colleghi Giuseppe, che diciamo era la
pecora nera della ditta ma era un amico dello zio, e Rino. Ormai erano già
quattro anni che lavoravo come fabbro, e con Rino in tutto quel tempo era nato
un bellissimo rapporto. Ci divertivamo
tantissimo insieme al lavoro, parlavamo tanto, mi faceva sfogare e molte volte
mi faceva crescere aiutandomi con consigli, mi trattava come un fratellino. Io
e lui non avevamo un bel rapporto con Giuseppe, perché lui ne combinava sempre
una quindi gli stavamo un po’ lontani… Giuseppe non aveva rispetto di nessuno
pensava solo a se stesso.
Ricordo che erano le nove del mattino e una volta io e lui litigammo di
brutto, arrivò a spingermi e a mettermi quasi le mani addosso, io gli dissi di
colpirmi se aveva il coraggio ma lui prese, uscì e andò a chiamare il capo. Io
dal nervoso presi un pezzo di ferro scagliandolo per terra, Rino mi spiegò che
non era intervenuto altrimenti l’avrebbe aperto in quattro. Arrivato il capo
gli spiegammo l’accaduto e mise tutto a tacere.
Tornando a casa non mangiai dal nervoso, la zia e lo zio vollero sapere
cos’era successo, ma io non volevo preoccuparli. Avevamo già così tanti
problemi in casa! Alla fine gli raccontai tutto e feci promettere a mio zio che
non sarebbe intervenuto conoscendo Giuseppe, ma nel pomeriggio quando io andai
al lavoro arrivò anche mio zio che voleva parlare con lui. Ci fu una specie di
riunione tra me, il capo, Giuseppe e lo zio. Chiarito l’accaduto tornò a casa
ma io ero infastidito perché lo zio aveva già i suoi problemi, mi sentivo in
colpa. Da quel giorno con Giuseppe le cose degenerarono, io e Rino non uscivamo
più con lui a posare i lavori, e lui ogni volta mi faceva gli scherzispostandomi
i vestiti, mi spostava il motorino, mi sgonfiava le ruote, me lo ingolfava. Fin
quando un giorno non ce la feci più ed esplosi, tanto da arrivare al faccia a
faccia con lui. Ci stavamo per picchiare, io avevo diciotto anni lui quaranta,
ma dalla rabbia che avevo sicuramente sarebbe finita male. A quel punto
intervenne il capo ma io, dal nervoso, mandai tutti a quel paese e mi licenziai
andandomene a casa. Rino ci rimase molto male perché invece di mandare a casa Giuseppe
e fermare me, aveva fatto il contrario!
Gli zii vedendomi tornare a casa prima del dovuto, capirono subito che le
cose erano degenerate e conoscendomi bene, sapevano che mi ero licenziato. Il
problema era che eravamo quasi sotto le vacanze estive, avevo diciotto anni e
doveva arrivarmi la cartolina del militare: trovare un nuovo lavoro in quel
momento sarebbe stata dura.
Mi sentivo in colpa così mi diedi subito da fare, ma come non detto esattamente
una settimana dopo arrivò a casa la cartolina del militare. A settembre dovevo
presentarmi in caserma per fare i tre giorni. Io non volevo andare
assolutamente al militare, non volevo allontanarmi dagli zii. Dovevo trovare
una soluzione per saltarlo, così parlai subito con qualche mio amico per
cercare un rimedio, l’unica cosa che potevo fare era trovare un lavoro per
dimostrare che ero l’unico a portare a casa i soldi, quindi essendo sostegno famigliare mi
avrebbero esonerato. Si rilevò difficilissimo, nessuno voleva rischiare di
assumere un ragazzo che sarebbe potuto partire a novembre per il militare.
Lo zio da una parte era contento, perché almeno poteva occuparsi della
sua malattia senza dover pensare a me che ero senza lavoro, la zia invece era
molto triste perché non voleva lasciarmi andare, però io non potevo farle
vedere che ero triste perché si sarebbe depressa, quindi gli dicevo sempre:
“Massì cosa vuoi che sia, starò lontano solo undici mesi poi torno!” Ma in cuor
mio invece ci stavo malissimo. Però lei si
sentiva più tranquilla perché
pensava l’avessi presa bene.
L’estate sempre più vicina, iniziavo a perdere le speranze di poter
trovare un lavoro, così mi rassegnai e visto che era ormai giugno parlai col
prete per poter fare l’oratorio feriale. Intanto lo zio voleva andare al mare
al paesello perché aveva paura di non poterci più tornare, ma la zia non voleva
perché non accettava l’idea che lo zio si mettesse a guidare ed affrontare un
viaggio così lungo nelle sue condizioni.
Finito l’oratorio feriale la zia mi disse di andare tranquillamente in
vacanza che allo zio ci avrebbe pensato lei, l’oratorio come ogni anno
organizzava le vacanze estive insieme, io non c’ero mai andato. Quell'anno il Don
mi convinse a fare la vacanza estiva con loro a Folgaria, io accettai subito
perché ci andavano tutti i miei amici di oratorio e di compagnia.
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VACANZE IN VISTA
Il Don chiese a me e a Vittorio, un mio amico, di partire quattro giorni
prima con due genitori -che avrebbero fatto i cuochi durante il nostro
soggiorno- in modo da preparare le stanze per il resto del gruppo. Io e
lui accettammo. Una volta arrivati a
Folgaria, ci mettemmo subito al lavoro per preparare la casa per tutti i nostri
amici, ci divertimmo un macello.
Una volta arrivato il resto del gruppo poteva iniziare la vacanza; fu uno
spasso unico, ne combinavamo sempre una
facendo anche disperare qualche volta il prete. Il Don fece le stanze,
io ero capitato in camera con Mattia, Gennaro, Vittorio, Andrea, una delle
camere più casiniste perché facevamo a gara con la camera di fronte che era
composta da Renato, Maurizio, Carlo, Giovanni e Massimiliano.
La giornata tipo era: sveglia alle sette con la musica “a palla” che metteva
il nostro educatore Pietro (il primo giorno dallo spavento caddi anche dal
letto a castello, meno male che sotto c’era il letto di Gennaro che ammortizzò il colpo,
però finii addosso a lui). Una volta svegliati, lavati e pronti, alle
otto lodi mattutine fino le nove, poi
tempo per fare i compiti per chi studiava ancora, mentre gli altri giocavano nel parco
della villa. A mezzogiorno il Don ci aveva diviso in tre squadre: ogni squadra
aveva i suoi compiti, a rotazione si preparava la tavola, si serviva al tavolo,
si sparecchiava e si puliva. Naturalmente vi era un punteggio, io e Vittorio
chiaramente eravamo nella squadra più casinista del gruppo. Il pomeriggio c’era
la preghiera pomeridiana, il gioco
insieme e alle quattro si andava tutti in centro a mangiare il gelato, poi tempo libero fino le sei e
mezza dove, si rientrava e si facevano i
vesperi. Finito ciò le squadre preparavano per la cena. Una volta finita la
cena, la serata era libera; andavamo in centro dividendoci nei bar e in sala
giochi per poi rientrare alle undici per
la preghiera, poi tutti a
letto. Questa era la giornata tipo!
Anche in vacanza naturalmente, c’erano i primi inciuci, i primi amori
estivi; io corteggiavo Viviana una bellissima ragazza bionda, occhi chiari,
fisico mozzafiato, niente male. Ma nello stesso tempo, mi venivano dietro altre
due ragazze di nome Bruna e Stefania; erano gelosissime l’una dell’altra, gli
sguardi che si lanciavano erano di fuoco e io mi divertivo a vedere tre ragazze
che mi contendevano. Alla fine mi ero deciso, avevo scelto di mettermi insieme a
Viviana, ma lei si era stancata
di questa situazione e aveva baciato un
altro ragazzo, Alfio, così io ci rimasi male e alla fine non mi misi insieme a
nessuna delle tre.
Un episodio che ricordo bene, e che fece arrabbiare tantissimo il Don fu
che come ogni volta ci eravamo divisi in gruppo, uno di questi andò in un bar e
alle undici tornò a casa; l’altro gruppo
andò in una piccola discoteca,
ovviamente io e i più casinisti facevamo parte di questo gruppo. Ci
dimenticammo di guardare l’orologio, tornando
a casa a mezzanotte. Il Don, con il resto del gruppo era nel salone che
ci aspettava per la preghiera, noi cercammo subito una scusa da
raccontagli ma appena entrammo lui ci
fulminò con lo sguardo e ci disse: “Adesso sedetevi in silenzio e il primo che
fiata stasera dorme con me, finita la preghiera a letto e non voglio sentire
fiatare nessuno!” Si, perché noi la sera facevamo sempre macello e non
dormivamo prima dell’una.
La vacanza purtroppo giungeva alla fine, gli ultimi due giorni ricordo
che furono i più spettacolari. Dopo la sveglia e la preghiera, un giocone
insieme tipo guardie e ladri ma nei boschi come Rambo, poi finito quello un altro
gioco, era il gioco dei numeri (praticamente tu avevi una targhetta in testa
con scritto dei numeri, e dovevi coprirli
usando qualsiasi cosa asfalto, alberi, panchine, cestino, compagni,
tutto ma non le mani. Se l’avversario riusciva a leggerti i numeri, vinceva la tua targhetta
e tu dovevi andare a prenderne
un'altra. Vinceva la squadra che conquistava più targhette. Finito di
giocare ci aspettava un pranzo speciale
preparato dalle cuoche, preghiera e un altro giocone sempre a punti. Gli
educatori, usando una collinetta e un telo di plastica, avevano costruito una parete scivolosa dove
buttavano acqua con sapone. Una squadra doveva cercare di salire fino in cima,
mentre le altre due squadre le lanciavano gavettoni pieni di acqua e farina
addosso; vinceva la squadra che riusciva a far salire più persone in cima. Una
volta finito di giocare doccia per tutti perché eravamo conciati da buttare,
mentre le cuoche ci preparavano la cena speciale. Finito ciò preghiera, e la
sera alle nove caccia al tesoro per tutta la città. Ogni caposquadra, aveva una radiolina con cui si metteva in
contatto con il Don alla centrale, la centrale era la villa. Dovevamo risolvere gli indovinelli e i giochi
preparati dagli educatori, per recuperare gli indizi che servivano a trovare il
tesoro. Ricordo che un indizio si trovava dentro un cimitero, la mia squadra
era composta da me, Vittorio, Kelly, Fabiana, Stefania e Andrea. Dovevamo
entrare nel cimitero, ma avevamo una paura tremenda, era notte, con solo i
lumini accesi, terrore sui nostri volti. Io e Vittorio eravamo abbracciati
mentre parlavamo con la radiolina al Don dicendo che ce la stavamo facendo
addosso, ad un certo punto da dietro un muretto sbucò fuori un educatore
vestito di bianco col cappuccio tipo rito satanico, in quel momento ci
stringemmo tutti forte e ci mettemmo a gridare mentre il Don dall’ altra parte
della radiolina scoppiò a ridere. Dopo aver sorpassato l’ultimo ostacolo del
cimitero, tutte le squadre si trovarono nel bosco della villa a cercare il
tesoro, purtroppo noi perdemmo. Finita
la serata tutti a letto, inutile dire il macello.
Il giorno dopo invece, sempre dopo
la solita routine, alle dieci una messa speciale dove al posto
della predica ognuno poteva lasciare un commento, dire due parole sulla vacanza
trascorsa. Al momento dello scambio
della pace, invece di stringere la mano come si fa di solito ci scambiammo
abbracci. Tutti scoppiammo in lacrime. Una messa spettacolare. Il
pomeriggio, divisi sempre per squadre
con ognuno un educatore diverso, noi eravamo finiti con Pietro che ci fece fare
un lavoro speciale, su un cartellone
ognuno di noi doveva scrivere i sentimenti provati durante quella vacanza con sottofondo musicaòe e poi leggerli agli
altri… inutile dire che anche ci furono commozione e lacrime per una vacanza
spettacolare giunta al termine. La sera
dopo la cena, preparata dai cuochi, il Don aveva preparato una corrida,
in pratica ogni persona doveva creare un
gruppo, decidevamo noi se singolarmente o con più persone, e doveva inventarsi
qualcosa: giochi, balli, canti, scenette, che poi doveva interpretare davanti
al resto del gruppo proprio come una corrida. Io avevo scelto di stare con Massimiliano
e Giovanni. Io e Massimiliano cantavamo: “Hanno ucciso l’uomo ragno” degli 883
mentre Giovanni con una cuffia in testa faceva Spiderman, entrando e lanciando
la carta igienica come fosse una ragnatela. Finite tutte le esibizioni, tutti
davanti al falò a cantare e bere vin brulè… il giorno dopo il rientro a
casa tra lacrime e tristezza per una
vacanza finita.
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COLPO DI FORTUNA
Vacanze finite, rientrato a Busto e subito dovetti partire per i tre
giorni di leva.
Sveglia presto, direzione caserma Militare di Milano, io non volevo assolutamente
fare il militare… dovevo trovare una soluzione per saltarlo. Qualche giorno
prima il papà di Vittorio mi disse che per farmi saltare il militare mi avrebbe
assunto a lavorare con lui, aveva un’impresa edile, così io sarei stato l’unico
a portare a casa soldi, e quindi sarei stato esonerato come sostegno familiare…
ero più tranquillo.
Il primo giorno di visita bisognava fare tutti gli esami di salute
necessari, il secondo giorno di visita era previsto il colloquio con il
maresciallo e un test di trecento domande, a cui bisognava rispondere con delle
crocette. Mi ricordo che le domande erano demenziali tipo: “Se vedi uno che si taglia le vene cosa fai?
Chiami aiuto, lo aiuti tamponandogli la ferita, o lo guardi ridendo?” A leggere
quelle domande tutti sorridevamo e ci domandavamo se erano normali, il maresciallo
disse che servivano per capire cosa passava nella nostra testa! Fin lì, risultò
tutto apposto quindi 80% arruolabile. Il terzo giorno era quello più
importante, ti prendevano peso, altezza e impronte digitali, arrivavano gli
esiti che confermavano se era tutto apposto e sostenevi il colloquio col medico
durante il quale d:ovevi dire se avevi avuto operazioni, allergie, traumi o
qualche problema di salute; se il medico ti riteneva idoneo, passavi
direttamente dallo psicologo ed eri matematicamente arruolato.
Toccava a me: peso, altezza, esiti degli esami perfetti, impronte
digitali… eccomi arrivato dal medico! Mi chiese se avevo allergie, problemi di
salute o avevo avuto traumi, io gli risposi che ero allergico al polline e
all’erba, fin li tutto apposto quindi arruolabile. Ad un certo punto gli dissi
che giocando a calcio all’età di sedici anni avevo fatto una commozione
celebrale, lui mi chiese se era solo una scusa per essere scartato, ma io
l’avevo fatta veramente, mi chiese se avevo con me gli esami solo che io non li
avevo dietro, anche perché risalivano a quando avevo sedici anni, ne erano
passati due. Quindi una botta di fortuna incredibile, il medico mi scrisse sul
referto: rivedibile. Dovevo tornare l’anno successivo con gli esami fatti, solo
che l’anno successivo sarebbe finito l’obbligo del militare e sarebbe diventato
facoltativo. Non potete neanche immaginare la gioia, ero riuscito a saltare il
militare.
Tornai a casa e raccontando tutto alla zia, anche lei era stra-felice
perché non l’avrei abbandonata, andava tutto a meraviglia: militare saltato e
potevo iniziare a lavorare con Costanzo!
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