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BAGNO AL MARE? NO, ACQUA SANTA!
Tutti pronti per partire per questa nuova avventura insieme, direzione
Lourdes. Ore sette di sera tutti in stazione centrale a Busto Arsizio, una
volta arrivati dovevamo caricare il treno. Il treno era un treno specifico con
vagoni attrezzati per i malati, vi era anche il vagone infermeria, nel caso di
necessità e il vagone dove poter celebrare la messa il giorno dopo. Nessuno di
noi aveva mai visto quel tipo di treno, la stazione era piena di pellegrini,
volontari barellieri e parenti per i saluti prima di partire.
Quella sera, oltre ai parenti, erano venuti a salutarci anche tutti gli
amici dell’oratorio, i ragazzi e le ragazze con cui avevamo passato tutto
l’oratorio feriale. Tra loro vi era anche Rebecca, nonostante le voci e i
giudizi della gente la nostra storia proseguiva a meraviglia.
Ore venti tutti in carrozza pronti per partire, noi ragazzi dell’oratorio
eravamo divisi in cuccette da quattro, e ogni cuccetta aveva un responsabile
capogruppo dell’UNITALSI; io ero finito in cuccetta con Leonardo, Piero e
Riccardo -un ragazzo simpaticissimo che era il nostro capogruppo-. Ognuno di
noi aveva un turno di guardia in modo da essere sempre reperibili in caso di
necessità per qualche servizio ai malati o per eventuali imprevisti che
potevano accadere. Io e Leonardo avevamo il primo turno, forse quello più
pesante dalle nove di sera alle cinque del mattino, quindi subito una volta partiti, dopo ci
davano il cambio Riccardo e Piero che avevano il secondo turno dalle cinque a
mezzogiorno. Tutti quelli del primo
turno dovevano passeggiare nei corridoi per vedere se procedeva tutto
perfettamente e ovviamente ne approfittavamo per parlare e tenersi svegli l’un
l’altro. Devo dire che nonostante fosse
il turno più pesante era anche il più bello perché essendo notte vi era
l’arietta fresca e comunque si poteva guardare tutto il paesaggio e lo
spettacolo del cielo stellato che ti passava davanti, uno spettacolo unico.
Intanto il nostro capogruppo ci raccontava un po’ di cose di Lourdes, le sue
esperienze, ad un certo punto ci disse: “Godetevi a pieno questa esperienza,
perché fare il barelliere non vuol dire solo aiutare la gente, ma tornerete a
casa con un carico d’esperienza inimmaginabile e imparerete tanto!” Noi
ovviamente alla nostra prima esperienza non capivamo, anche perché sapevamo che
noi andavamo per fare del bene e non avremmo potuto immaginare che sarebbe
stata una lezione di vita bellissima per noi. Alle cinque arrivammo al primo
stop, Ventimiglia, noi tutti volontari con tutti i capogruppo dovevamo scendere
dal treno per fare rifornimento. Fare rifornimento che significa? Praticamente c’erano bancali di cibo,
bevande, carta, caffè, sapone, bende, farmaci… tutto quello che serviva per il
viaggio per tutti gli ammalati, per le colazioni e per il pranzo praticamente
tutto. Una volta fatto rifornimento, si ripartiva per la nostra meta.
Intanto il turno mio e di Leonardo era finito, iniziava il secondo turno
quello di Riccardo e Piero, quindi noi che aveva fatto il turno rientravamo
nella cuccetta per dormire. Una volta toccato il letto, tempo due secondi e ci
addormentammo dormendo profondamente fino alle dieci, praticamente solo cinque
ore, si perché purtroppo visto che erano letti a castello e io ero nel letto
sotto, da sotto la tendina entrò un raggio di sole che mi svegliò e non riuscii
più a prendere sonno. Così uscii ed aiutai anche nel secondo turno a
distribuire le colazioni per gli ammalati.
Alle dieci e mezza ci fu la Messa per tutti, gli ammalati che riuscivano
e i barellieri che non erano di turno potevano andare nel vagone attrezzato per
la messa, ovviamente non ci si stava tutti, quindi la messa si poteva ascoltare
dalle casse che vi erano in tutto il treno. Finita la messa bisognava andare in
un vagone attrezzato per preparare i sacchetti del pranzo e portarli a tutti i
viaggiatori. A mezzogiorno ci fu il pranzo, e poi continuammo il viaggio
aspettando di arrivare, sempre parlando e guardando fuori il meraviglioso paesaggio.
Finalmente alla fine arrivammo a
destinazione, non mi ricordo bene a che ora. Una volta arrivati dovevamo
scaricare il treno da tutto quello che era avanzato, far scendere tutti i
passeggeri, caricare tutto sui pullman che ci avrebbero portato alla struttura
ospedaliera dove avremmo iniziato l’avventura.
Ci dividemmo in camere, io ero nella camera da tre ed ero con Leonardo e
Piero, gli stessi compagni di vagone mentre Riccardo era con altri amici;
quella sera ricordo che non facemmo nulla perché eravamo morti e la sveglia
mattutina era alle cinque, quindi andammo subito tutti a letto.
Il pellegrinaggio poteva iniziare, per noi volontari vi erano regole ben
precise.
L’abbigliamento per i maschi jeans azzurri e maglietta polo blu scuro
fornita dall’UNITALSI, per le ragazze invece vestito da crocerossine bianco: ad
agosto con almeno 30° all’ombra, non vi dico il caldo.
La nostra giornata era così composta: ore cinque del mattino sveglia,
lavarsi e prepararsi, alle sei tutti giù nel cortile per andare nel palazzo
affianco a prendere gli ammalati, chi in carrozzina chi col risciò. Il risciò,
era tipo una carrozza verde dove salivano gli ammalati che non erano in
carrozzella, erano portati da due persone, un barelliere lo doveva tirare da
davanti e un barelliere lo spingeva da dietro, bisognava essere per forza in
due altrimenti era un massacro. Una volta recuperati tutti gli ammalati,
bisognava portarli al salone per la colazione, si preparavano tutti i tavoli e
si aiutava a fargli fare colazione. Finito ciò, si sparecchiavano tutti i
tavoli, si puliva e alle sei e mezza si partiva per andare in chiesa dove alle
sette iniziava la messa per gli ammalati. Una volta finita la messa alle otto
si riportavano al palazzo, e alle otto e mezza andavamo a fare colazione noi
fino le nove, finita colazione si ritornava a prendere gli ammalati per portali
in giro tipo processione. Questo fino mezzogiorno, perché poi bisognava portarli nella sala pranzo dove si preparava
per farli mangiare, li servivamo, sparecchiavamo e pulivamo. Finito il pranzo
li riportavamo nelle stanze per il riposino e noi andavamo a mangiare.
Avevamo un’ora a nostra disposizione per
mangiare e ripulire; poi solo mezzoretta di relax, per poi tornare a riprendere
gli ammalati per il giro di svago quotidiano. I capogruppo ci consigliavano
ogni giorno di cambiare ammalato per due semplici motivi, il primo era in modo
da non affezionarci troppo alla persona, e il secondo motivo perché potevamo conoscere più ammalati e le
loro esperienze. Il giro di svago diciamo così, finiva alle quattro del
pomeriggio, perché poi iniziava la messa quindi si tornava in chiesa fino le
cinque. Alle cinque ultimo giretto per gli ammalati e alle sei di nuovo in
stanza mentre noi ci recavamo nella sala colazione per preparare i tavoli per
la cena. Alle sette si tornava a prendere gli ammalati in modo da farli cenare.
Finita la cena, si andava in sala relax con loro e chi voleva giocava a carte,
guardava la televisione sempre con gli ammalati oppure, ogni giorno ci inventavamo uno spettacolino,
si facevamo delle canzoni, o dei giochi, tutto per farli divertire e li, la
conoscenza diventava più forte perché ci raccontavano le loro esperienze, la
loro malattia e la loro gioventù, il rapporto si rafforzava. Non affezionarsi a
loro era impossibile! Tutto questo fino alle nove perché dopo iniziava la
processione per la città con solo la luce delle candele che ognuno aveva in
mano, fino ad arrivare alla grotta di Lourdes dove si celebrava il rosario e
alle undici si riportavano gli ammalati in camera. La giornata a questo punto
era finita, il Don dopo ci dava tempo libero illimitato, quindi potevamo fare
svago, ricordandoci però che alle cinque ripartiva tutto; così per sette giorni
consecutivi. Noi reggevamo solo fino mezzanotte a parlare scherzare poi
crollavamo tutti dalla stanchezza.
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L’ATMOSFERA TRADISCE
I giorni passavano velocemente, l’atmosfera che si respirava lì era
fantastica: un’esperienza di vita veramente unica. Noi dell’oratorio nel poco
tempo libero che ci rimaneva avevamo fatto amicizia con altri ragazzi che erano
venuti a fare anch’essi i volontari, eravamo diventati un unico gruppo.
Ogni tanto i miei compagni d’oratorio, mi chiedevano come andava con Rebecca
per tenersi informati, per vedere se io avessi cambiato idea. Un giorno ebbi un
confronto anche col Don, mi disse di lasciarla perdere, che era una storia che
non aveva un futuro, che non poteva continuare e che sicuramente lei al mare si
era già dimenticata di me e magari mi faceva anche le corna.
Io e Leonardo intanto avevamo
stretto una forte amicizia con tre sorelle che venivano anch’esse da Busto, e
io mi avvicinai tanto ad una di loro e il nostro rapporto stava cambiando. Ma
in cuor mio sapevo che stavo commettendo un grosso errore, solo che la
pressione dei miei amici e le parole del Don iniziavano a farmi pensare: e se Rebecca
si fosse veramente dimenticata di me e se mi avesse fatto le corna?
Intanto, la nostra vacanza stava giungendo al termine, eravamo arrivati
all’ultimo giorno. Forse quello più bello ed intenso. La giornata era composta
così: sveglia per tutti alle sei, prepararsi e per le sette andare a prendere
gli ammalati, portarli a fare colazione solo che sta volta la facemmo tutti
insieme fino alle nove, poi ci mettemmo in marcia per andare in chiesa a
celebrare una messa speciale, dove finito ciò tutti i barellieri volontari
vennero chiamati sull’altare uno ad uno, per ricevere un attestato e un piccolo
dono per il lavoro svolto. Sotto l’applauso di tutti i pellegrini e il loro
ringraziamento, una messa veramente commuovente. Finita la messa, giro con loro
per la città fino l’ora di pranzo quando facemmo ritorno al palazzo per
pranzare tutti insieme. Poi come sempre riposino per tutti, anche per noi sta
volta. Alle tre ritrovo per recuperare gli ammalati per portarli in giro, chi a
prendere souvenir, chi a far foto ricordo per Lourdes, chi a riempire le
bottigliette d’acqua santa. Una scena che non dimenticherò mai è di Gennaro e
Carlo, due miei grandi amici tifosissimi dell’Inter, che avevano portato una
maglietta dell’Inter appunto e l’avevano messa sotto l’acqua santa. Tutti giù a
ridere!
Altri ammalati invece venivano, accompagnati nella struttura dove vi era
la piscina per fare il bagno nell’acqua santa. Anche molti di noi lo fecero e
dissero che era un’esperienza veramente unica, praticamente ti lasci cadere
dentro l’acqua santa freddissima ed esci asciutto, così dicono. Purtroppo non
tutti riuscimmo a farlo perché la coda era lunghissima e questo è un piccolo
rammarico che porto nel cuore. Finito tutto questo, intorno alle quattro
portavamo gli ammalati in sala relax, dove chi voleva poteva stare lì con loro
chi voleva invece poteva andare a comprare qualche ricordo da portare a casa;
io, Leonardo e le tre sorelle eravamo sempre insieme. Alle sei si tornava e si
preparava per la cena, sempre tutti insieme, alle otto finita la cena ci si
recava sul piazzale dove si fece una processione speciale, arrivando fino ad
una chiesa bellissima, lì vi era la messa in tutte le lingue. Fu l’ultima messa
prima del ritorno a casa, ognuno aveva i posti predestinati: pellegrini da una
parte, crocerossine, barellieri, medici, forze dell’ordine dall’altra, uno
spettacolo unico. Finita la messa, intorno alle dieci di sera; tutti in sala relax, per lo spettacolo che
noi avevamo organizzato per tutti gli ammalati come ringraziamento della
magnifica esperienza, e del tempo passato insieme. Alla fine dello spettacolo,
i saluti con quelli che avevano scelto di tornare a casa con l’aereo. Lacrime e
abbracci, perché come avevano già detto i capogruppo all’inizio della vacanza,
ci eravamo affezionati a loro. Invece per tutti gli altri che ritornavano col
treno, era ora di riaccompagnarli nelle stanze per la notte. La giornata a
questo punto finiva, come sempre intorno alle undici. Arrivò il momento del
nostro relax e tempo libero; essendo l’ultima sera ed essendo stata una vacanza
eccezionale, nessuno voleva andare a dormire, avevamo il magone. Alcuni
rimasero in sala relax, invece io insieme ad altri, ci recammo per l’ultima
volta alla grotta della madonnina, per l’ultimo saluto. Quella sera purtroppo,
sarà l’atmosfera, sarà che era l’ultima sera, sarà l’amicizia nata, saranno
state le parole degli amici e del prete che continuavano a girarmi in testa,
tra me e una delle sorelle scattò un bacio! Mi accorsi subito del mio errore, e
quindi tornai subito nella mia stanza. Tra noi ci fu soltanto quel bacio.
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RITORNO A CASA
La mattina la sveglia era sempre presto, dovevamo caricare il pullman,
che ci avrebbe accompagnato in stazione. Ore sette: tutti gli ammalati come
all’andata, venivano portati con un pullman speciale; li avremmo rivisti in
stazione. Alle otto eravamo tutti pronti per partire, ricaricando il treno
praticamente come l’andata. Una volta carico il treno, bisognava aspettare
l’orario di partenza. Allora noi, per ammazzare un po’ il tempo e non farlo
sentire troppo lungo, iniziammo ad andare avanti e indietro per la stazione
facendo canzoni e balli sotto lo sguardo di tutti i passeggeri affacciati ai
finestrini. Applauso guadagnato era ora di partire!
Come all’andata, eravamo divisi in cuccette e a turni, io e Leonardo
avevamo sempre il primo turno, ma siccome era giorno, era dalle dieci di
mattina alle sei di pomeriggio; poi cambio con gli altri due compagni di
cuccetta. Siccome nessuno voleva tornare a casa tutti ci sparammo un turno
unico, fino alle tre di notte, dopo a letto e subentrarono tutti i capogruppo dell’UNITALSI.
Guardando fuori, il bellissimo paesaggio e parlando tra noi io continuavo
a pensare allo sbaglio che avevo commesso, non mi davo pace. Ad un certo punto,
alcuni miei amici iniziarono a prendermi in giro, dicendomi: “Che te ne frega,
è capitato, del resto pensavi che la storia con Rebecca fosse andata
avanti! Si vedeva che era solo una
storia estiva.” Ma io nella mia testa sapevo che non era così, ci stavo
malissimo. Ad un certo punto un altro mio amico, Giovanni, mi disse: ”Dai Pe, guarda il lato positivo, almeno
questa ragazza è più grande, non fai il pedofilo!” A quella frase non capii più
nulla, lo spinsi nella cuccetta e gli tirai uno schiaffone, sotto lo
sguardo degli altri e del Don. Subito
capirono che in realtà per me vi era qualcosa di forte nel cuore e capirono che
dovevano smetterla. Intanto che il viaggio
continuava, il Don ne approfittò per parlare con me. “Vedrai che quando
tornerai a casa, spiegando bene le cose, tornerà tutto a posto! Poi ascolta il
mio consiglio, state tornando a casa con un bagaglio d’esperienza immenso, non
sprecatelo. Questa è una parte di vita che porterete sempre nel cuore, ora che
torniamo a casa non ti staccare ancora dall’oratorio, rimani e torna a fare catechismo. Poi perché non scrivi un
articolo su CantoNovo[1]?”
Io però non avevo mai scritto un articolo quindi ero dubbioso. Il Don mi capiva
sempre, non voleva più che cadessi in depressione e voleva che stessi legato
all’oratorio perché vedeva in me un grande potenziale, che io non vedevo
ancora!
Il tempo volò velocemente sta volta, arrivammo alla stazione di Busto
dove era piena di parenti e amici che ci aspettavano. Per tutti tranne che per
me, sì perché Chiara era al mare e i miei zii anziani rimasero a casa ad
aspettarmi. Saluti finali con i compagni di viaggio, abbraccio come sempre con
la mia grande amica del cuore Veronica che mi era stata molto vicino in quei
giorni, tirandomi sù, facendomi sfogare, dicendomi che si sarebbe chiarito
tutto; meno male che come sempre al mio fianco c’era lei. Arrivarono anche le
tre sorelle a salutare me e Leonardo, la ragazza che avevo baciato voleva che
continuassimo la relazione ma io non me la sentivo proprio, così le dissi che
era stato solo uno sbaglio e tornai a casa.
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CHIARIMENTI E ARTICOLO
Le vacanze stavano giungendo al termine, eravamo quasi arrivati a fine
agosto, tornò anche Rebecca dal mare. Io dovevo spiegarle la situazione e
sperare che mi perdonasse, non mi ricordo bene come andarono le cose, so solo
che mi perdonò e rimasi con lei più forte di prima.
Intanto a fine agosto uscì il nostro giornalino parrocchiale CantoNovo e
trovai un articolo scritto da una mia compagna di viaggio, Ada, che raccontava
la magnifica esperienza di questo pellegrinaggio.
“Lourdes: un ricordo che ti
accompagna!
Lourdes è un esperienza che rifarei
perché mi ha lasciato tanto, forse troppo. Sul treno dell’andata avevo mille
incertezze e la presunzione di credere di voler andare a fare chissà quale
grande cosa… in realtà stavo andando a ricevere un’emozione forte,
un’esperienza indimenticabile. Ciò che più mi ha colpito di Lourdes è l’estrema
semplicità delle persone, dei gesti, degli sguardi e dei sorrisi… Semplicità e
rispetto non solo da parte di dame e barellieri nei confronti dei malati, ma
anche e soprattutto viceversa. Porto nel cuore la signora Carla che si
preoccupava che io non mi affaticassi troppo nel trasportarla in carrozzina o
la signora Giovanna che, con i suoi occhi azzurri un po’ stanchi, mi accoglieva
sempre con un dolce sorriso e mi insegnava con umiltà i suoi valori più grandi.
A Lourdes ho respirato un’atmosfera di preghiera e raccoglimento mai provata
prima. Un raccoglimento non imposto, ma che viene spontaneo assumere quando
vedi un giovane in ginocchio davanti alla grotta o un’anziana signora stringere
con fede un flambeau tra le sue mani segnate dal tempo. Nonostante le molte
funzioni e processioni, le ore sembravano quasi scorrere a rilento, come se mi
volessero dare la possibilità di cogliere anche lo sguardo più sfuggente o la
preghiera più silenziosa. Penso che Lourdes,
sia un’esperienza forte e d’impatto soprattutto per noi giovani che, con
i nostri sorrisi e il nostro entusiasmo, possiamo davvero portare una ventata
di freschezza tra anziani e malati. Lourdes è preghiera, fede, servizio e
dedizione, ma anche comunione, contatto umano, condivisione… e il donarsi agli
altri fa nascere un ricordo che ti accompagna a lungo dopo il ritorno”.
A leggere l’articolo di Ada, cominciai a pensare alla proposta del Don,
cioè di scrivere anche io un articolo su CantoNovo. Così un giorno che ero a
casa, mi misi in sala da solo e riguardando tutte le migliaia di foto che avevo
fatto a Lourdes, ripensando a tutti i momenti belli trascorsi con i miei amici,
ma soprattutto con gli ammalati, prendendo un foglio bianco e una penna
incominciai a scrivere. Io avevo sempre avuto il dono della scrittura, in molti
me lo dicevano. Ogni volta che mi mettevo da solo a pensare con un foglio
bianco davanti e una penna in mano, la mia fantasia mi si apriva, si apriva un
mondo nuovo, le emozioni uscivano da sole e il foglio bianco iniziava a
prendere colore, cosa ne uscì quel giorno? Quel giorno ne uscì l’articolo per
CantoNovo, venne pubblicato nel mese di settembre. Appena uscì, tanti furono i ringraziamenti da
parte della gente, tante furono le chiamate di complimenti per ciò che avevo
racchiuso in poche righe, la felicità per ciò che avevo fatto era tanta. Il
primo settembre, avevamo il pranzo in oratorio organizzato dall’UNITALSI, ci
volevano ringraziare nuovamente per l’ottimo lavoro svolto a Lourdes. Dopo
pranzo tutti in teatro a vedere le foto della vacanza, finite le foto, pensieri
e ringraziamenti dal responsabile dell’UNITALSI, sul palco. Ad un tratto il mio
articolo, letto davanti a tutti, imbarazzo totale, ero uno molto timido, diventai tutto rosso, un applauso unico perché in
quelle poche righe avevo centrato il cuore di tutti! Cosa scrissi?
“INDELEBILE
Leggendo il pensiero che ha scritto Ada
su Lourdes, mi viene da scrivere che ha proprio ragione quando dice che Lourdes
è un’esperienza che ti lascia molto, o forse troppo. All’inizio ero spaventato,
avevo paura di non essere capace, che potevo sbagliare o combinare qualche
guaio. Ma arrivato lì capii che mi sbagliavo, Lourdes è un’esperienza che
consiglio a tutti, la rifarei ancora 1000 volte. Quando arrivi, capisci che si
è tutti nella stessa barca, come in una grande famiglia, un clima unico,
fantastico, che non trovi da nessuna parte. Gli ammalati ti insegnano molto;
parlando con una signora, raccontandomi della sua vita piena di operazioni e
difficoltà, anche familiari, mi colpì la grinta, la voglia di andare avanti, di
non arrendersi per nessun motivo, una voglia che sinceramente io non troverei
mai e mi chiedo da dove usciva tutta questa grinta. Mentre facevamo il viaggio
di ritorno, mi tornarono in mente tutti i momenti bellissimi; e il dispiacere
che fossero finiti. Lourdes è un posto veramente unico, che ti insegna molte
cose, soprattutto a crescere. E’ un’esperienza che consiglio a tutti, perché è come un pennarello indelebile che ti lascia
il segno. Lourdes: ” Una volta che provi
questa meravigliosa avventura, ti lascia il segno nel cuore!”
[1]
CantoNovo, sarebbe il nostro giornalino
parrocchiale, che esce mensilmente nella nostra chiesa. Su di esso vengono
scritte tutte le cose riguardanti la chiesa: parole del Papa, del Monsignore di
Busto, pensieri di noi ragazzi, messe, donazioni, spese della chiesa,
battesimi, matrimoni morti mensili, vi
sono anche foto del mese praticamente tutto quello che riguarda l’ambito
religioso