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ROMA
Un’altra avventura stava per iniziare nella mia vita: come ogni anno per
tutte le terze medie c’era in programma la gita scolastica di tre gironi, per
tutte tranne che per noi. Si perché noi, eravamo si i preferiti dei professori,
ma anche i più scalmanati e non c’erano abbastanza prof che potevano
accompagnarci. Così noi ci rimanemmo malissimo facendo un casino allucinante
tanto che, in cambio ci programmarono 3 gite però di un giorno ciascuna eravamo
molto delusi.
Ma la vacanza di tre giorni che stavamo aspettando arrivò lo stesso, non
dalla scuola ma dall’oratorio San Luigi.
Con l’oratorio, per i ragazzi adolescenti che finivano gli anni delle
medie, c’era in programma il teatro di terza media che sarebbe andato in scena
a giugno, un modo per salutare le scuole dell’obbligo e programmare il proprio
futuro. Oltre al teatro per i ragazzi c’era
anche la Professione di Fede ovvero un sacramento che si fa dopo la
cresima, dove ci si impegna ad affidare la propria fede al Signore. Questo
sacramento, prevede un pellegrinaggio di tre giorni nella città del Papa e la
domenica si segue la Santa Messa proprio a San Pietro. Eravamo elettrizzati,
perché noi in 3D eravamo in tanti che frequentavamo lo stesso oratorio e
potevamo prenderci una rivincita con i nostri professori, si perché in classe
eravamo in 25 e a frequentare l’oratorio eravamo in 15 quindi avremmo lasciato
la classe solo con 10 persone in aula. Casualmente l’altra sezione con cui
dovevamo fare la gita scolastica erano gli altri nostri amici d’oratorio,
quindi due sezioni praticamente vuote.
Tutte le domeniche pomeriggio ci trovavamo in oratorio per le prove del
recital, frequentando chiaramente l’oratorio da anni tutti insieme eravamo grandissimi
amici. Tra questi amici ve ne era una, Veronica, che era la mia migliore amica
femmina, la consideravo come la sorellina che non avevo mai potuto avere, era
l’unica che riusciva ad oltrepassare la mia maschera o corazza e farmi sfogare
liberamente, noi due ci confidavamo tutto. Lei purtroppo aveva una malattia
alle gambe nonostante giocasse a calcio nella squadra femminile dell’
A.S.O. Oltre a Veronica, vi era un’altra
ragazza a cui facevo una corte spietata… infatti fu la ragazza che mi fece
dimenticare Ludovica, mi fece provare le stesse emozioni. Si chiamava Vanessa,
anche lei capelli lunghi e neri, occhi marroni e con un bel fisico. Mi ero già fatto avanti inutilmente con lei
prima che arrivasse Alice, le due ragazze si conoscevano, erano buone amiche
perché giocavano nella stessa squadra di pallavolo.
Una domenica, mentre facevamo pausa
dalle prove teatrali e Alice non c’era
perché era nel suo oratorio, Vanessa mi disse una cosa che avrei sempre voluto
sentirmi dire: “Sto aspettando che tra te e Alice accada qualcosa per…” in
pratica, mi fece capire che stava aspettando che io e Alice ci lasciassimo per
provarci con me. Vanessa conosceva bene Alice,
ma soprattutto conosceva bene me; lei aveva capito che io mi ero messo con Alice
solo per non lasciarla sola in un momento così brutto. Quella cosa smosse
qualcosa di grande dentro di me, ma come dirlo ad Alice?
Decisi di far finta di nulla tenendomi tutto dentro. Intanto arrivò il
giorno della partenza per Roma, i professori erano contrari facendo anche intervenire
il preside in classe per dire che non dovevamo andare ma ovviamente
intervennero i nostri genitori e lui non potè opporsi. Alice frequentava
l’oratorio di Beata Giuliana, quindi non avrebbe dovuto venire a fare la Professione di Fede con noi,
ma sarebbe dovuta andare poi col suo oratorio. Io, convinsi il nostro prete,
Don Alberto Beretta, a farla aggregare;
ma in seguito non si rivelò la scelta migliore.
Pronti per partire tutti sul
pullman! Io ovviamente seduto accanto ad Alice, lei dalla parte del finestrino
e io dalla parte del corridoio. Di fianco a me si mise proprio Vanessa con una
sua amica, inutile dire che ero agitatissimo avendo da una parte la mia ragazza
e dall’altra quella che avrei voluto
fosse la mia ragazza, che situazione! Ad un certo punto Vanessa mi scrisse un
messaggio sul cellulare chiedendomi come mai avevo portato anche lei, così
iniziammo a parlare via sms, Alice capì subito come stavano le cose, si mise a
piangere, si tolse la collana col metà cuore e se ne andò in fondo al pullman.
In quel momento allora Vanessa si sedette vicino a me e iniziammo a parlare, io
mi sentivo molto in colpa, non sapevo cosa fare, conoscevo la situazione di Alice
e non volevo soffrisse, ma nello stesso tempo volevo mettermi con Vanessa. Il
viaggio per Roma era lungo, Vanessa ad un certo punto mi disse di fare
chiarezza nella mia testa e decidere cosa volevo, e si rimise al suo posto. A
sedersi vicino a me si mise Veronica che, avendo capito la situazione ed
essendo la migliore amica di Vanessa, sapeva come stavano le cose. Parlammo
fino ad arrivare a Roma, alla fine mi disse che dovevo ascoltare il mio cuore.
Una volta arrivati, il Don ci divise nelle camere; le femmine al piano superiore
col le suore, i maschi al piano inferiore. Io ero in camera con Silvio, Carlo e
Sebastiano, il catechista che doveva curarci. Era notte tarda, quindi per il
primo giorno tutti a nanna, la mia era una stanza di matti. Carlo era piccolo
rispetto a noi, era venuto perché la cugina se l’era portato dietro. Nella notte
mentre dormivamo tutti, ad un certo punto si sentì una voce che diceva:
“Piccaciù[1]!”
Sebastiano si svegliò e guadandoci e ci disse: “Avete finito di fare casino!?”
pensando fossimo stati noi più grandi, ma io e Silvio gli rispondemmo: “Guarda
che è stato Carlo che parla nel sonno!” Tornammo a dormire, ma ad un tratto
Carlo si alzò in ginocchio sul letto gridando: “Puffunghè[2]!”
A quel punto io, Sebastiano e Silvio ci alzammo di nuovo; Sebastiano prese la
ciabatta di plastica e gliela lanciò mancandolo, allora Silvio disse: “Tranquillo
ci penso io.” Prese lo zoccolo di legno glielo lanciò da due passi perché i
loro letti erano quasi attaccati e prese in faccia Carlo che cadde nel letto
stecchito. Sebastiano disse: “Buona notte ragazzi” così finalmente ci mettemmo a dormire. Il giorno
dopo Carlo aveva il segno in faccia dello zoccolo e scoppiammo a ridere.
Tutti pronti per il nostro giretto per Roma. Alice non voleva saperne più
di me, e sia lei che Vanessa stavano con le amiche, io stavo con i miei amici a
parlare e cercare di capire cosa fare. La sera dopo cena, tornati in camera
mandai un messaggio a Vanessa dicendole di venire sul corridoio a parlare,
giunta le dissi che volevo stare con lei e che avrei risolto con Alice; lei
ovviamente era contenta.
Il giorno dopo ero pronto per parlare con Alice ma mentre stavamo
parlando vidi che lei ci stava soffrendo troppo, così non trovai il coraggio e
sistemammo tutto. Inutile dire che Vanessa si arrabbiò tantissimo e per ripicca
si mise con un mio amico.
Nel frattempo era arrivato l’ultimo giorno, noi ragazzi avevamo
programmato alla sera di fare “casino” e stare svegli tutta notte, i catechisti
ci avevano dato il permesso. Mentre stavamo giocando a calcio in corridoio
passò di lì la suora che venne presa in faccia col pallone, infuriandosi e
portandoci fuori in gita come punizione. Al rientro, sul nostro pianerottolo si
mise il don a fare da vedetta e sul piano delle ragazze c’erano le suore. Il
nostro programma era saltato.
L’indomani partimmo per rientrare a casa facendo tappa ad Orvieto. Vanessa
non voleva più parlarmi e con Alice si andava avanti a fatica.
Tornati a scuola il professore di italiano ci fece fare un tema a
sorpresa e ricordo che tutti noi come argomento parlammo di Roma.
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GLI ESAMI
Il giorno degli esami si avvicinava e con loro anche la tensione, come ho
già detto non avevo molta voglia di studiare infatti fino alla terza media
prendevo sempre voti al pelo della sufficienza.
Finito le scuole bisognava decidere cosa fare del proprio futuro, se
continuare con gli studi o andare a lavorare, non c’era una via di mezzo. Io di
studiare non ne avevo molta voglia, anche se mi sarebbe piaciuto diventare un
elettricista come mio fratello. Così ero pronto anche ad iscrivermi a scuola,
però non c’erano soldi a sufficienza in casa. Lo zio e la zia avrebbero voluto che continuassi gli studi
dicendomi di non preoccuparmi per i
soldi che si sarebbe trovata una soluzione. Io però sapevo benissimo che per
pagare gli studi avrebbero dovuto rinunciare a qualcosa per loro, così alla
fine decisi di lasciare la scuola per andare a lavorare e aiutarli in casa.
Una volta deciso cosa fare sul futuro, dovevo mettermi sotto con gli studi per essere promosso. Gli
ultimi tre mesi di scuola furono i più duri per tutti perché tutto l’anno
avevamo fatto macello, gite, tornei di pallavolo, ora invece era arrivato il
momento di studiare. Anche per uno come me che di farlo non ne aveva proprio
voglia. Ricordo ancora la frase del professore d’italiano: “Adesso, è arrivato
il momento di studiare e mettervi sotto
per gli esami; fino a oggi ci siamo divertiti e abbiamo fatto di tutto, ma ora
prepariamoci per il vostro futuro.”
Per una volta mi misi a studiare seriamente, strano ma vero. In oratorio
andavo alle due, non più per giocare a calcio ma per prepararmi per gli esami
con i miei amici. Ci trovavamo con i soliti amici per preparare la relazione da
portare all’esame, anche con Alice ci vedevamo solo la sera o dopo gli studi.
L’ultima settimana di scuola fu la più bella ma anche la più triste;
sapevamo che le nostre strade si stavano per dividere per magari non rivederci
più. Ogni giorno, andavamo a scuola tutti con le macchine fotografiche per fare
foto ricordo, anche se i professori all’inizio non volevano. Finita la scuola,
prima degli esami, ci fu il teatro di terza media, fu una vera bomba anche
perché come tema avevamo scelto proprio
l’adolescenza con i primi amori e i problemi che comportava. Fu veramente bello
e il teatro era pienissimo, ovviamente c’era anche Vanessa a recitare e invece Alice
era tra il pubblico. Le due ragazze non si parlavano più da Roma, e anche io
persi definitivamente ogni possibilità con Vanessa.
Finalmente arrivò il giorno degli esami orali, inutile dire che ero
terrorizzato. Ogni ragazzo poteva decidere se far entrare qualche suo amico ad
assistere oppure no, io ovviamente feci entrare quasi tutta la classe, ero
carichissimo avevo studiato ed ero preparato, ma i professori sapendo che io
non studiavo mai, mi chiesero giusto due cose per non mettermi in difficoltà.
Ricordo che la mia relazione fu sull’adolescenza che si legava alle droghe,
quindi al corpo. Finito di parlare della mia relazione nessuno mi
interrogò più. Il professore di
artistica disse: “Non ti chiedo di parlarmi dei tuoi disegni, perché oltre a un
campo di calcio tu non fai!”
Infatti per tutto l’anno io facevo disegni riguardanti il calcio. Ricordo
che un giorno il professore, stanco dei miei disegni, mi disse: “Pepe, oggi
sarà l’ultimo giorno che ti permetterò di disegnare un campo di calcio; quindi
mettici fantasia e vediamo cosa ne viene fuori!” Disegnai una partita di calcio
tra alieni.
Il professore d’inglese invece non mi chiese nulla, sapeva che era già tanto se sapevo scrivere un’intera frase
in italiano senza fare errori ortografici, figuriamoci in inglese! Anche tutti gli altri non mi fecero domande
per non mettermi in difficoltà… o forse perché si volevano liberare di me… o
magari semplicemente perché si erano
affezionati troppo!
L’unica domanda che mi fece il professore d’italiano dopo la mia
relazione fu: “Pepe parlami del fuorigioco!”
A quella domanda rimasi perplesso: “Prof, il fuorigioco per quanto
riguarda il calcio?” Lui rispose: “Ovvio, cosa pensavi?!” Così visto che io e
il calcio eravamo praticamente una cosa sola risposi alla grande.
Sembrava tutto finito quando ad un
certo punto la professoressa di musica mi disse:“Aspetta un momento, suonami
col flauto l’Inno alla Gioia!” Tensione, sudavo freddo ma feci tutto il pezzo
alla perfezione così la professoressa fece scattare un applauso che mi sembrava
di stare allo stadio, poi i professori mi dissero che potevo andare: ero stato
promosso! Non ci credevo, ce l’avevo fatta, avevo finito le scuole!
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