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L’ORTO: LA SUA VITA
Come ogni mattina papà iniziava il
suo giro quotidiano: sveglia alle
cinque del mattino, prendendo il cane (che aveva in casa) Birillo, un
Yorkshire, con destinazione orto per dare da mangiare agli altri cani,
raccogliere le uova delle galline,
bagnare le piante, raccogliere la frutta e la verdura già pronta. Fatto ciò si recava al mercato
della carne per prendere da mangiare, tornava a casa per le dieci e preparava la colazione per noi, una volta
fatta colazione noi prendevamo e
scendevamo nel quartiere a giocare, mentre Angela puliva casa prima di andare a lavorare e lui preparava il pranzo per tutti.
Una volta finito papà e
Angela andavano al lavoro, lei la
mattina lavorava in una stireria e il
pomeriggio invece puliva la
casa di una signora, invece
papà lavorava in un ristorante.
L’ora di pranzo era fissata per
l’una, l’ora che tornava a casa Angela. Ovviamente Camilla, che era
la più
grande, doveva occupasi di noi piccoli e quindi salire a casa per
mezzogiorno e preparare la tavola. Finito il pranzo un riposino per tutti fino le tre, ora che Angela tornava al
lavoro, mentre Camilla ci faceva fare i compiti prima di scendere ancora in cortile a giocare.
Alle tre invece rientrava
papà che si metteva nel letto fino le sei per poi tornare al lavoro, e far
rientro a casa a notte fonda.
Questa era la giornata
tipo della famiglia
Pepe.
Quando invece papà era di riposo,
ci portava in piscina, al cinema o al
lunapark. Dopo cena scendevamo un po’ a giocare in Trekka, fino alle dieci perché poi avevamo l’ordine di
salire perché diventava buio, poi a letto per la fiaba serale e ninna.
Una volta verso le tre di notte
squillò il telefono, erano i carabinieri che ci chiamavano per comunicarci che
qualcuno aveva bruciato l’orto di papà!
L’orto di mio padre purtroppo era posto vicino ad una baraccopoli, e
molte volte loro ci facevano scherzi,
rubando e rompendo tutto quello che trovavano. Una volta
addirittura mentre eravamo
tutti al’interno, ruppero il
vetro posteriore della nostra macchina, ovviamente mio padre sapeva chi era
stato perché con gli anni, dovendo vivere con loro, li aveva conosciuti tutti. Quel giorno andammo dai
carabinieri per sapere se si poteva fare qualcosa per impedire queste cose ma
loro dissero che non potevano fare nulla. Non potevano cacciarli. L’unica
soluzione era che mio padre, abbandonasse il suo orto e trovasse un altro posto
dove farlo. Ovviamente lui, non accettò assolutamente l’idea di rinunciare a tutto
quello che aveva costruito, la sua seconda casa, piuttosto conviveva con loro.
La mattina successiva all’incendio andammo all’orto prestissimo con i
carabinieri per vedere cos’era rimasto
della nostra seconda casa! Una visione
orrenda, raccapricciante, era bruciato tutto, non si poteva salvare nulla, i cani purtroppo erano
bruciati dentro, solo uno era riuscito a salvarsi scappando, il Collie, ma non
riuscimmo più a trovarlo. Mentre gli
altri purtroppo erano tutti morti e non vi era rimasto più nulla,
bisognava ricominciare tutto da capo.
Mio padre era arrabbiatissimo per tutto ciò, perchè essendo un orto
abusivo non poteva neanche prendere un risarcimento, nè
pretendere che gli abitanti di quella baraccopoli ripagassero tutto o se ne
andassero. Per lui era come se era bruciata la sua casa, la sua vita.
Un napoletano doc non si arrende davanti alle piccole difficoltà, così
decise lui di cambiare zona in modo da non avere più problemi. Una volta
trovata la zona si rimboccò le maniche; ricostruendo tutto.
In pochi anni, papà riuscì a mettere in
piedi un altro orto, magari non grosso come il primo… non vi erano più:
galline, box per la macchina, capanno con cucina, camera, sala… non c’era nulla di tutto ciò però la cosa più
importante era che aveva ricreato la sua seconda casa, la sua vita con piante, ortaggi, baracca per
gli attrezzi, dependance per
sedersi e rilassarsi. Ero
orgoglioso di lui!
9
LITE TRA FRATELLI
Qualcosa stava per cambiare nella vita della famiglia Pepe. Un giorno
avvenne quello che nessuno si sarebbe mai aspettato, la grande decisione del
giudice minorile!
Vacanze finite, bisognava fare
rientro a Busto ma il giorno prima della
partenza, ero andato dagli assistenti
sociali di Milano che, come ogni volta
alla fine di ogni incontro, mi fecero la solita domanda: “Con chi
vorresti passare il resto della tua vita?”
E la risposta, ovviamente essendo lì con i mie fratelli e mio padre, era
scontata: ”Con mio padre e i miei fratelli!”
Io però prima di arrivare a Milano per le vacanze, come sempre il giorno
prima di partire, ero andato dalla
dottoressa Toni, e anche lì, come ogni volta alla fine dell’incontro, la
solita domanda: “Con chi vorresti
passare il resto della tua vita?” Ovviamente essendo a Busto con gli zii, la
risposta era diversa , quella volta
infatti risposi: “A Busto con lo zio e la zia!”
Troppa confusione nella testa del ragazzo! Io non sapevo che con questa
risposta stavolta qualcosa stava cambiando, non sarebbe stato più come prima.
L’indomani partirono tutti: papà, Angela, Camilla, Marco, Sofia e io in
direzione di Busto Arsizio perché il
giorno precedente la dottoressa Toni aveva contattato papà e gli zii
dandogli appuntamento in sede, dicendo loro che ci dovevano essere tutti.
Così fu! Noi ragazzi, rimanemmo a
giocare nel parchetto sotto osservazione di un assistente sociale, mentre
papà e gli zii erano dentro a colloquio
con la dottoressa. Il tempo passava e nessuno usciva dalla sede, ad un certo
puto il telefono del collaboratore squillò: era la dottoressa Toni che lo
chiamava, dicendo di portarci dentro.
Tutti seduti a rapporto, la
dottoressa iniziò a parlare, ed ecco,
quello che nessuno si sarebbe mai
aspetto: “Essendo ormai passati tanti anni da tutta questa situazione e, non
essendo mai riusciti a trovare una decisione definitiva di affido del bambino,
vedendo che Gianluca appare sempre confuso nella sua decisione con chi passare
il resto della sua vita, non riuscendo a capire a chi vuole essere affidato;
noi assistenti sociali di Busto Arsizio, confrontandoci con gli assistenti
sociali di Milano, e sottoponendo il dossier
al giudice minorile; noi ma
soprattutto lui ha deciso per il
bene del
piccolo, in modo che non debba più essere costretto, a
continui controlli ed incontri,
con noi. Perciò, il giudice minorile ha così deciso: ‘Gianluca sarà ufficialmente
affidato alla custodia dello zio, Alfonso, e della zia, Maria, fino al
diciottesimo anno di vita. Una volta che sarà diventato maggiorenne, e in grado
di prendere una decisione definitiva per
il suo futuro, la scelta spetterà a lui”.
Alla lettura di quella sentenza, un momento di silenzio in aula… lacrime
da parte dei fratelli e tristezza nel
mio cuore per ciò che aveva sentito. Nella mia testa iniziarono a passare
milioni di pensieri, pensando che era colpa mia se erano giunti a quella
decisione. Tutti quegli anni di tentennamenti e incertezze, non ero
mai riuscito a decidere con chi stare! Ovviamente gli zii erano contenti
per quella decisione, perché ormai visto come un figlio per loro, mentre
mio padre cercava inutilmente di opporsi
alla sentenza; quello che era deciso non
si poteva più cambiare.
Da quel momento sarebbe cambiato tutto! Papà aveva avuto la possibilità
di continuare a vedermi nei weekend e nelle festività, invece per quanto riguardava la scuola e i
giorni di crescita, dovevo passarli con gli zii.
Le vacanze natalizie arrivarono e finirono in fretta era
già ora di tornare a Busto. Mio padre quel giorno decise di portarci col
camion che usava per andare nell’orto. Una volta arrivato sotto casa lo fermò
un vigile che stava per fargli un verbale con una multa salatissima, spiegandogli che non poteva portare in giro persone nel cassone del
furgone, non essendo omologato. In quel
momento passò lo zio che, parlando col
vigile visto che lo conosceva riuscì
a fargli chiudere
un occhio, quindi niente multa.
Arrivati sù in casa partì una discussione tra mio zio e mio padre essendo
due napoletani orgogliosi, lo zio diceva che doveva ringraziarlo per ciò che
aveva fatto, mentre papà ribatteva che se la sarebbe cavata anche
senza il suo aiuto. La discussione
sembrava non aver tregua tirando fuori così anche il rancore per il fatto che
io fossi stato affidato a loro e non a
lui.
Ad un certo punto la lite degenerò, così che papà prese i miei fratelli e se ne tornò a Milano.
Da quel giorno le cose cambiarono. Zio e papà non si parlavano più! Nonostante
questo le visite di papà erano
frequenti, ma lui non saliva più in casa a prendermi ma,
mandava i mie fratelli a recuperarmi o
mi facevano scendere e loro mi aspettavano giù.
Questa litigata durò per moltissimi anni causando anche
l’esclusione di mio padre e dei miei
fratelli, a ricorrenze che per un bambino devono essere i giorni più
belli della sua vita. Gli zii non volevano assolutamente che papà fosse presente alla mia comunione; tanto che
vennero solo invitati in chiesa ad assistere alla celebrazione, ma non al ristorante per passare la giornata tutti
insieme. A comunicare questa decisione alla famiglia dovevo ovviamente essere io come ogni volta, provocando così in
loro molta rabbia, dando tutta la colpa
a me.
Tutto ciò provocò a sua volta reazioni a
catena cioè mio padre, nelle
vacanze veniva si a prendermi a Busto
Arsizio per portarmi a casa, ma al momento del rientro non mi riportava più lui
indietro, ma bensì erano gli zii che dovevano venire a Milano a riprendermi, arrivando così a
minacce e interpellando di novo assistenti
sociali per il comportamento di
papà. Come al solito a rimetterci ero sempre io, che da quel giorno mi
sentii trattato come un pacco postale.
FINE PRIMA PARTE
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