“IL CIRENEO”: UN PROGETTO CONTRO LA NOSTRA CECITÀ QUOTIDIANA
Lo scorso marzo, al matrimonio di mia cugina, ho conosciuto un ragazzo che mi ha raccontato di un progetto benefico che con
alcuni amici aveva in mente di avviare nei mesi successivi. Un argomento
insolito durante un banchetto nuziale, ma si sa che dalle situazioni più banali
e inaspettate si scoprono le cose più sorprendenti e speciali.
Ricordo che nel parlarmene le sue parole conclusive
sono state «Vale, se tu
hai bisogno di qualche attrezzatura particolare per migliorare le tua
quotidianità a fronte della tua disabilita, non farti problemi e dimmelo perché
questo progetto si rivolge anche a te in quanto vogliamo aiutare innanzitutto le persone che ci stanno “a
fianco”, quelle che siamo così abituate a incontrare che spesso non vediamo le
loro sofferenze. A volte la nostra “cecità” ci propone di aiutare persone
“lontane”, dimenticandoci di chi vediamo quotidianamente (i nostri amici, le
persone che incontriamo, ecc..). Inoltre sproniamo i ragazzi a mettersi a
“servizio” degli altri, per poter crescere a livello umano e spirituale».
Incuriosita da queste parole e affascinata da questo progetto che stava
per nascere, al termine di quella giornata gli ho promesso che ci saremmo risentiti
per sapere se il suo progetto era stato avviato e se procedeva bene come le
premesse auspicavano. Così è stato e qualche settimana fa ho chiamato Paolo Pazzaglia
per un’intervista; lui emozionato di rispondere alle mie domande e di far conoscere il neonato progetto Il Cireneo si è messo subito a
disposizione e ha iniziato a raccontarmi cos’è
e come è nato: «Venerdì 10 maggio 2019, dopo qualche mese di
progettazione, è nato ufficialmente Il Cireneo.
Ho scelto maggio per dedicare ed affidare questo progetto a Maria; e' a Lei che
devo tanto, è a Lei che voglio aggrapparmi perchè so che con Lei potrò costruire
qualcosa di bello! Il Cireneo è un
progetto nato da una mia idea, ho voluto concretizzare il desiderio di aiutare
le persone che hanno bisogno. Semplicemente fare del bene, aiutando le persone
bisognose, di ogni razza, età o altro... Nella sua realizzazione non ho
incontrato grosse difficoltà, se non il fatto di farmi delle domande prima di
iniziare: “Sono sicuro di fare tutto questo?”, “Forse sto facendo qualcosa di
troppo grande o che non ha un senso?”, “Ci sono già molte realtà nel territorio
che aiutano i bisognosi, serve veramente un'altra "associazione" a
scopo benefico?”»
-
Cosa ti sei
risposto?
«Mentre parlavo durante il lancio del mio progetto vedere
tutte le persone che mi vogliono bene (la mia ragazza, i miei amici, il mio Don,
ecc..) che erano lì per sentire ciò che avevo da dire, è stato veramente
commovente ed emozionante! Le persone si fidano di me, ho la grossa
responsabilità di non deluderle… in quel momento ho capito che quello che stavo
facendo era giusto».
-
Come mai
hai scelto “Il Cireneo” come nome?
«Il nome prende spunto da un personaggio significativo del
Vangelo, Simone di Cirene, che aiutò Gesù a sorreggere la Sua Croce alleviando
le Sue sofferenze. Anche noi, con questo progetto, vogliamo alleviare le
"sofferenze" delle persone che incontriamo quotidianamente e che ci
chiedono aiuto. Anche il logo che abbiamo scelto è molto semplice ma ha un significato profondo: un
mano bianca che indica
l’aiuto che vogliamo dare, la nostra mano tesa pronta a “sorreggere” le croci e
le difficoltà altrui, su uno sfondo giallo/arancio, colori caldi che ricordano
la solarità con cui darsi da fare sempre
con il sorriso e la positività».
-
In quanti
volontari siete a sostenerlo?
«Mi piace sottolineare come questo sia un progetto nato
per i giovani e sorretto da giovani: ad ora siamo 5 giovani a credere
fermamente ne Il Cireneo. Oltre a me
posso contare sulla fiducia incondizionata di Riccardo Tovaglieri, giovane che
ha voglia di "restituire" ciò che ha ricevuto in questi anni; posso
contare sull'esperienza di Vito Russo che da anni pratica carità nelle varie
realtà del territorio; posso contare su Giorgio Galbersanini che ha sempre
fatto l'educatore e con la sua esperienza può darci una mano per gli
"acquisti" ed in futuro potrà aiutarci sul lato economico; posso
contare su Alberto Bogdalin che, con il suo entusiasmo, ci da una grossa
"spinta" e ci dedica il suo tempo per pubblicizzare Il Cireneo e per le raccolte fondi che
programmiamo in seguito al contatto con persone o realtà differenti.
Posso inoltre contare su Don Giovanni Patella che, grazie
alla sua fede, ci da consigli su come la preghiera sia fondamentale per non
perdere mai la "bussola" e continuare il nostro cammino sulla giusta
strada!».
-
Cosa vi spinge
a impegnarvi nel progetto Il Cireneo?
«Ciò che ci spinge a dedicare il nostro tempo per questo
progetto è la fede! Crediamo fermamente che con poco si può fare molto, che si
può nel nostro piccolo cambiare il mondo che ci circonda e dare speranza alle
persone che incontriamo».
-
Cosa
significa “fare rete” con le realtà già presenti sul territorio?
«Fare "rete" significa, oltre che a fare
raccolte fondi per persone individuate personalmente (in Italia e nel mondo),
valorizzare le realtà di volontariato già presenti sul territorio e
pubblicizzarle, stimolando i ragazzi (ma anche gli adulti) a prenderne parte
dedicando del tempo per i più bisognosi. Ognuno può scegliere la realtà che più
desidera, e può dedicare anche solo un'ora del suo tempo settimanale!»
-
Con quali
realtà del territorio fate “rete”?
«Fin’ora abbiamo scelto di affiancare e supportare 4
realtà: la mensa dei poveri dei frati, la cena coi senzatetto in stazione
promossa dalla Caritas, la realtà di Casa Onesimo per richiedenti asilo ed ex
carcerati, il progetto ItaCa che insegna italiano a stranieri chiedenti asilo
(i migranti di cui sentiamo parlare ogni giorno alla tv)».
-
Chi viene da voi cosa cerca? Di
cosa hanno bisogno?
«Chi viene da noi ha semplicemente bisogno di
"amore". Sbagliamo quando pensiamo che le persone vengono da noi solo
in cerca di soldi. Le persone vengono da noi perchè sono sole, magari sono
smarrite, non hanno più nessuno... e hanno bisogno di sentirsi semplicemente
amate!
Noi
non vogliamo dare soldi, se non a realtà già collaudate. Per i singoli l’amore
che diamo si concretizza in beni materiali… questa è la nostra politica: una
bicicletta, un paio di scarpe, una rata dell’affitto… pensiamo che queste cose
siano più utili, immediate e possano risolvere meglio i problemi rispetto ad
una busta di banconote (il cui corretto uso purtroppo non è sempre certo)».
-
Incontrate
difficoltà nel relazionarvi con chi aiutate e viceversa?
«Ad oggi non abbiamo incontrato grosse difficoltà con chi
aiutiamo, solo soddisfazioni. Forse la difficoltà maggiore è quella di non
poter aiutare tutti... purtroppo dobbiamo fare delle scelte e non è facile!
Anche per questo è importante far rete: dalle realtà già operanti in città
(come la Caritas, ad esempio) riceviamo informazioni su chi ha veramente delle
necessità così non rischiamo di sprecare risorse».
-
Il vostro è un servizio di carità? Cos’è la carità
per voi?
«Il nostro è sicuramente un servizio caritativo. Carità,
come dice Papa Francesco, è uno dei fondamenti della nostra religione. Come
dice Lui: "tutti noi siamo chiamati a vivere l’amore praticando le opere
di misericordia corporali e spirituali: non solo fare l’elemosina ai più poveri
e accogliere i più deboli, visitare i malati e i detenuti, ma anche ascoltare
con pazienza chi si rivolge a noi, perdonare chi ci fa un torto, consolare chi
è nel dolore, pregare per i vivi e per i morti, ecc". Aggiungo che la
carità la possiamo vivere ogni giorno semplicemente sollevando il morale a una
persona triste o regalando un sorriso a chi incontriamo: anche questa è carità,
anche questo è voler bene al prossimo».
-
Cosa avete imparato fino ad ora
da chi ha bisogno di una mano?
«Personalmente i sofferenti che ho incontrato mi hanno
regalato sempre una grossa lezione di umiltà! Questo progetto mi aiuta a
rimanere umile e a capire quanto sono stato e sono fortunato io. Questa
scintilla l'ho avuta con la mia prima esperienza significativa in carcere
qualche anno fa dove, lasciati da parte i pregiudizi iniziali, ho avuto la
fortuna di conoscere persone fantastiche che mi hanno arricchito! Perchè poi
questa è la cosa più bella: tu pensi di fare tanto e di dare qualcosa a chi ne
ha bisogno, ma la persona che poi ne esce realmente cambiata sei tu! E' proprio
vero che è donando che si riceve...»
-
Avete una
sede?
«Una sede reale ad oggi non c’è, ma grazie all'aiuto di Don Giovanni
e al mio ruolo di responsabile laico dell’oratorio San Luigi a Busto Arsizio,
posso contare sull'oratorio (mia seconda casa) come "sede"
provvisoria dove progettare e "lanciare" le varie iniziative. Chi ha
bisogno o vuole dare una mano ci può trovare lì, abbiamo sempre bisogno di una mano, di nuove idee. Abbiamo
bisogno di nuove “mani” pronte ad aiutare».
-
Cosa vi
aspettate dal futuro?
«In futuro vorremmo avere un'impronta più dettagliata, ma
ci stiamo ancora pensando.
Ho un grosso
progetto in mente per il futuro, ma mi fa un po’ paura dirlo oggi che siamo
ancora agli inizi. Preferisco non sbilanciarmi troppo... Posso solo dire che
vorrei costruire qualcosa di grosso in Italia o all'estero...chissà!
Per ora vogliamo crescere come associazione andando
incontro a tante persone in difficoltà. Proviamo, come diceva Madre Teresa, a
mettere anche noi la nostra piccola goccia nell'oceano!»
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