giovedì 18 giugno 2020

CAPITOLO 56, CAPITOLO 57, CAPITOLO 58


56  LA DENUNCIA

Io continuavo a lavorare nella stessa ditta, intanto  la malattia dello zio era peggiorata tantissimo. Purtroppo non ragionava più, aveva iniziato a vendere tutte le sue cose d’oro come braccialetti e collane, per potersi comprare gratta e vinci, fare schedine, acquistare alcol o sigarette.
In più un giorno accadde una cosa che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato.  Lo zio si recò alla polizia  perché doveva fare una denuncia, solo che la denuncia era verso di me.  Si proprio così; mi denunciò  dicendo che io avevo un comportamento troppo aggressivo, ero una minaccia per lui, diceva che  quando tornavo a casa dal lavoro gridavo, tirando pugni ai mobili rompendoli, ma la cosa più ridicola che disse fu che secondo lui io avevo una relazione con mia zia. Il motivo che lo portava a pensare ciò, era che mia zia da anni ormai non dormiva più in camera con lui, perché lui russava troppo, e quindi avevamo messo 2 lettini in sala dove dormivo io, visto che non avevo la cameretta tutta mia, e lei dormiva lì con me.  Questo secondo lui era motivo per pensare che io e lei avessimo una relazione, arrivando a farci anche delle foto mentre dormivamo. Un giorno venni chiamato in questura, io ero preoccupato per l’arrivo di questa lettera perché fino a quegli anni ero stato un po’ sbandato e pensavo a cosa potessi aver combinato, ma la zia cercava di tenermi tranquillo.  Il giorno della convocazione, la zia  mi accompagnò perché voleva saperne di più anche lei. Una volta arrivati in questura, il poliziotto iniziò a farmi domande tipo che lavoro facevo, che tipo ero in casa, se ero uno aggressivo, che rapporti avevo con mio zio. Io ovviamente non capivo ed ero molto agitato. Allora mia zia chiese di spiegarci meglio che cosa era successo, così iniziò a raccontarci quello che gli aveva detto mio zio. Noi  rimanemmo  increduli, non potevamo credere alle nostre orecchie, a quel  punto il poliziotto ci chiese di spiegare un po’ la nostra situazione famigliare, il nostro rapporto in casa, così io e la zia iniziammo a raccontargli.  Alla fine del racconto anche il poliziotto si rese conto purtroppo che ormai mio zio per colpa della malattia, e il troppo bere, non riusciva più a ragionare, che la sua testa viaggiava in un mondo tutto suo. L’unico problema ora era la denuncia nei miei confronti, lui per prassi non poteva toglierla e far finta di nulla, mi spiegò che l’unico modo per poterla far cadere e renderla innocua, era che io a mia volta denunciassi mio zio per diffamazione, lui sarebbe stato costretto a presentarsi in questura a rispondere a ciò e avrebbe rischiato di essere sottoposto a visita psichiatrica. Se fosse risultato incapace di intendere e volere l’avrebbero portato in un istituto psichiatrico. Questo era quello che mi disse il poliziotto, ed era l’unico modo per far cadere la denuncia nei miei confronti. Come potevo denunciare una persona che per 21 anni mi aveva cresciuto, curato, fatto diventare il ragazzo che ero?! Non potevo assolutamente in fondo anche se non andavamo più d’accordo per colpa della sua malattia gli volevo bene; quindi rifiutai il suggerimento del poliziotto e mi tenni la denuncia, lui ovviamente mi mise in guardia, se per caso fosse arrivata un'altra denuncia nei miei confronti di qualsiasi tipo loro dovevano aprire un procedimento penale. Tornammo a casa come se niente fosse successo, lo zio facendo finta di nulla e io anche, ma quando uscii per raggiungere i miei amici, lo zio e la zia litigarono molto per quello che era accaduto, lei  era arrabbiatissima per quello che aveva fatto e per due mesi non si rivolsero più la parola, per me  invece era come se non fosse successo nulla. Anche quando raccontai a mio padre quello che era accaduto, lui rimase molto male però mi disse di stare tranquillo e di non avercela con lui perché non era colpa sua  se faceva queste cose ma era colpa della sua malattia, ma questo io già lo sapevo, e per qualsiasi problema o necessità, lui per me c’era sempre.


57  NATALE IN FAMIGLIA

Eravamo arrivati a natale 2005, qualcuno quell’anno aveva deciso di guardare di sotto e dare un po’ di armonia alla nostra famiglia, si proprio così perché un giorno mio padre mi venne a trovare. Aveva capito che la situazione dello zio stava peggiorando sempre di più, lo zio era contentissimo di vedere papà! Passammo tutto il giorno tutti insieme, mangiando e uscendo a fare un giro per Busto sembravano i tempi di quando eravamo bambini. Prima di far rientro a Milano, papà disse allo zio e alla zia che il Natale l’avrebbe voluto passare tutti insieme a casa sua. Lo zio non voleva, diceva che non voleva essere un peso con la sua malattia, dovendo andare sempre in bagno, e non sapeva come arrivare perché non guidava più. Papà gli rispose di non preoccuparsi per quello, sarebbe venuto a prenderli e alla fine li avrebbe riportati a casa.  Fu molto dura convincere lo zio essendo un napoletano capatosta (come si dice giù)  ma poi  ci riuscì, io ero gasatissimo il primo e unico Natale tutti insieme come una vera famiglia.
Il grande giorno arrivò, 24 dicembre papà alle nove era già sotto casa a prenderci perché poi doveva tornare a casa a preparare il pranzo della vigilia. Una volta arrivati a Milano iniziò ufficialmente il Natale! Tutti seduti pronti per pranzare, io non credevo ancora ai miei occhi tutti quanti insieme che mangiavamo mentre papà e zio raccontavano gli anni di quando erano giovani, la malattia dello zio quel giorno sembrava essere scomparsa. Ovviamente alle 18 sosta sigaretta per chi fumava, o per fare quattro passi, o per  portare giù il cane, mentre  lo zio iniziava a pensare al rientro a Busto. Ma alla fine papà lo convinse a rimanere li anche la notte, l’avrebbe riportato a casa il mattino successivo mentre io sarei rimasto li come al solito fino al 27. Anche la sera cena insieme, finito di cenare apertura dei regali, e dopo ovviamente come tutti i terroni che si rispettano, partita a carte ovviamente puntando soldi, tra battute e risate. Fu proprio una battuta di Ciro  a fare spaventare tutti, si perché mentre lo zio stava bevendo il caffè, Ciro lo fece ridere; il caffè gli andò di traverso e iniziò a tossire come un matto diventando tutto rosso per circa 5 minuti, eravamo tutti spaventati, ma alla fine si riprese, e rivolgendosi ad Ciro col sorriso gli disse: “Di la verità, hai cercato di farmi fuori!” Scoppiammo tutti a ridere!  All’ una  finimmo di giocare, era ora di andare a dormire, soprattutto per lo zio e la zia che erano molto stanchi. Il giorno dopo papà riportò a casa gli zii, fu il Natale più bello della mia vita l’unico rammarico non aver potuto fare neanche una foto per ricordare quel giorno insieme!


58  TROPPO VELOCEMENTE

Gli ultimi anni passavano molto velocemente, forse troppo stavamo per entrare nel 2008. Il 31 luglio mi scadeva il contratto, nella mia ditta mi avevano proposto il rinnovo però io non volevo accettare, perché negli ultimi anni facevano fatica a pagarci. Praticamente ci davano lo stipendio ogni tre mesi e io mi ero un po’ stancato avendo anche la macchina da pagare. Non volendo farmi aiutare dagli zii, avevano già i loro pensieri, anche perché lo zio in questi anni era peggiorato tantissimo, era costretto a letto e non si alzava più, non mangiava più pesava 40 chili era tutto pelle e ossa, dovemmo fare la richieste del letto ospedaliero e l’accompagnamento. Una ragazza tutte le mattine negli ultimi due anni veniva a casa a cambiarlo e pulirlo perché la zia da sola non ce la faceva  più e io dovendo andare a lavorare non riuscivo a darle una mano. Spiegai i miei problemi alla mia capa, dicendole che per rimanere io avevo bisogno di sicurezze e quindi uno stipendio regolare, ma lei mi disse che di certezze non ne poteva dare, l’unica certezza era passare da determinato a indeterminato, ma per quanto riguardava lo stipendio non sarebbe cambiato nulla. Così io esplosi dicendole tutto quello che pensavo, avrei finito il mio contratto regolarmente  e poi me ne sarei andato, informandola però che mi doveva dare i soldi che mi spettavano più la liquidazione nei tempi di legge altrimenti avrei fatto scoppiare una guerra. Arrivato l’ultimo giorno di lavoro avevo aperto gli occhi anche agli altri dipendenti, in quegli anni avevamo costruito un bellissimo rapporto. Così Pamela, una mia collega,  diede anche lei le dimissioni.
La zia, da una parte era contenta perché già ai tempi mi aveva detto di cercare un altro lavoro dove mi pagassero regolarmente, ma io non l’avevo ancora fatto perché non volevo rischiare di rimanere a casa senza nulla. Continuavo a dirle “meglio pochi soldi che niente”, anche perché dovevo aiutarli per forza.  Dall’altra parte era un po’ preoccupata per il fatto che eravamo sotto estate e sarebbe stato difficile trovare un altro lavoro, io la rassicurai dicendole: “Non ti preoccupare, mi rimboccherò le maniche come ho sempre fatto, tempo 1 mese ne troverò un altro”. Non potevo permettermi di rimanere a casa.

Arrivò agosto il tempo delle vacanze, tre mesi prima avevo prenotato con i  miei amici per andare a Cervia perché Rebecca era ancora piccola e doveva fare le vacanze con i suoi genitori. Comunque la nostra storia procedeva abbastanza bene, con alti e bassi ma come in tutte le coppie. Quell’anno non volevo tanto partire per non lasciare da soli gli zii, ma la zia alla fine mi convinse dicendomi che non sarebbe successo nulla di partire e svagarmi un po’ che ne avevo bisogno. Il giorno della partenza arrivò eravamo come sempre io, Leonardo, Annalisa (la ragazza di Leo), Veronica (la cugina di Rebecca) Davide, Danilo, Roberto e Giulio: sempre noi gli inseparabili delle vacanze.
Arrivati a Cervia iniziò ufficialmente il relax, casa bella, mare discreto, divertimento da paura e poi c’era il Papete, discoteca famosissima sulla spiaggia tra alcol e donne! Purtroppo tutte le cose belle hanno un’ inizio e una fine infatti era già ora del rientro a casa, chi a scuola chi a lavoro. Io dovevo cercarne uno ad ogni costo.

Vi ricordate cosa promisi a mia zia?  Che in meno di un mese avrei trovato lavoro. Detto fatto tutti i giorni ero nelle agenzie per il lavoro, per chiedere se era uscito qualcosa, non potevo stare neanche un secondo a casa perchè gli zii avevano bisogno di me. Esattamente un mese dopo, a ottobre, trovai lavoro presso una ditta di serramenti… ero gasatissimo, iniziai subito, contratto per 6 mesi con possibilità di rinnovo, la zia era orgogliosa di me.
Tutto sembrava procede bene, ho detto sembrava, perché quando meno ce lo aspettavamo lo zio peggiorò ancora, chiamammo subito il dottore che venne a visitarlo a casa. Finita la visita ci fece sedere in cucina  e ci diede una bruttissima notizia. Lo zio al massimo sarebbe arrivato a fine gennaio. Eravamo a novembre quindi rimanevano solo due mesi. Io e la zia stavamo malissimo per quella notizia avevamo un dolore immenso, io mi stavo piano-piano buttando giù, ma la zia ancora una volta cercò di farmi forza e io cercai di farla a lei dicendole: “Vedrai che il dottore si sbaglia lo zio ha una forza immensa, non ci lascia soli!” I giorni successivi avevo un dolore immenso dentro però non potevo parlarne con la zia l’avrei buttata ancora più giù, ne parlai con mio padre e i miei fratelli. Loro la domenica dopo, vennero subito a trovare lo zio, non lo vedevano dal Natale 2005, ci rimasero veramente male, mia sorella Sofia a vederlo in quelle condizioni scoppiò a piangere mentre, mio padre essendo un puro napoletano come me tenne tutto il dolore dentro.  Cercarono di farci forza sia a me che alla zia. Io ancora una volta dissi: ”Il dottore si sta sbagliando!”  Lo zio per me era fortissimo, una roccia, avrebbe superato anche questa. Però giorno dopo giorno peggiorava, non mangiando non riusciva neanche più a parlare, non aveva più le forze, e quando sibilava qualcosa nessuno riusciva a capirlo, l’unico che riusciva a capire quello che diceva ero io, ero il suo unico punto di riferimento. Io ero in un mio mondo, non riuscivo più a trovare il sorriso, meno male che avevo Rebecca e la sua famiglia che mi tiravano sù di morale. Tutte le mattine quando mi svegliavo prima di andare al lavoro andavo in camera a salutare lo zio, stavo lì con lui dieci minuti, gli parlavo e gli dicevo che ci saremmo rivisti finito il lavoro, poi stavo con la zia in cucina le dicevo che per qualsiasi motivo doveva  chiamarmi.  Alle sette e mezza  uscivo di casa per iniziare la mattinata di lavoro.

Giungemmo a Natale quell’anno per me non era un Natale da festeggiare, continuavo a pensare alle parole del dottore, ogni persona che mi chiedeva cosa volessi di regalo la mia risposta era sempre la stessa: “Niente quest’anno non ho nulla da festeggiare, vorrei solo che il dottore si sbagliasse!” Questo era l’unico regalo che volevo ma ovviamente alla fine i regali li ricevetti lo stesso.
Era la vigilia come sempre dovevo festeggiare il Natale in famiglia a Milano, ma quell’anno io non volevo andare e mio padre sembrava capire. Alla fine la zia mi convinse che era la cosa giusta, che era giusto che io andassi a festeggiare il Natale con mio padre e i miei fratelli. Così io qualche giorno prima come regalo le avevo fatto fare una medaglietta d’oro con incisa la mia fotografia; gliela diedi la mattina prima di partire per  Milano e lei scoppiò in lacrime e mi abbracciò baciandomi tutto. Quell’abbraccio non potete neanche capire quanto mi fece forza!

I tre giorni passarono velocemente, questa volta non vedevo l’ora di tornare a casa anche i miei capirono. Passò anche in fretta il Capodanno, eccoci giunti a gennaio, il mese della verità. 16 gennaio 2008, il mio compleanno, 23 anni ma anche quel giorno non era molto da festeggiare. La mattina, come sempre prima di andare al lavoro andai a salutare lo zio, bacio sulla fronte come ogni giorno e gli chiesi: ”Sai che giorno è oggi?” Lui mi rispose: ”Sì, il tuo compleanno!”  In quel momento il mio cuore si riempi di gioia, mi commossi; mio zio nonostante la malattia si ricordava del mio compleanno e voleva che aprissi il cassetto dove teneva quei pochi soldi che aveva, per regalarmeli ma io rifiutai rispondendogli: ”Il regalo più bello che mi puoi fare, è farti forza e reagire per me”. Lui mi sorrise e mi disse:  ”Va bene!”  Andai al lavoro in lacrime. Rebecca per quel giorno mi aveva preparato una festa a sorpresa per tirarmi sù da quei giorni neri, meno male che c’era lei al mio fianco!

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