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LA DENUNCIA
Io continuavo a lavorare nella stessa ditta, intanto la malattia dello zio era peggiorata
tantissimo. Purtroppo non ragionava più, aveva iniziato a vendere tutte le sue
cose d’oro come braccialetti e collane, per potersi comprare gratta e vinci,
fare schedine, acquistare alcol o sigarette.
In più un giorno accadde una cosa che nessuno di noi si sarebbe mai
aspettato. Lo zio si recò alla
polizia perché doveva fare una denuncia,
solo che la denuncia era verso di me. Si
proprio così; mi denunciò dicendo che io
avevo un comportamento troppo aggressivo, ero una minaccia per lui, diceva
che quando tornavo a casa dal lavoro
gridavo, tirando pugni ai mobili rompendoli, ma la cosa più ridicola che disse
fu che secondo lui io avevo una relazione con mia zia. Il motivo che lo portava
a pensare ciò, era che mia zia da anni ormai non dormiva più in camera con lui,
perché lui russava troppo, e quindi avevamo messo 2 lettini in sala dove
dormivo io, visto che non avevo la cameretta tutta mia, e lei dormiva lì con me. Questo secondo lui era motivo per pensare che
io e lei avessimo una relazione, arrivando a farci anche delle foto mentre
dormivamo. Un giorno venni chiamato in questura, io ero preoccupato per
l’arrivo di questa lettera perché fino a quegli anni ero stato un po’ sbandato
e pensavo a cosa potessi aver combinato, ma la zia cercava di tenermi
tranquillo. Il giorno della convocazione,
la zia mi accompagnò perché voleva
saperne di più anche lei. Una volta arrivati in questura, il poliziotto iniziò
a farmi domande tipo che lavoro facevo, che tipo ero in casa, se ero uno aggressivo,
che rapporti avevo con mio zio. Io ovviamente non capivo ed ero molto agitato.
Allora mia zia chiese di spiegarci meglio che cosa era successo, così iniziò a
raccontarci quello che gli aveva detto mio zio. Noi rimanemmo
increduli, non potevamo credere alle nostre orecchie, a quel punto il poliziotto ci chiese di spiegare un
po’ la nostra situazione famigliare, il nostro rapporto in casa, così io e la
zia iniziammo a raccontargli. Alla fine
del racconto anche il poliziotto si rese conto purtroppo che ormai mio zio per
colpa della malattia, e il troppo bere, non riusciva più a ragionare, che la
sua testa viaggiava in un mondo tutto suo. L’unico problema ora era la denuncia
nei miei confronti, lui per prassi non poteva toglierla e far finta di nulla,
mi spiegò che l’unico modo per poterla far cadere e renderla innocua, era che
io a mia volta denunciassi mio zio per diffamazione, lui sarebbe stato
costretto a presentarsi in questura a rispondere a ciò e avrebbe rischiato di
essere sottoposto a visita psichiatrica. Se fosse risultato incapace di
intendere e volere l’avrebbero portato in un istituto psichiatrico. Questo era
quello che mi disse il poliziotto, ed era l’unico modo per far cadere la
denuncia nei miei confronti. Come potevo denunciare una persona che per 21 anni
mi aveva cresciuto, curato, fatto diventare il ragazzo che ero?! Non potevo
assolutamente in fondo anche se non andavamo più d’accordo per colpa della sua
malattia gli volevo bene; quindi rifiutai il suggerimento del poliziotto e mi
tenni la denuncia, lui ovviamente mi mise in guardia, se per caso fosse
arrivata un'altra denuncia nei miei confronti di qualsiasi tipo loro dovevano
aprire un procedimento penale. Tornammo a casa come se niente fosse successo,
lo zio facendo finta di nulla e io anche, ma quando uscii per raggiungere i
miei amici, lo zio e la zia litigarono molto per quello che era accaduto,
lei era arrabbiatissima per quello che
aveva fatto e per due mesi non si rivolsero più la parola, per me invece era come se non fosse successo nulla.
Anche quando raccontai a mio padre quello che era accaduto, lui rimase molto
male però mi disse di stare tranquillo e di non avercela con lui perché non era
colpa sua se faceva queste cose ma era
colpa della sua malattia, ma questo io già lo sapevo, e per qualsiasi problema o
necessità, lui per me c’era sempre.
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NATALE IN FAMIGLIA
Eravamo arrivati a natale 2005, qualcuno quell’anno aveva deciso di
guardare di sotto e dare un po’ di armonia alla nostra famiglia, si proprio
così perché un giorno mio padre mi venne a trovare. Aveva capito che la
situazione dello zio stava peggiorando sempre di più, lo zio era contentissimo
di vedere papà! Passammo tutto il giorno tutti insieme, mangiando e uscendo a
fare un giro per Busto sembravano i tempi di quando eravamo bambini. Prima di
far rientro a Milano, papà disse allo zio e alla zia che il Natale l’avrebbe
voluto passare tutti insieme a casa sua. Lo zio non voleva, diceva che non
voleva essere un peso con la sua malattia, dovendo andare sempre in bagno, e
non sapeva come arrivare perché non guidava più. Papà gli rispose di non
preoccuparsi per quello, sarebbe venuto a prenderli e alla fine li avrebbe
riportati a casa. Fu molto dura
convincere lo zio essendo un napoletano capatosta (come si dice giù) ma poi
ci riuscì, io ero gasatissimo il primo e unico Natale tutti insieme come
una vera famiglia.
Il grande giorno arrivò, 24 dicembre papà alle nove era già sotto casa a
prenderci perché poi doveva tornare a casa a preparare il pranzo della vigilia.
Una volta arrivati a Milano iniziò ufficialmente il Natale! Tutti seduti pronti
per pranzare, io non credevo ancora ai miei occhi tutti quanti insieme che
mangiavamo mentre papà e zio raccontavano gli anni di quando erano giovani, la
malattia dello zio quel giorno sembrava essere scomparsa. Ovviamente alle 18
sosta sigaretta per chi fumava, o per fare quattro passi, o per portare giù il cane, mentre lo zio iniziava a pensare al rientro a Busto.
Ma alla fine papà lo convinse a rimanere li anche la notte, l’avrebbe riportato
a casa il mattino successivo mentre io sarei rimasto li come al solito fino al
27. Anche la sera cena insieme, finito di cenare apertura dei regali, e dopo
ovviamente come tutti i terroni che si rispettano, partita a carte ovviamente
puntando soldi, tra battute e risate. Fu proprio una battuta di Ciro a fare spaventare tutti, si perché mentre lo
zio stava bevendo il caffè, Ciro lo fece ridere; il caffè gli andò di traverso
e iniziò a tossire come un matto diventando tutto rosso per circa 5 minuti,
eravamo tutti spaventati, ma alla fine si riprese, e rivolgendosi ad Ciro col
sorriso gli disse: “Di la verità, hai cercato di farmi fuori!” Scoppiammo tutti
a ridere! All’ una finimmo di giocare, era ora di andare a
dormire, soprattutto per lo zio e la zia che erano molto stanchi. Il giorno
dopo papà riportò a casa gli zii, fu il Natale più bello della mia vita l’unico
rammarico non aver potuto fare neanche una foto per ricordare quel giorno
insieme!
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TROPPO VELOCEMENTE
Gli ultimi anni passavano molto velocemente, forse troppo stavamo per
entrare nel 2008. Il 31 luglio mi scadeva il contratto, nella mia ditta mi
avevano proposto il rinnovo però io non volevo accettare, perché negli ultimi
anni facevano fatica a pagarci. Praticamente ci davano lo stipendio ogni tre
mesi e io mi ero un po’ stancato avendo anche la macchina da pagare. Non
volendo farmi aiutare dagli zii, avevano già i loro pensieri, anche perché lo
zio in questi anni era peggiorato tantissimo, era costretto a letto e non si
alzava più, non mangiava più pesava 40 chili era tutto pelle e ossa, dovemmo
fare la richieste del letto ospedaliero e l’accompagnamento. Una ragazza tutte
le mattine negli ultimi due anni veniva a casa a cambiarlo e pulirlo perché la
zia da sola non ce la faceva più e io
dovendo andare a lavorare non riuscivo a darle una mano. Spiegai i miei
problemi alla mia capa, dicendole che per rimanere io avevo bisogno di
sicurezze e quindi uno stipendio regolare, ma lei mi disse che di certezze non
ne poteva dare, l’unica certezza era passare da determinato a indeterminato, ma
per quanto riguardava lo stipendio non sarebbe cambiato nulla. Così io esplosi
dicendole tutto quello che pensavo, avrei finito il mio contratto
regolarmente e poi me ne sarei andato, informandola
però che mi doveva dare i soldi che mi spettavano più la liquidazione nei tempi
di legge altrimenti avrei fatto scoppiare una guerra. Arrivato l’ultimo giorno
di lavoro avevo aperto gli occhi anche agli altri dipendenti, in quegli anni
avevamo costruito un bellissimo rapporto. Così Pamela, una mia collega, diede anche lei le dimissioni.
La zia, da una parte era contenta perché già ai tempi mi aveva detto di
cercare un altro lavoro dove mi pagassero regolarmente, ma io non l’avevo
ancora fatto perché non volevo rischiare di rimanere a casa senza nulla.
Continuavo a dirle “meglio pochi soldi che niente”, anche perché dovevo
aiutarli per forza. Dall’altra parte era
un po’ preoccupata per il fatto che eravamo sotto estate e sarebbe stato
difficile trovare un altro lavoro, io la rassicurai dicendole: “Non ti
preoccupare, mi rimboccherò le maniche come ho sempre fatto, tempo 1 mese ne
troverò un altro”. Non potevo permettermi di rimanere a casa.
Arrivò agosto il tempo delle vacanze, tre mesi prima avevo prenotato con
i miei amici per andare a Cervia perché Rebecca
era ancora piccola e doveva fare le vacanze con i suoi genitori. Comunque la
nostra storia procedeva abbastanza bene, con alti e bassi ma come in tutte le
coppie. Quell’anno non volevo tanto partire per non lasciare da soli gli zii,
ma la zia alla fine mi convinse dicendomi che non sarebbe successo nulla di
partire e svagarmi un po’ che ne avevo bisogno. Il giorno della partenza arrivò
eravamo come sempre io, Leonardo, Annalisa (la ragazza di Leo), Veronica (la
cugina di Rebecca) Davide, Danilo, Roberto e Giulio: sempre noi gli
inseparabili delle vacanze.
Arrivati a Cervia iniziò ufficialmente il relax, casa bella, mare
discreto, divertimento da paura e poi c’era il Papete, discoteca famosissima
sulla spiaggia tra alcol e donne! Purtroppo tutte le cose belle hanno un’
inizio e una fine infatti era già ora del rientro a casa, chi a scuola chi a
lavoro. Io dovevo cercarne uno ad ogni costo.
Vi ricordate cosa promisi a mia zia?
Che in meno di un mese avrei trovato lavoro. Detto fatto tutti i giorni
ero nelle agenzie per il lavoro, per chiedere se era uscito qualcosa, non
potevo stare neanche un secondo a casa perchè gli zii avevano bisogno di me.
Esattamente un mese dopo, a ottobre, trovai lavoro presso una ditta di
serramenti… ero gasatissimo, iniziai subito, contratto per 6 mesi con
possibilità di rinnovo, la zia era orgogliosa di me.
Tutto sembrava procede bene, ho detto sembrava, perché quando meno ce lo
aspettavamo lo zio peggiorò ancora, chiamammo subito il dottore che venne a
visitarlo a casa. Finita la visita ci fece sedere in cucina e ci diede una bruttissima notizia. Lo zio al
massimo sarebbe arrivato a fine gennaio. Eravamo a novembre quindi rimanevano
solo due mesi. Io e la zia stavamo malissimo per quella notizia avevamo un
dolore immenso, io mi stavo piano-piano buttando giù, ma la zia ancora una
volta cercò di farmi forza e io cercai di farla a lei dicendole: “Vedrai che il
dottore si sbaglia lo zio ha una forza immensa, non ci lascia soli!” I giorni
successivi avevo un dolore immenso dentro però non potevo parlarne con la zia
l’avrei buttata ancora più giù, ne parlai con mio padre e i miei fratelli. Loro
la domenica dopo, vennero subito a trovare lo zio, non lo vedevano dal Natale
2005, ci rimasero veramente male, mia sorella Sofia a vederlo in quelle
condizioni scoppiò a piangere mentre, mio padre essendo un puro napoletano come
me tenne tutto il dolore dentro. Cercarono
di farci forza sia a me che alla zia. Io ancora una volta dissi: ”Il dottore si
sta sbagliando!” Lo zio per me era
fortissimo, una roccia, avrebbe superato anche questa. Però giorno dopo giorno
peggiorava, non mangiando non riusciva neanche più a parlare, non aveva più le
forze, e quando sibilava qualcosa nessuno riusciva a capirlo, l’unico che
riusciva a capire quello che diceva ero io, ero il suo unico punto di
riferimento. Io ero in un mio mondo, non riuscivo più a trovare il sorriso,
meno male che avevo Rebecca e la sua famiglia che mi tiravano sù di morale.
Tutte le mattine quando mi svegliavo prima di andare al lavoro andavo in camera
a salutare lo zio, stavo lì con lui dieci minuti, gli parlavo e gli dicevo che
ci saremmo rivisti finito il lavoro, poi stavo con la zia in cucina le dicevo
che per qualsiasi motivo doveva
chiamarmi. Alle sette e
mezza uscivo di casa per iniziare la
mattinata di lavoro.
Giungemmo a Natale quell’anno per me non era un Natale da festeggiare,
continuavo a pensare alle parole del dottore, ogni persona che mi chiedeva cosa
volessi di regalo la mia risposta era sempre la stessa: “Niente quest’anno non
ho nulla da festeggiare, vorrei solo che il dottore si sbagliasse!” Questo era
l’unico regalo che volevo ma ovviamente alla fine i regali li ricevetti lo
stesso.
Era la vigilia come sempre dovevo festeggiare il Natale in famiglia a
Milano, ma quell’anno io non volevo andare e mio padre sembrava capire. Alla
fine la zia mi convinse che era la cosa giusta, che era giusto che io andassi a
festeggiare il Natale con mio padre e i miei fratelli. Così io qualche giorno
prima come regalo le avevo fatto fare una medaglietta d’oro con incisa la mia
fotografia; gliela diedi la mattina prima di partire per Milano e lei scoppiò in lacrime e mi abbracciò
baciandomi tutto. Quell’abbraccio non potete neanche capire quanto mi fece
forza!
I tre giorni passarono velocemente, questa volta non vedevo l’ora di
tornare a casa anche i miei capirono. Passò anche in fretta il Capodanno,
eccoci giunti a gennaio, il mese della verità. 16 gennaio 2008, il mio
compleanno, 23 anni ma anche quel giorno non era molto da festeggiare. La
mattina, come sempre prima di andare al lavoro andai a salutare lo zio, bacio
sulla fronte come ogni giorno e gli chiesi: ”Sai che giorno è oggi?” Lui mi
rispose: ”Sì, il tuo compleanno!” In
quel momento il mio cuore si riempi di gioia, mi commossi; mio zio nonostante
la malattia si ricordava del mio compleanno e voleva che aprissi il cassetto
dove teneva quei pochi soldi che aveva, per regalarmeli ma io rifiutai
rispondendogli: ”Il regalo più bello che mi puoi fare, è farti forza e reagire
per me”. Lui mi sorrise e mi disse: ”Va
bene!” Andai al lavoro in lacrime. Rebecca
per quel giorno mi aveva preparato una festa a sorpresa per tirarmi sù da quei
giorni neri, meno male che c’era lei al mio fianco!
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