giovedì 12 marzo 2020

CAPITOLO 4, CAPITOLO 5


4  PISCINE FORLANINI

Il tempo passava velocemente fino ad arrivare ad un’altra estate; come ogni volta facevo le prime due settimane al Ticino con lo  zio che, oltre ad avere la passione del biliardo, aveva la passione per la  pesca  e quindi mi portava sempre con lui. Lui  si  metteva  a  pescare e io facevo il bagno e giocavo. Al Ticino mi conoscevano e mi amavano tutti, ero biondo-biondo con gli occhi verdi e sempre abbronzato… sembravo un marocchino. Finite le due settimane, arrivava il momento  di andare  a Milano,  papà  non era un amante del mare nonostante fosse un napoletano doc, e quindi ci portava spesso in piscina; ricordo che molte volte andavamo a piedi, prendendo l’autobus  e arrivando in un grandissimo parco, il parco ForlaninI, e poi facevamo l’ultimo pezzo a piedi per arrivare in piscina. Era un pezzo abbastanza lungo per noi piccolini, quasi 20 minuti a piedi  non vedevamo  l’ora di arrivare per buttarci in acqua.

Un giorno mio papà stava giocando con mia sorella più grande, Camilla: lui voleva buttarla in acqua  ma lei scappava perché non voleva farsi prendere. Corri-corri, ad un certo punto un signore che stava mangiando un panino si tirò indietro con la sedia, mio padre non vedendolo prese dentro e fece un volo da film strisciando tutta la spalla sulle piastrelle ruvide della piscina. Noi, ancora bimbi, alla vista di ciò e vedendo tanto sangue iniziammo a piangere ma mio padre rialzandosi ci tranquillizzò dicendo che non era successo nulla e, continuammo la giornata in piscina anche se molto tristi.
Io, Marco e Sofia eravamo rimasti molto male dell’accaduto quindi meditammo vendetta.  La sera,  dopo che papà ci mise a letto, e dopo che Angela ci lesse la solita fiaba serale per farci addormentare… ad un certo punto della notte ci alzammo, e prendemmo a strattoni e a schiaffi mia sorella  Camilla togliendole il cuscino, le coperte, facendola cadere dal letto a castello e non lasciandola dormire.
Mia sorella ci odiava perché questa prassi si faceva quasi  tutte le sere, essendo lei la  più grande le facevamo  sempre tanti scherzi. Ma non era l’unica  a  cui li  facevamo; a mio fratello,  siccome era l’unico fratello con gli occhi scuri nonostante fosse gemello di Sofia e non le assomigliava  per nulla, continuavamo a dirgli che era stato trovato per strada e l’avevano adottato, inoltre  avendo moltissime lentiggini da piccolo, io gli dicevo sempre che quelle lentiggini  in realtà era cacca perché lui era stato sparato fuori dal sedere. Lui vedendo che noi eravamo tre contro uno ogni tanto piangeva.
Insomma i tre mesi di vacanza procedevano così, ridendo, scherzando e divertendoci  tantissimo tra di noi.

Però non c’era solo divertimento o cose belle e positive;  nei tre mesi che passavo a Milano con loro, spesso quando mio papà ci portava giù in Trekka (si chiama così il quartiere dove vivevamo e tutt’oggi  vivono) ci veniva a trovare Jessica (mia madre) con il suo nuovo compagno, Anselmo. Siccome mio papà non voleva che la frequentassimo, visto il suo passato con la giustizia, ci faceva salire in casa dalla vicina, finche lui e Anselmo non finivano di picchiarsi. Mi ricordo questo particolare perché finito  ciò,  papà saliva a prenderci dalla vicina un po’ segnato e riportandoci  in cortile  diceva  che chi riusciva a trovargli i pezzi della collana  sparsi nell’erba, avrebbe vinto un buon gelato. Così tutti d’impegno a cercarli, e poi tutti in piazzo Video, come se niente fosse successo a mangiarci una mega coppa di gelato dal gelataio Ettore!

Tutto ciò fino a fine estate quando dovevo salutare tutta la famiglia tra lacrime e fuga per la casa per non farmi prendere, e a malincuore tornare a Busto Arsizio dagli zii, passando prima in sede dagli assistenti sociali.


5  LE DOMANDE SENZA RISPOSTA

Più il tempo passava, più crescevo, più iniziavo a diventare grande, e più mi facevo domande e cercavo risposte nella mia testa.
Quando facevo domande agli zii, l’unica cosa che mi dicevano era solo che la mamma era scappata  abbandonando tutto e tutti, e che mio padre per motivi di lavoro non poteva occuparsi di me. Questo era tutto, poi cambiavano argomento.
Invece quando andavo a Milano, non chiedevo mai spiegazione per paura di reazioni negative… così non riuscivo mai a sapere la verità.
Ogni tanto a casa di papà suonava il telefono  e in segreteria rimanevano messaggi  che  papà ci faceva ascoltare, erano messaggi della mamma che minacciavano l’intera famiglia dicendo cose pesantissime, insulti inimmaginabili rivolti a tutti noi, dicendo  anche che era entrata in casa a piazzare una bomba che sarebbe  scoppiata da un momento all’altro.
Papà, ce li faceva ascoltare per farci capire che la mamma  non stava tanto bene di testa e che era una persona pericolosa, da evitare.  Io  sentendo quei  messaggi, non riusciva a capire come mai tanto odio nei confronti di papà  e nei nostri confronti, odio e rabbia verso i figli che aveva  messo al mondo lei: fare domande in quel momento? No, non era il caso! Situazione troppo delicata e complicata, così tenevo tutto dentro: sentimenti, sofferenza, amarezza.
Mio padre capì che  l’unico modo per  tenere lontano questa  donna da noi e proteggerci era fare una denuncia.  Così prese la cassetta della segreteria, prese noi figli e andammo dai carabinieri, la caserma si trova proprio dietro casa. all’interno del quartiere.  Una volta arrivati, papà fece sentire loro la registrazione e fece vedere i nostri  volti terrorizzati chiedendo se si poteva trovare una soluzione, i carabiniere dissero che l’unica cosa da fare era  una denuncia.
Provate voi, ad immaginare le sensazioni e i sentimenti che passavano per la mia testa in quel momento,  sentire di nuovo quella registrazione  con tutti quegli insulti, parolacce, minacce di morte e vedere mio padre che firmava i fogli di denuncia contro la donna che mi aveva messo al mondo!
Dopo aver fatto la denuncia riprendemmo la vita normale, andando in cortile a giocare mentre papà si recava all’orto con Angela. L’orto l’aveva costruito tutto con le sue mani, sembrava una seconda casa, era grandissimo: all’entrata c’era un box per la macchina con un guardiano a controllarla (il guardiano era un bellissimo labrador nero), poi si passava nel  lungo corridoio, dove vi erano piante di ogni genere  e c’era una baracca (al suo interno vi erano deposti attrezzi da lavoro),  fino ad arrivare nella prima zona dove c’erano piante di girasoli, pannocchie, ed  insalata. I girasoli era le piante preferite da papà perché diceva che erano i fiori della gioia e dell’allegria con i loro colori.  Come ogni orto che si rispetti era tempestato di spaventapasseri (fatti con vecchi pupazzi e bambole) e lì c’era anche il secondo  guardiano, Rocky, un bellissimo pastore tedesco. Continuando per la stradina, sempre con ai lati piante di ogni tipo, si arrivava alla seconda parte dell’orto dove  dietro la seconda porta trovavamo il terzo guardiano, un cane collie, lì vi era un  grande spiazzo dove c’erano  ogni tipo di piante: patate, zucchine, pomodori, prezzemolo, basilico, peperoncini , peperoni, zucche, finocchi, carote, cipolle, aglio… c’era proprio di tutto. Dalla  parte opposta  vi era  un capanno dove, al suo interno si trovavano  40 galline e un 1 gallo. Poi c’era un forno a legna e una grossa baracca adibita a casa, al suo interno c’era un bagno, una sala, una cucina, una cameretta e una camera, tutto costruito da papà, i mobili erano quelli vecchi di casa. A curare questa parte d’orto altri due cani un bastardino e un altro pastore tedesco, cani bellissimi. Quando papà tornava dall’orto si affacciava alla finestra del settimo piano e continuava a controllarci, non togliendoci  mai gli occhi di dosso fin quando non arrivava l’ora di andare al lavoro a quel punto ci pensava Angela a controllarci, fino all’ora di cena.
 Alle sette si cenava,  poi tutti davanti la televisione e dopo  la fiaba della buonanotte.
Per quanto riguarda la televisione i film preferiti  da Camilla, Marco  e Sofia erano tutti quei film di paura con pagliacci, oppure quelli di  Naitmer, dove c’erano sangue e uccisioni. Il problema era  che io, essendo il più piccolino, non volevo  assolutamente guardare quei film ma  ero costretto a guardarli mentre  loro  mi prendevano in giro per la mia fifa. Ogni tanto Marco senza farsi vedere da me, si nascondeva sotto il letto, o nell’armadio, e ad un certo punto usciva facendomi  spaventare, Camilla e Sofia ridevano mentre io scoppiava in lacrime. Giunta l’ora di dormire, a quel punto io  a non volevo chiudere occhio perché avevo paura che qualche personaggio cattivo uscisse dall’armadio o da sotto il letto, così minacciavo gli altri fratelli che se avessero spento la luce li avrei tenuti svegli tutta notte; a quel punto Marco era costretto molte volte a dormire  insieme a me nel mio letto, o visto che io e Sofia avevamo il letto vicino lei doveva dormire tenendo la mia mano e io non la mollavo per  tutta la notte.



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