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NIPOTINA E MATRIMONIO
Dopo tanto tempo mio padre si riprese, era sempre in rianimazione sotto
osservazione con un tubo in gola che lo aiutava a respirare, ma la cosa più
importante è che era sveglio e io ero sempre li con lui. Mio padre ogni volta
che ci vedeva ci faceva capire che non voleva uscire dall’ospedale e dover fare il resto della sua vita con un
tubo in gola, già non accettava il fatto che non aveva più la gamba. Noi ogni
volta gli dicevamo che era solo provvisorio appena sarebbe guarito l’avrebbero
tolto, di stare tranquillo.
Mio padre alla fine dimostrò di essere una roccia fortissima! Ancora una
volta la famiglia Pepe aveva dimostrato di essere indistruttibile, era uscito
dalla rianimazione a testa alta, ora doveva solo fare la riabilitazione prima
di tornare a casa. Lui aveva sempre il pensiero però di essere un peso, che non
poteva tornare ad una vita normale, ma noi continuavamo a dirgli di stare
tranquillo che c’eravamo noi con lui, e che quando la ferita sarebbe passata
avremmo preso un tutore. Intanto mio fratello si occupò di far ristrutturare il
bagno, lo mise a nuovo in modo che mio padre poteva passare con la carrozzina e
avrebbe potuto essere indipendente, io invece stavo cercando di ridisegnare un
orto in modo che lui avrebbe potuto continuare ad andare senza fare fatica,
stavamo facendo di tutto per poterlo rivedere col sorriso! In più mia sorella Sofia
gli diede la bellissima notizia, gli
disse che stava per diventare di nuovo nonno. Era felicissimo non stava più
nella pelle infatti mio padre nella sua camera di ospedale aveva sempre le foto
delle sue nipoti e parlava sempre di loro alle infermiere. Stavamo tornando
alla vita normale.
Arrivò il giorno della comunione di mia nipote Alessandra, una delle
figlie di Camilla, trovammo anche il modo per far si che mio padre quel giorno
potesse essere presente. Mio fratello si prese la responsabilità di firmare i
fogli e prelevarlo dall’ospedale sotto approvazione del primario; doveva solo
stare attento a quello che mangiava. La sera l’avrebbe riportato in
ospedale.
Una volta fatta la messa ci recammo tutti al ristorante, io mi misi
seduto vicino a mio padre, non volevo perdere neanche un secondo lontano da
lui. Dalla morte della zia avevamo appena iniziato a recuperare il tempo perso,
per tutto il pranzo stetti con lui tenendogli la mano, ma anche se era lì con
noi, si vedeva che era triste, la sua testa viaggiava in un mondo suo e ogni
volta che gli chiedevo: “Pa che c’è, tutto apposto?” Lui mi diceva che non
c’era nulla, ma si vedeva che soffriva, allora io lo abbracciai e gli dissi:
“Tranquillo che ci sono io con te, non ti lascerò mai, nessuno ci potrà più
dividere!” Lui fece un sorriso e mi diede un bacio. Nella mia testa stavo
iniziando a pensare di potermi trasferire a Milano una volta che fosse uscito
dall’ospedale, in modo da poter stare sempre con lui. Questa mia decisione non
la sapeva nessuno, neanche Rebecca perché ovviamente dovevo pensarla bene,
c’era il lavoro, i problemi che avevo, e poi c’era il mio amore. La giornata
arrivò al termine, usciti dal ristorante ci salutammo tutti, ma prima di
salutare mio padre ricordo che gli feci fare una promessa, gli dissi:
“Ascoltami bene, io adesso vado domenica non ci possiamo vedere perché ho la
comunione della cugina di Rebecca e mi hanno invitato, ma ti prometto che la
settimana dopo faremo due giorni interi insieme io e te. Promettimi che in
questa settimana ti fai forza e cerchi di farti trovare a casa per quando ci
vedremo!” Lui guardandomi mi rispose: “Stai tranquillo, te lo prometto!” Mi
diede un bacio, non potevo immaginare che sarebbe stato l’ultimo bacio che mi
avrebbe dato! Prima di andare via
aggiunsi anche: “E poi ti devi fare forza per due motivi, uno perche adesso ti
arriverà un’altra nipotina e devi coccolarla e giocare con lei, e due perché
fra due anni mi sposo e mi devi accompagnare all’altare”! Lui mi abbracciò
dicendomi: “Non farla più soffrire e abbi cura di lei, Rebecca ci tiene a te, e
un’altra così non la trovi!” Lui era innamorato perso di quella ragazza, gli
dissi di stare tranquillo e tornammo a casa.
La settimana dopo ero stato invitato alla comunione di Angelica, così
chiamai mio padre mentre ero al ristorante per sapere come stava, mi ricordo
che mi disse: “Ueh uagliò, come va? Tutto apposto? Mi raccomando fai il bravo e
non fare arrabbiare Rebecca!” Io come sempre lo tranquillizzai e gli dissi che
ci saremmo visti sabato e domenica prossima.
Non sapevo che sarebbero state le ultime parole di mio padre!
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PER SEMPRE NEL MIO CUORE
Anche la comunione finì, fu una bella giornata perché ormai la famiglia
di Rebecca era diventata la mia famiglia e Angelica per me era come una
sorellina, ormai la conoscevo da quando aveva due anni quindi anche lei aveva
un pezzetto del mio cuore.
Il lunedì la giornata di lavoro passò velocemente, mi vidi con Rebecca e
poi me ne tornai a casa, mi lavai, mi preparai da mangiare, lavai tutto e alle
otto mi misi davanti al computer… finalmente un po’ di meritato relax!
Ad un certo punto mi suonò il telefono, lo guardai, era Marco, risposi
subito pensando che dovesse darmi qualche notizia positiva di mio padre e
invece, in lacrime, mi spezzò il cuore!
“Papà è morto!” Non aggiunse altro, io gli dissi che mi sarei precipitato
subito lì, non volevo crederci, ci avevo parlato la domenica e stava benissimo.
Presi le chiavi della macchina e uscii di corsa lasciando tutto aperto, una
volta in macchina chiami Rebecca, ero agitatissimo, le raccontai cos’era
successo, lei mi disse che voleva venire anche lei, voleva starmi vicino,
arrivai sotto casa sua e le dissi di fare un salto a casa mia perché dalla
fretta avevo lasciato tutto aperto, risalii in macchina e sgommando mi lanciai
sull’autostrada per arrivare il prima possibile a Milano. Lei era preoccupata
perché aveva visto com’ero agitato, ogni minuto mi chiamava ma io in macchina
non avevo la testa per rispondere. Continuavo a ripensare a tutto, ancora una
volta mille domande giravano nella mia testa senza trovare risposte. Perché
lui, perché ancora sofferenza, ma soprattutto perché in questo momento che ci
eravamo ritrovati e stavamo recuperando il tempo perso?
Rimane il fatto che in un quarto
d’ora ero arrivato a Milano avevo fatto tutta l’autostrada a 180 km all’ora,
prendendo sicuramente anche qualche tutor ma in quel momento non mi
interessava. Mio fratello mi chiamò dicendomi di andare da mia sorella Sofia a
casa che era a pezzi, loro sarebbero arrivati poco dopo.
Una volta arrivato, mia sorella era sul divano col pancione e in lacrime;
mi sedetti vicino a lei abbracciandola, dai miei occhi ancora una volta nessuna
lacrima, non riuscivo a piangere, non realizzavo, non volevo crederci, tenevo
tutto il dolore dentro. Arrivarono anche Ciro e Marco insieme ad Angela,
nessuno riusciva a parlare. Marco tornò a casa con Angela mentre Ciro portò a
letto mia sorella che si dava la colpa, diceva che era colpa sua perché tutte e
due le volte che era rimasta incinta era morto qualcuno della famiglia prima
mia zia e poi papà. Una volta messa a letto Ciro tornò da me, voleva farmi
sfogare ma io non parlavo, mi disse di andare a letto e di riposare ma rimasi
seduto sul divano tutta notte. Lui rimase lì con me.
Il giorno dopo andammo all’obitorio, appena lo vidi scoppiai in lacrime,
intanto arrivò anche Rebecca che mi strinse forte a lei. Anche in quella
occasione non lo volle vederlo, voleva ricordarlo col sorriso. Ancora una volta
era al mio fianco a rialzarmi.
La sera prima del funerale eravamo tutti a casa di mio padre, volevamo
stare tutti insieme lì in quella casa, mio fratello ad un tratto mi guardò e mi
disse: “Perché non scrivi una lettera anche per papà?” Io in quel momento non
riuscivo a pensare, non ci stavo con la testa e poi era una cosa che non mi
sarei mai aspettato ma, appena rimasi da solo, mi misi davanti a un foglio
bianco con una penna e ci pensò il mio cuore a scrivere.
Il giorno dopo come sempre l’ultimo saluto, prima di chiudere la bara,
avevo l’ultimo braccialetto al polso regalatomi sempre da Rebecca, anche quella
volta lo tolsi e lo misi nel taschino della sua giacca, appena il becchino
chiuse la bara scoppiai in un pianto senza fine. Non potevo credere ai miei
occhi, mio fratello mi prese e mi abbracciò forte, in quel momento sentii il
bene che ci volevamo io e lui.
Appena entrammo in chiesa io e mio fratello non potevamo credere ai nostri occhi la chiesa
era piena di miei e suoi amici e parenti che erano venuti a dare l’ultimo
saluto a mio padre e a starci vicino. Rebecca, a mia insaputa, aveva avvisato
tutti i miei amici e gli aveva spiegato come arrivare lì, era veramente una
ragazza unica.
Finita la Messa era il momento di leggere la lettera e anche in quella
occasione, come successo per mio zio a
leggerla fu il mio amico Pietro.
“Ciao Papi,
trovare le parole in questo momento è
veramente difficile. La tua perdita inaspettata ha lasciato in noi un solco che
non si colmerà mai.
Ora che ci eravamo ritrovati, che
potevamo stare più tempo insieme, che potevamo recuperare gli anni persi, ora
che stavi per diventare di nuovo nonno. Dopo la perdita degli zii, ancora una
volta ho perso la persona che mi dava la forza di andare avanti, ho perso di
nuovo un pezzo del mio cuore. Pensare che qualche settimana fa, ti avevo detto
che dovevi farti forza per portarmi all’altare fra un paio d’anni!
Hai lasciato nei nostri cuori una
ferita che difficilmente si rimarginerà. Ti sei sempre fatto amare, ti sei
fatto sempre in quattro per noi per non farci mancare nulla. E sotto
quell’aspetto da napoletano duro, in realtà si nascondeva un uomo con un cuore
immenso che rinunciava a tutto, pur di vederci felici. Ci mancherai troppo, la
vita non sarà più la stessa senza di te.
Con amore, tua moglie Angela e i tuoi
figli Camilla, Marco, Sofia e Gianluca”
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VERI AMICI
Finito un altro pezzo di vita ora bisognava tornare a casa, i miei amici
mi anticiparono perché la sera avremmo avuto una partita. Vi ricordate il
torneo di calcetto Nicola Spadea? Quell’anno ero tornato a giocare. Prima di tornare
a casa però chiesi ad Angela di raccontarmi quello che realmente era successo,
perché la domenica che gli avevo parlato io sembrava stare bene. Così lei mi
raccontò tutto.
“Ieri (la domenica che io ero alla
comunione) ho passato tutto il giorno con tuo padre come sempre, la mattina era
strano, era giù di morale, non parlava, non rideva ma è stato tutto il tempo
davanti la finestra a guardare fuori, come se aspettasse qualcosa o qualcuno.
Nel pomeriggio mi ha chiesto se lo
portavamo al bar dell’ospedale, così una volta arrivati io mi sono comprata da
bere e lui ha voluto un gelato alla liquirizia. Strano perché tuo padre non
mangiava un gelato da anni ormai. Così ho chiesto se lo poteva mangiare, mi
hanno risposto di sì e gliel’ho preso. Tra l’altro non riusciva neanche a
mangiarlo e si era sporcato tutto, finito il gelato siamo risaliti, sono venuti
a trovarlo Ciro, Sofia e Giorgia (la figlia di mia sorella Sofia) e alla sera come sempre gli ho chiesto se
avesse bisogno di qualcosa, lui mi ha detto di stare tranquilla e di andare a
casa. L’ho salutato dandogli appuntamento al giorno dopo. Il lunedì mattina ho
chiesto mezza giornata dal lavoro per poter stare con lui, appena sono arrivata
i dottori lo stavano cambiando perché era sporco, io preoccupata chiesi subito
come mai, loro mi dissero di stare tranquilla perchè non era nulla di che, era
solo stato male tutta la notte vomitando, però non mi avevano detto che
vomitava sangue, io vedendo sul pigiama delle macchie scure pensavo fosse il
gelato alla liquirizia e mi sentivo in colpa. Così sono stata tutta la mattina
con lui, poi al pomeriggio prima di andare al lavoro ho voluto parlare col
primario per stare più tranquilla. Lui mi ha rassicurato dicendomi che era
sempre sotto osservazione, di non preoccuparmi che non era nulla e per
qualsiasi motivo mi avrebbero chiamato. Così l’ho salutato e gli ho detto che
ci saremmo visti dopo il lavoro. Poi è successo quello che è successo e ho
saputo solo dopo che in realtà lui aveva vomitato sangue, quindi ho pensato a
una emorragia interna, ma quello che non mi da’ pace è perché non me l’abbiano
detto, perché mi hanno chiamato solo
dopo che probabilmente era già morto. Ci sono troppe cose che non mi tornano
troppi misteri, se mi dicevano che non stava bene e aveva vomitato sangue io
sarei rimasta lì.
Penso ci sia sotto qualcosa, non me l’hanno raccontata giusta. Solo che
poi pensandoci non me la sentivo di fargli fare un’autopsia, aveva già sofferto
troppo. Tuo padre si è anche lasciato andare, non accettava il fatto di dover
passare la sua vita senza gamba pensava di essere un peso per me!”
Questo è quello che mi raccontò Angela, anche io subito pensai che c’era
sotto qualcosa. Era successo qualcosa di strano, ma poi conoscendo mio padre
che teneva tutto dentro anche io capii che lui si era lasciato andare. Ma
quello che mi faceva più male e mi farà sempre male è che secondo me quando mio
padre quella mattina passò tutta la mattinata alla finestra, era perché
aspettava me!
L’idea che mi sono fatto è che sia morto con la speranza di vedermi
l’ultima volta e io questo regalo non gliel’ho fatto, questa è una ferita che
porterò sempre nel mio cuore.
Finito il racconto salutai tutti e tornai a casa dicendo che ci saremmo
visti presto, non sarebbe cambiato nulla.
Una volta tornato a casa avevo una partita la sera da giocare, non
potevamo rinviarla e non me la sentivo di saltarla, dopo quello che avevano
fatto i miei amici per me! Loro erano venuti lì, io dovevo scendere in campo,
anche perché mio padre avrebbe voluto questo. Così alla fine andai in oratorio
e una volta che entrai sulla rete del campo c’era uno striscione con scritto:
“Pepe ti vogliamo bene” Con le firme di tutti i miei amici. Ero troppo
commosso. La partita poteva iniziare scendemmo tutti in campo, i miei compagni
vollero che la fascia da capitano la indossassi io. Mentre loro al braccio
sinistro avevano la fascia nera in segno di lutto.
Una volta che l’arbitro fischiò l’inizio tutti i miei compagni si
abbracciarono intorno a me per un minuto di silenzio in tutto l’oratorio, in
mio rispetto. Alla fine del minuto un applauso uniforme e tutti vennero a
stringermi la mano e farmi le condoglianze. Rimasi sorpreso da tanto affetto,
ero felice di avere amici così. Purtroppo perdemmo la partita ma quello non mi
importava, mi importava solo quello che avevo visto da parte dei miei amici e
compagni ed ero commosso.
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